“Viviamo, ma in vigile serenità. Senza abbassare la guardia”. L’esperienza, dopo mesi di Covid, del virologo Fabrizio Pregliasco

by Michela Conoscitore

Adesso che l’Italia è approdata alla Fase 3, si sono registrati ulteriori cambiamenti nella nostra quotidianità: dalla maggiore libertà acquisita al rispetto costante delle norme di sicurezza per contenere la diffusione del virus, in un momento che, però, viene percepito dagli italiani come covid-free. L’allerta deve rimanere ancora alta e taluni atteggiamenti potrebbero davvero fare la differenza, purtroppo in negativo: come si ripete, ormai da mesi, il virus ci accompagnerà ancora a lungo. Abbassare la guardia non è, decisamente, una buona scelta.

Ripensando agli inizi della pandemia, è stato tra i primi scienziati, in Italia, a preannunciare l’arrivo certo del Covid-19 anche nel nostro Paese: questo succedeva a gennaio, e il professor Fabrizio Pregliasco, virologo, dirigente sanitario e docente di Igiene Generale all’Università La Statale di Milano e direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano (Gruppo San Donato) in questi mesi, ha proseguito il suo racconto della pandemia non soltanto per tranquillizzare gli italiani, ma anche per fornire buona informazione alla stampa: bonculture ha intervistato il professor Pregliasco per interpretare, attraverso le sue risposte, non soltanto gli 85 giorni di quarantena ma anche per analizzare ulteriormente la pandemia che ha sovvertito gli equilibri mondiali:

Professor Pregliasco, qual è il suo bilancio, ad oggi, della situazione in Italia, tenendo conto del numero di contagi e dell’osservanza da parte della popolazione delle misure preventive anti-Covid?

Il bilancio è positivo: ad oggi, direi che la maggioranza degli italiani ha seguito quelle che erano le norme del lockdown, e questo è dimostrato dalla continua decrescita di casi, nonostante le riaperture del 4 e del 18 maggio, e che non hanno prodotto effetti negativi. Siamo in attesa degli sviluppi post 3 giugno, ma la situazione è più serena, con meno casi accertati, tra l’altro meno gravi, legati presumibilmente forse a variazioni del virus. Questo miglioramento è anche il risultato del lockdown e dall’attenzione che oggi si riesce ad avere verso casi che un tempo stupivano.

Quale fase sta attraversando, invece, la pandemia? Possiamo ritenerci davvero fuori pericolo?

Questo virus, solo col passare del tempo, ci sta facendo scoprire cose strane e caratteristiche diverse, è difficile fare previsioni. Abbiamo già sbagliato tanto finora. A mio avviso, dobbiamo pensare al peggio, sperando nel meglio in previsione di una possibile seconda ondata del virus. Oppure a quel che si è già visto in questi giorni, nel Lazio, con un focolaio di 31 casi in un contesto ospedaliero. Tenere sotto controllo i focolai è una responsabilità delle strutture sanitarie.

Il virus è mutato?

Non si sa se il virus sia mutato: uno studio dell’Università di Brescia ha evidenziato questa variante. Bisogna appurare se è un caso isolato.

In autunno si teme un ritorno del Covid, pensando ad un comportamento del patogeno simile a quello dell’influenza stagionale: lei cosa ne pensa?

Potrebbe esserci, lo affermiamo come aspetto presuntivo. Oltre tutto, in autunno, potrà mescolarsi facilmente, nascondendosi, dietro le classiche forme influenzali. Quindi potrebbe creare nuovi focolai. L’arrivo dell’influenza stagionale è una certezza, sicuramente.

Che idea si è fatto della malattia? Come mai in alcuni soggetti anche molto giovani emerge e in altri, la maggioranza, rimane a livello asintomatico?

Questa è una peculiarità del Covid, in cui si registra un’altissima quota di soggetti asintomatici, che in una prima fase non avevamo notato. E quantitativamente sono stati la causa di questo arrivo alle spalle del virus. Per un certo numero di soggetti, si verifica un eccesso di risposta, la famosa tempesta citochinica, che produce un’eccessiva reazione al virus, e conduce alla polmonite interstiziale. Questa reazione è il tentativo maldestro dell’organismo di eliminare il virus. Il meccanismo è avvalorato dal fatto che alcuni farmaci biologici che servono per l’artrite reumatoide, come il Tocilizumab, hanno dei buoni risultati, perché sono dei modulatori della risposta immune.

