L’igienista dell’Università di Bari Chironna: «La seconda estate col Covid sarà contraddistinta da una sua minore circolazione grazie alla copertura vaccinale».

by Michela Conoscitore

Anche se in maniera più rallentata rispetto ad altre nazioni europee, la campagna vaccinale in Italia sta proseguendo. Sono stati vari i momenti critici in cui si sono dovuti fronteggiare rallentamenti e disservizi che hanno contribuito, a livello regionale, a differenziare l’incisività necessaria per raggiungere, al più presto, una copertura vaccinale adeguata su tutto il territorio nazionale. I dubbi, inoltre, che hanno interessato il vaccino britannico AstraZeneca hanno bloccato parte della popolazione nel procedere con la vaccinazione, riprogrammando il proprio turno, e di fatto rallentando il sistema.

Le perplessità sono ancora molte, a cui si aggiunge la scarsità di notizie riguardanti determinate fasce di popolazione non ancora vaccinate o, tuttora, sprovviste di un vaccino ad hoc adatto alla loro età: stiamo parlando dei bambini e dei ragazzi, la cui profilassi è strettamente connessa alla serenità del prossimo anno scolastico. E poi, ovviamente, il comportamento del patogeno SARS-CoV-2 la cui circolazione, ormai da un anno, accompagna la nostra quotidianità.

bonculture ne ha parlato con la Professoressa Maria Chironna, Igienista dell’Università di Bari e coordinatrice della rete regionale dei laboratori SARS-CoV-2:

Professoressa Chironna si è fatta molta confusione sui vaccini, ci aiuta a capire la differenza sui quattro disponibili? Come ‘funzionano’?

Le tecnologie utilizzate per produrre i quattro vaccini attualmente in commercio sono essenzialmente due. Moderna e Pfizer/BioNtech si basano sul cosiddetto “mRNA”, mentre Vaxzevira di AstraZeneca e Janssen di Johnson&Johnson su vettore virale. Nel primo caso una porzione di mRNA che porta l’informazione della proteina “spike” del virus, ottimizzata e modificata, viene inserita all’interno di nanoparticelle lipidiche in modo tale che il vaccino, una volta somministrato nel sito di inoculo grazie alla sua struttura lipidica, venga assorbito e arrivi direttamente ai ribosomi delle cellule, contenute nel citoplasma. L’mRNA contenuto nel vaccino quindi serve a codificare proprio la proteina spike, il rivestimento esterno del virus che serve proprio a far entrare il virus nella cellula ospite e infettarla. La proteina spike sarà esposta esternamente alla cellula ‘vaccinata’, e sarà in grado di essere riconosciuta dalle cellule che “presentano l’antigene”. Il vaccino, quindi, attiverà da un lato la produzione di anticorpi specifici anti-spike, dall’altro un’immunità che coinvolge alcune cellule del sistema immunitario che servono a potenziare la risposta di difesa dell’organismo.

Invece, quelli a vettore virale?

Per costruire l’informazione relativa sempre alla proteina spike del Covid19, viene utilizzato un Adenovirus di origine animale depotenziato, e quindi non in grado di replicarsi. Questo è il vettore virale che trasporta nel nostro corpo le informazioni della “spike” del virus. A differenza degli altri, questi vaccini funzionano in modo differente: una volta che il vettore entra nella cellula, invece di fermarsi nel citoplasma, penetra nel nucleo dove avviene un ulteriore passaggio di trascrizione dell’mRNA del genoma dell’agente patogeno depotenziato. Una volta fuoriuscito dal nucleo, l’mRNA della cellula vaccinata sarà in grado di generare la proteina spike del Covid19 a livello dei ribosomi. In questo modo sarà possibile attivare poi la cascata immunitaria.

Tuttavia i pareri sui vaccini a vettore virale sono discordanti, si parla anche di tecnologia superata. Lei cosa ne pensa?

Prima di dire che è superata, aspetterei di verificare sul campo come funzionano questi vaccini. Quelli a vettore virale sono stati usati in nazioni dove sono state raggiunte coperture vaccinali importanti. Una su tutte, la Gran Bretagna col vaccino di AstraZeneca. I vaccini a vettore virale possiedono ancora un potenziale altissimo. Sicuramente quelli a mRNA si prestano meglio ad essere modificati nel tempo, se ci dovesse essere la necessità di variarli alla luce della circolazione delle varianti. Comunque, al momento, tutti i vaccini dimostrano di proteggere dal virus e dalle sue varianti, ed evitano il contagio ed eventuale aggravamento del quadro clinico. L’obiettivo principale della vaccinazione è quello di “allentare la morsa” sul servizio sanitario nazionale e su quelli regionali. Anche se si dovessero infettare, nonostante la vaccinazione, le persone potranno essere gestite a casa poiché presenteranno una sintomatologia blanda o addirittura saranno asintomatici. Quando avremo raggiunto una copertura vaccinale importante, anche grazie ai vaccini a vettore virale, avremo il controllo sulla circolazione del virus nella popolazione.

