Il prof Massimo Andreoni: “Grande attenzione nel distanziamento sociale, mascherina essenziale contro i droplets”

by Claudia Pellicano

Nel corso della pandemia l’informazione ha spesso oscillato tra i poli opposti dell’allarmismo, generando il panico, e della comunicazione rassicurante, portando a dei clamorosi errori di sottovalutazione.
Fino a non molte settimane fa, i cittadini che indossavano una mascherina nei luoghi pubblici erano per lo più oggetto di ironia, e le città che si facevano un vanto di non fermarsi suscitavano plauso e ammirazione per l’irriducibilità esibita.

Il genere di emergenza che stiamo vivendo è, però, talmente inedito per i nostri tempi che era prevedibile non riuscire a produrre, almeno all’inizio, una voce univoca sulla sua gestione. L’unico rifugio, il solo punto di riferimento per orientarsi nel marasma di informazioni e demistificare le false notizie, rimane la comunità scientifica.

A questo proposito abbiamo intervistato Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di Malattie infettive e tropicali Simit, e Professore all’Università di Tor Vergata.

Prof. Andreoni, si fa ancora confusione sull’utilizzo delle mascherine: sono di qualche utilità per chi non è malato? Se impediscono l’”emissione”, non proteggono anche dall’”immissione” di virus?

Nel caso degli asintomatici, la mascherina evita di trasmettere il virus e protegge la persona sana. Funziona principalmente per i soggetti malati che, quando espirano, tossiscono o starnutiscono, emettono delle particelle di saliva, i cosiddetti “droplets” che contengono il virus e che vengono intrappolati all’interno della mascherina stessa. Detto questo, la mascherina è una barriera anche per gli individui sani.

Abbiamo un riscontro scientifico che il virus sia vulnerabile alle alte temperature? È verosimile che la situazione migliori con l’arrivo dell’estate?

Riscontri scientifici, in termini assoluti, forse no.Ci sono dei riscontri epidemiologici: il Coronavirus (non parlo di questo, che è un nuovo virus, ma della famiglia dei Coronavirus, che ne comprende molti), solitamente ha una stagionalità. Tendono a girare nei periodi freddi, e a scomparire con l’arrivo dell’estate. Questo avviene non solo per la temperatura esterna in senso generale, ma anche perché il raffreddamento delle mucose, che ovviamente avviene quando la temperatura è più bassa, facilita l’ingresso del virus attraverso le mucose stesse. Questa è una ragione in più per cui i Coronavirus tendono a circolare maggiormente e a cagionare più frequentemente malattia nei periodi più freddi.

Il Covid19 sembra particolarmente pericoloso nelle persone anziane o con patologie pregresse; ci sono, però, anche casi di decessi di individui giovani e in buone condizioni di salute. In quali casi è letale?

Che ci fosse una percentuale di persone giovani colpite, anche se molto bassa, lo sapevamo già dalla Cina. Quando diciamo che un giovane tra i 19 e i 44 anni corre il rischio di morire, parliamo di una letalità compresa tra lo 0,1 e lo 0,2 per mille (quindi molto bassa, ma presente). Evidentemente dobbiamo osservare moltissimi casi per riscontrarne uno grave anche in un giovane. Nel diffondersi di quest’epidemia, che ormai ha infettato oltre un milione di casi, non deve sembrare eccezionale o incomprensibile che abbia coinvolto anche persone giovani. Questo va comunicato chiaramente anche a loro, che devono ugualmente mantenere una grande attenzione nel distanziamento sociale, perché oltre a proteggere le persone più fragili e più deboli, proteggono anche se stessi. Il contagio non vuol dire che il virus sia mutato e abbia improvvisamente cominciato a colpire anche i giovani. Era una cosa attesa, sono numeri normali che attengono alla grandezza dei casi, e che non avremmo riscontrato con numeri più piccoli. Più aumenta il denominatore, più questi casi diventano “frequenti”.

Sappiamo se, in seguito a una guarigione, si sviluppano gli anticorpi? Ci si può ammalare nuovamente?

Gli anticorpi si sviluppano sicuramente, lo possiamo testare e valutare.Sono protettivi, ma non abbiamo ancora elementi per dire per quanto tempo conferiscano l’immunità, perché si tratta di una malattia nuova. Però, poiché una malattia non sfugge alle regole delle virologia o dell’immunologia, possiamo fare delle similitudini con altre patologie. Non possiamo ancora definire l’immunità, ma probabilmente avrà una durata di alcuni anni. Magari non sarà un’immunità per tutta la vita, come accade per altre malattie virali. Questo, naturalmente, se il virus non cambia. Il Coronavirus è in grado di cambiare, ma non tantissimo, quindi io ritengo che l’immunità sia possibile per qualche anno. 

Nei casi asintomatici, è possibile essere infettati e guarire senza la consapevolezza di avere contratto la malattia. A guarigione avvenuta (quando un eventuale tampone risulterebbe negativo) esiste un modo per sapere se si è contratto il virus nelle settimane o nei mesi precedenti?

Esiste un test del sangue che va a misurare la presenza di anticorpi. Se gli anticorpi ci sono, e sono specifici, possiamo dire che quella persona ha avuto un’infezione da Coronavirus nei mesi precedenti e, in alcuni casi, sapere anche se l’infezione è recente.

Il virus permane nell’aria?

In linea di massima, la risposta è no. Il virus permane all’interno dei droplets che hanno un peso tale da finire per terra, e non restare sospese in aria. In realtà è ipotizzabile che minime particelle virali vengano aerosolizzate e quindi rimangano per un po’ di tempo nell’aria, ma probabilmente non avrebbero una carica infettante sufficiente per contagiare una persona.

Come avviene il salto di specie?

I virus sono spesso specifici e raramente fanno il salto di specie. Ogni virus appartiene a una specie: c’è il virus del morbillo del cavallo e il virus del morbillo dell’uomo, che non sono “interscambiabili”. Questo meccanismo avviene, il più delle volte, quando il virus si modifica: per esempio, un virus presente negli volatili, fa un salto di specie e contagia un mammifero. In questo passaggio muta, e, dal mammifero, diventa in grado di infettare anche l’uomo. Il salto, quindi, avviene perché il virus si modifica per alcuni aspetti, e, in questo suo cambiamento, è in grado di infettare una specie diversa. È una variazione che può avvenire in modo del tutto casuale.
Spesso i salti di specie avvengono in più fasi, utilizzando altre specie. La SARS, per rimanere nell’ambito dei Coronavirus, era sempre proveniente dal pipistrello, dal pipistrello è passata allo zibetto, e, dallo zibetto, all’uomo. Per quanto riguarda il Covid-19, sappiamo certamente che anch’esso è partito dal pipistrello, ma non sappiamo se sia stato un passaggio diretto o se, nuovamente, ci sia stato un animale intermedio. L’infezione di solito si verifica attraverso una commistione col sangue o le deiezioni dell’animale. L’HIV, per esempio, è passato dalla scimmia all’uomo per via della macellazione degli animali. È probabile che sia stato il sangue della scimmia a infettare l’uomo. Non è mangiando la carne che ci infetta, anzi, solitamente nella saliva e nei succhi gastrici sono presenti degli enzimi molto potenti che tendono, mediamente, a inattivare il virus. Questo non vale per tutti i virus, ma per molti, sì. 

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