Professore, si stanno verificando casi di persone guarite e dimesse che una volta tornate in ospedale per altre patologie, risultano al tampone nuovamente positive pur non avendo nessun sintomo del Covid e non avendo infettato nessuno nel frattempo: c’è un limite intrinseco nel tampone? Potrebbe trattarsi di residui di RNA virale che non hanno vita?

Ciò si era già verificato in Cina, non si sa se è una malattia unica, che ad un certo punto ha un momento di scarsa replicazione, e poi in seguito si riprende. Potrebbe trattarsi anche di una seconda infezione, anche se mi sembra strano, o dipendere anche dal tampone, i cosiddetti falsi negativi. Lo vediamo anche nell’epatite B, quando si verifica una riduzione della carica virale, c’è un momento di acquiescenza e poi il virus si riprende. È tutto da scoprire.

Che ne pensa della cura al plasma: la ritiene utile o pensa che sia sempre meglio fare ricerca farmacologica?

Sono diverse le armi la cui efficacia dobbiamo approfondire: lo studio va ovviamente precisato ma sono interessanti i risultati iniziali delle cure a base di plasma. Questi risultati devono essere confermati standardizzando l’applicazione di utilizzo.

Qual è la sua opinione in merito al vaccino?

Innanzitutto bisogna vedere quale sarà l’evoluzione della pandemia: se rimane in bilico, come è possibile, in un’ottica di sfortuna, sicuramente il vaccino potrà servire. Anche se le tempistiche per la sua formulazione sono molto lunghe. Sono interessanti i risultati intermedi ma, prima di vaccinare miliardi di persone è bene che ci sia una validazione di sicurezza, di efficacia e poi produrlo.

La Lombardia è stata tra le regioni più colpite del nostro Paese: è riuscito a darsi una spiegazione del perché il virus qui è stato così incisivo?

In Lombardia, negli aeroporti di Malpensa e Orio al Serio arrivavano settimanalmente 20,000 persone da Wuhan, stiamo parlando quindi di voli giornalieri. A Milano di questa città non ne sapevamo nulla, eppure c’era una connessione in quei territori veramente molto ampia. Molto probabile che i soggetti asintomatici o con sintomatologia influenzale, sono arrivati del tutto inconsapevolmente in Lombardia che ha un’elevata densità di popolazione, e in un contesto come quello di Codogno, che è centro di interscambio per le merci del nord Italia. Tutto ciò ha facilitato il virus a diffondersi. I primi casi si sono registrati a partire dal 21 febbraio in poi, però, a posteriori, alcune migliaia di persone erano malate già dal 26 gennaio. Alcune indagini di sieroprevalenza su donatori del Policlinico di Milano hanno indicato che il 5% di essi era già positiva, ad inizio epidemia. Il momento in cui abbiamo sottovalutato e non conoscevamo ancora il virus ha originato quello tsunami che ci ha travolto. Concepisca il tutto come un iceberg: quel che si vede è solo una minima parte della sua struttura, mentre quella più consistente è nascosta sott’acqua, e per il Covid corrisponde alle forme asintomatiche che hanno provocato perdite di vite così ingenti.

In questi mesi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità è stata attaccata da più fronti per quanto riguarda la gestione della pandemia. Secondo lei, ha agito tempestivamente oppure troppo in ritardo?

A posteriori, è facile evidenziare situazioni che ‘sarebbe stato meglio se…’, pensando anche alle critiche giunte alla gestione dell’emergenza da parte della Lombardia: le decisioni prese erano conseguenti alle informazioni disponibili in quel momento. Non si può parlare di errori, perché con questo termine si mettono in evidenza più la colpa o l’inefficienza.

Il 3 giugno è scattata la Fase 3: sono state riaperte le regioni e i confini nazionali. Ritiene questa data prematura?

No, ormai la situazione è sotto controllo. Gli indici di contagio in Lombardia e nelle altre regioni sono sotto l’uno. Ci sono le condizioni per fronteggiare eventuali nuovi focolai. Era fondamentale riaprire perché le sofferenze legate alla pandemia non sono solo la morte e la malattia, ma anche le problematiche psicologiche ed economiche, che sono macroscopiche.

Più in generale, pensando anche all’estate, cosa determinerà la ripresa di viaggi e vacanze?

Ci dovrà essere una strategia organizzativa del servizio sanitario nazionale, di attenzione al tracciamento. E poi molta responsabilità e buon senso da parte della popolazione: ho coniato il concetto di vigile serenità: non dobbiamo mai abbassare la guardia ma viviamo.


You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.