Le perplessità sul vaccino AstraZeneca sono legate ai casi di trombosi che si sono verificati dopo l’inoculazione del vaccino, che hanno colpito principalmente donne giovani. Difatti, è stata modificata la fascia d’età a cui esso è indirizzato. Cosa può dirci in merito?

La Vaccinovigilanza ha fatto emergere che, in rari casi, è possibile che si verifichino eventi avversi soprattutto nei più giovani e nelle donne. Per questo, in via prudenziale, è stato raccomandato l’utilizzo dei vaccini a vettore virale nei soggetti sopra ai 60 anni. Ma le cose cambiano rapidamente e, considerata la rarità di questi eventi avversi, è possibile che la vaccinazione sia estesa ai soggetti più giovani, come i cinquantenni. È sempre necessario fare un rapporto rischi (rari) e benefici (tantissimi) della vaccinazione.

Alcune persone temono che con le varianti la protezione vaccinale venga meno e che arriverà una variante in grado di bypassare la protezione del vaccino. È plausibile? Il vaccino dovrà essere aggiornato?

Sì potrebbe accadere, e proprio per questo motivo tutte le aziende che producono vaccini stanno già lavorando su come produrre alternative a quelli esistenti, e aggiornati alla luce della circolazione delle varianti. Come accade già per il vaccino influenzale, che ogni anno cambia composizione. Se dovesse accadere questo, ma non è detto, sarà necessario quindi immunizzarci periodicamente dal Covid-19.

Il Covid-19 potrebbe tramutarsi in un virus stagionale come quello influenzale? Quando?

Lo scopriremo nel prossimo autunno. Questa seconda estate in compagnia del virus, probabilmente, sarà contraddistinta da una sua minore circolazione anche grazie alla copertura vaccinale. Rispetto all’anno scorso, lo scenario è diverso però perché sono presenti le varianti e dovremo verificare sul campo cosà accadrà. Comunque, sì, è possibile che il Covid possa seguire una stagionalità come altri virus respiratori, che compaiono nella stagione fredda e tendono a circolare in maniera ridotta durante l’estate.

Nei giorni scorsi, l’assessore alla Sanità Lopalco ha annunciato l’arrivo della variante indiana in Puglia. Di questa variante è stato detto che può sfuggire agli anticorpi generati dalle vaccinazioni. È vero?

Innanzitutto, si tratta di segnalazioni di casi sporadici, o di piccolissimi focolai e quindi al momento non credo si debba essere preoccupati. Che i casi di variante indiana siano stati identificati ci fa comprendere che il sistema funziona, ed è improbabile che si possano diffondere. Le varianti sono studiate in tutto il mondo, in Italia e anche qui a Bari per capire come i patogeni si comportano sia in vitro, rispetto al potere neutralizzante degli anticorpi specifici anti-spike, sia per verificare la loro capacità di eludere la risposta immunitaria. In questo momento, sulla variante indiana non possiamo esprimerci sull’efficacia dei vaccini perché è ancora poco diffusa in Italia. Nel nostro Paese e in Puglia prevale la variante inglese, verso cui i vaccini si stanno dimostrando efficaci.

Le donne hanno un rischio inferiore di sviluppare forme gravi o letali di Covid-19 rispetto agli uomini e presentano una maggiore risposta alle vaccinazioni. Che dati abbiamo?

Per quanto riguarda il vaccino, queste differenze non sono presenti. Difformità sostanziali date dal sesso di appartenenza non sono ancora state documentate, ma è indubbio che è anche l’organismo ospite ad influenzare il comportamento del virus. Mentre per quanto riguarda i fattori di suscettibilità al Covid, rischi maggiori di sviluppare la malattia in forma severa sono documentati per persone affette da patologie di base come il diabete, o da obesità. Alcuni studi riportano che anche i gruppi sanguigni svolgerebbero un ruolo in questo. I soggetti con gruppo 0 sarebbero meno predisposti a sviluppare una forma grave di Covid, mentre coloro che possiedono i gruppi sanguigni A e B potrebbero essere i più a rischio di aggravamento della patologia.

Al 3 maggio sono 6 milioni gli italiani che hanno completato il ciclo vaccinale. Sembrano pochissimi, lo sono?

