Franco Arminio: “Restiamo a casa, fermiamoci, conviviamo con la nostra solitudine”

by Felice Sblendorio

Franco Arminio risponde di buon mattino: ci parla dalla sua Bisaccia, a passeggio mentre le campane suonano. Il paesologo e poeta, apprezzato per i suoi libri di poesie, per il lavoro di connessione sentimentale dei territori interni dell’Italia e per l’impegno intellettuale che promuove da tempo un nuovo modello di vivibilità sociale e comunitaria, sta raccontando da giorni sui suoi social l’Italia ai tempi del coronavirus vista da un paesino in provincia di Avellino che conta quasi 4mila anime.

Nella giornata di domenica, quando sono state annunciate dal Presidente Conte misure restrittive per l’intero territorio nazionale, ha scritto un decalogo di dieci esercizi di salute morale. Si ritorna a respirare leggendo le parole di Arminio che rivendicano lentezza, cura, serenità. In un Paese in preda al panico, impaurito e minacciato, dovremo ripartire secondo Arminio dal “dovere di stare bene”, mettendo da parte “il nostro sabotatore interno che ci spinge a comportamenti irresponsabili”. Di piccole e grandi cose parla il poeta campano. bonculture ha intervistato Franco Arminio.

Arminio, lei ha scritto dieci esercizi di salute morale in questi giorni complessi e minacciati dal coronavirus. Cos’è la salute morale?

Direi che è l’ultimo mio esercizio di scrittura di una serie su questo tema. Mi sembra utile fare una specie di controcanto alle notizie che sentiamo ogni minuto. La salute morale risponde a una mia attenzione vecchia, direi antica, al dolore individuale. Sono sempre stato sensibile alle ammaccature, alle cose che rompono il tempo di una società. Oggi sono molto preoccupato, ma vedo anche delle spie utili per cambiare. Dal punto di vista morale prima non eravamo così sani: eravamo egoisti, individualisti. Il virus, da questo punto di vista, attacca il totem dell’individuo libero, che fa quello che vuole senza pensare a nulla. Il coronavirus ci ha ricordato che siamo pezzi di una trama più grande: chiunque può interferire sulla tua rotta, chiunque ti può contagiare.

Le sue parole sono un manifesto alla lentezza. Mi sono ritornate in mente le parole di Alex Langer: più lenti, più profondi, più dolci.

In questi giorni ho visto con molto stupore quello che Milano, anche un po’ stupidamente, ha fatto. Pubblicare un video che osannava la velocità, la potenza e la produttività è stato un grosso errore. Questa fretta di ripartire, questo linguaggio che equipara un corpo sociale complesso come una città a una macchina ferma nei box, è triste. Io, ovviamente, sono per un altro modello di vita. Ora, però, anche senza voler pretendere la rivoluzione o la fine del capitalismo, spero che tutti capiscano che per qualche mese è giusto rallentare, fermarsi. Non finirà il mondo. Dobbiamo guardare il nostro Paese e con tutta franchezza capire che abbiamo un problema: bisogna conviverci.

Non tutti l’hanno capito. Molti giovani hanno affollato le piazze, i luoghi di ritrovo delle nostre città. Non c’è ancora una giusta percezione del pericolo?

Sui giovani c’è un problema molto grosso. Tranne alcune eccezioni, i giovani sono un corpo sociale venuto su senza nessun sentimento di comunità e di famiglia. Sono totalmente isolati dal mondo che li circonda. In questo caso hanno capito che è una cosa che riguarda tendenzialmente una fascia più anziana della popolazione e stanno prendendo misure precauzionali minori. Poi direi che non hanno quel senso del dolore, della comunità. Sono venuti al mondo con un modello consumistico, televisivo. Non c’è gratitudine per il fatto di essere al mondo. Il vero dramma, in tutto l’Occidente, è l’incapacità di sentirsi per davvero una parte del tutto. Questo è un dramma enorme. Quando finirà questa emergenza bisognerà ripartire dalle scuole per ricostruire un senso collettivo di responsabilità.

I bollettini dei decessi segnano soprattutto anziani, persone fragili. Se dovesse collassare il Sistema Sanitario Nazionale si cureranno le persone con più aspettativa di vita. Una persona come lei, che è affezionata ai nostri “vecchi”, che cosa pensa?

Gli anziani sono un mio debole. In queste ore mi ha addolorato la scelta di proibire i funerali. Il funerale è un momento sacro: è la morte. Il fatto che sia stato giustamente limitato mi fa pensare a una situazione incredibile. Purtroppo, pensiamo troppo poco a chi ci ha retto e alla morte. La morte non è nella testa di nessuno, se non quando arriva un pericolo come questo.

La morte è la grande paura che fa da sottofondo a questa nostra emergenza. È il grande tema rimosso?

La parola morte non c’è mai. Ci sono sempre i morti in questi giorni: i morti di coronavirus. Non c’è mai la parola morte al singolare. Il coronavirus ci ha rivelato che non abbiamo più anticorpi non solo per questo virus, ma anche per la morte. Cinquant’anni fa la gente aveva sicuramente paura di morire, ma c’era un rapporto di confidenza, prossimità, di vicinanza oserei dire anche fisica perché, molto spesso, si moriva in casa. Il consumismo ha ridotto il grande tema della morte dicendoci: compratevi qualcosa e poi si vede. Il nostro rapporto con la morte, invece, è costante perché possiamo morire sempre, ogni giorno.

Non avverte più prossimità?

Ci stiamo pensando solo nell’ottica della paura del virus. Direi che non c’è elaborazione. Lo scenario, anche a livello intellettuale, è molto povero. Non stiamo ragionando per nulla sulle nostre fragilità. È tutto clamoroso, ma le risposte che ci stiamo dando sono banali.

Anche lei ha ribadito, nel suo primo punto del decalogo, l’importanza di restare a casa. È una cosa così difficile?

C’era una parte di Paese (gente sola, malata, povera) che già era a casa. Tutti coloro che hanno una vita più dinamica si accorgono ora che stare in casa è molto penoso, ma non è così. Bisogna fermarsi. Le nostre case poi sono protettive, accoglienti. Non credo sia così infernale stare a casa dal momento che abbiamo tutto ciò che ci serve.

Non tutti la pensano così.

Non sappiamo che cazzo fare, a parte consumare e stordirci. Quando bisognava eccedere – treni, viaggi, compere – eravamo bravissimi. Oggi c’è un sacrosanto appello alla sobrietà, ai doveri, alle cose essenziali. Bisogna tornare a pensare alle cose dell’Io, al tempo che passa, alla morte. A tutto questo siamo un po’ disabituati. Bisogna manutenere questi compiti umani che noi abbiamo dimenticato.

In un suo libro scriveva: “Concedetevi al silenzio e alla luce, alla muta lussuria di una rosa”. Questa è una grande opportunità per confrontarsi al silenzio con il proprio Io, con la fragilità di ognuno di noi?

Convivere con sé stessi non è facile. Molta gente si concentra sul lavoro proprio per rimuovere o rimandare il confronto con sé stesso. Noi siamo un’umanità nevrotica. Possiamo essere molto ricchi, ma fragili emotivamente. Non abbiamo scuole in cui si impara a crescere. Ci insegnano come arricchirci, come fare carriera, ma a scuola non ci hanno insegnato a crescere emotivamente, a fare un buon uso delle nostre nevrosi. Alla fine di questo si tratta: fare un buon uso delle ferite che si portano dentro.

Lei parla spesso nelle sue poesie di un mistero profondo attorno a noi. Quanto mistero c’è nella realtà che viviamo?

Noi pensiamo di aver fatto i conti con tutto, ma sappiamo davvero pochissimo del mondo che ci circonda. Non sappiamo nulla di questo virus e di tantissime altre cose del nostro mondo. Il mondo di oggi è come un pentolone: tutti ci buttiamo dentro qualcosa ma non sappiamo cosa succederà. Questo è il mistero. Non controlliamo nulla e non sappiamo assolutamente come potrà rispondere la natura. Conosciamo solamente alcuni peli di una bestia, ma non tutti. Siamo sempre immersi nel mistero, in questo buco di conoscenza.

Ha consigliato di leggere, in questi giorni.

Sì, leggete: i classici, le poesie, i libri intimi. Consiglio “La montagna incantata” di Thomas Mann.

Che cosa non dovremmo fare, invece?

Guardare tanta televisione. Bisogna vedere un tg, al massimo un talk di approfondimento. Otto, nove ore di televisione è un assedio perché ci toglie la capacità di essere sereni, coscienti, misurati.

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