È una quota che, di giorno in giorno, diventa sempre più significativa ma siamo ancora lontani dal raggiungere coperture che ci consentano un pieno controllo della pandemia. Servirà inoculare ancora milioni di dosi. Un obiettivo che si proverà a raggiungere durante le prossime settimane e durante la stagione estiva. L’estate sarà proprio il momento in cui dovremo impegnarci di più per aumentare la copertura vaccinale perché, come sappiamo, in quei mesi si verificherà una minore circolazione del virus che faciliterà la vaccinazione di massa.

Siamo ancora lontani dall’immunità di gregge?

Credo di sì, ma penso che sia anche piuttosto improprio parlare di immunità di gregge. Il nostro obiettivo è rendere endemica la circolazione del virus, perché anche tra vaccinati continuerà a circolare. La vaccinazione non ha potere “sterilizzante”, ci potrebbe essere qualche vaccinato che si ammalerà comunque, però svilupperà la malattia in forma lieve.

Come lei sa, la campagna vaccinale in Italia sta procedendo a velocità diverse. Le persone che ad oggi hanno completato il ciclo, tra un anno dovranno sottoporsi al richiamo quando forse buona parte della popolazione sarà in attesa ancora di ricevere la prima dose. È un piano che funziona questo secondo lei?

Tutti i piani di vaccinazione di massa possono avere della criticità, l’emergenza sanitaria che stiamo fronteggiando è del tutto nuova e inattesa. Ovviamente potrebbero verificarsi situazioni di cui lei ha fatto un esempio, ma si spera che la macchina che si è messa in moto sia in grado di colmare i gap che potrebbero verificarsi. Con l’aumento degli hub vaccinali, e man mano, seguendo i criteri dati dal Ministero della Salute e dalle regioni, si riuscirà a vaccinare tutti i soggetti che primariamente dovranno beneficiare della vaccinazione. Sono già stati messi in sicurezza gli ultraottantenni e gli operatori sanitari, ora dobbiamo procedere, in parallelo, con le altre fasce d’età e i soggetti estremamente fragili e fragili.

Parlando proprio dei fragili, lei ha seguito le notizie di cronaca di decessi e contagi avvenuti anche in ambiente ospedaliero. Cosa si prova a sapere che si sarebbero forse potuti salvare e perché sono stati esclusi in prima battuta anche alla luce di notizie relative a elenchi di furbetti?

Ovviamente dispiace molto, ma non drammatizzerei perché alla fine questi famosi furbetti che, sicuramente, non sono difendibili, fondamentalmente non sono così tanti da aver condizionato tutta la campagna di vaccinazione. I ritardi, riguardanti la vaccinazione dei soggetti fragili, dipendono dalla mancata disponibilità di dosi e dal blocco momentaneo nell’utilizzo di alcuni vaccini. Non si deve incolpare nessuno, c’è una logistica che è stata messa in difficoltà.

Come ha affermato prima, la vaccinazione sta coprendo buona parte dei soggetti anziani e l’età media dei contagi si è abbassata il che dovrebbe aiutare a limitare la circolazione del virus. Ma rimane un bacino di popolazione “scoperto” che non sa ancora nemmeno quando sarà vaccinato, ovvero la fascia di popolazione più giovane. È corretto dire che in questo momento i giovani sono più a rischio contagio di un anno fa?

Man mano che vaccineremo soggetti più anziani, si ammaleranno maggiormente quelli più giovani, anche con casi gravi. Tendenzialmente nei soggetti giovani, il rischio di sviluppare forme severe è più ridotto. Da un punto di vista epidemiologico assisteremo allo spostamento della circolazione della SARS-CoV-2 in questa fascia. Tuttavia, ad ora, non abbiamo vaccini per ragazzi fino ai diciotto anni. Molte aziende però sono già arrivate alla fase avanzata di sperimentazione di questi vaccini, quindi non è detto che nei prossimi mesi questa fascia di popolazione rimarrà scoperta dalla vaccinazione.

Infatti negli Stati Uniti e in Germania si è arrivati alla fase 3 della sperimentazione del vaccino Pfizer/Biontech sui ragazzi nella fascia 12-15 anni. Dicono che dovrebbe essere approvato già a giugno. Ce la faremo per la riapertura delle scuole?

Sì, credo che quest’anno, per la riapertura delle scuole, avremo dei vaccini approvati per i ragazzi. Ciò consentirà la riapertura delle scuole più in sicurezza.

Professoressa, le prossime ‘mosse’ del SARS-CoV-2 sono già prevedibili?

Gli scenari potrebbero essere essenzialmente due: o diventerà meno patogenico, quindi tenderà ad essere meno aggressivo verso l’organismo ospite per garantirsi la sopravvivenza, oppure potrebbe utilizzare meccanismi che gli consentiranno di sfuggire alla risposta immunitaria dai vaccini. Ecco perché dobbiamo essere pronti a variarne la composizione.

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