Draghi, il governo che non meriteremmo

by Enrico Ciccarelli

Salve. Considero sia positivi che significativi i vari mugugni che accompagnano la nascita del Governo Draghi. Innanzitutto perché sono una salutare risposta all’eccesso di melassa con cui il circuito mediatico italiano, sempre pronto a correre in soccorso del vincitore è passato in una giornata dall’idolatria per Casalino e l’uomo della pochette e delle dirette facebook all’agiografia del premier che non sta sui social.

Mario Draghi è una persona di straordinaria competenza, capacità e autorevolezza, ma non è venuto a miracol mostrare, bensì a migliorare una conduzione della cosa pubblica che lasciava molto a desiderare e rischiava di farci fallire uno storico appuntamento come quello del Recovery Plan.
La squadra di governo che ha presentato conta su alcuni dei migliori ingegni d’Italia, da Franco a Cingolani, da Colao a Cartabia, per tacere del Richelieu della burocrazia italiana Roberto Garofoli. Accanto ad essi c’è una folta delegazione politica, che inevitabilmente rispecchia la qualità non esaltante dei nostri gruppi parlamentari.

Gruppi, cari connazionali, che sono figli nostri. Perché sarebbe anche ora di smetterla di vivere nel Paese dei balocchi e dell’irresponsabilità. Sono trent’anni o giù di lì che votiamo con la pancia, pensando di affidare tutto al pifferaio magico del momento, che si chiami Silvio Berlusconi o Mario Monti, Matteo Renzi, Beppe Grillo o Matteo Salvini. Personalità molto diverse fra loro, naturalmente, sulle quali ciascuno può avere l’opinione che crede, ma caratterizzate da un’adesione umorale, estemporanea, capricciosa.

Perché, anche a causa della lunga tutela pedagogica esercitata dai partiti della Prima Repubblica, siamo un popolo di bambini che non vogliono diventare cittadini. E pretendiamo, senza renderci conto di quanto questa pretesa sia comica, di votare per i Ciampolillo e avere al governo tutti Einstein. Sicché quando arriva un Governo che qualche Einstein ce l’ha, storciamo il naso perché c’è anche quello storto, corto, brutto, antipatico.

Non sono immune da questi sentimenti: mi dispiace che manchi una ministra capace come Teresa Bellanova e fremo a vedere Di Maio alla Farnesina e il ritorno di Brunetta alla Pubblica Amministrazione. Ma Draghi fa la farina con il grano che gli diamo noi. E i comprensibili crucci, le doverose perplessità, i legittimi dubbi che come tutti ho sul Governo del mio Paese non mi fanno perdere di vista la circostanza –per esempio- che dove c’era Dee-Jay Fofò c’è una giurista italiana fra le più apprezzate al mondo, già presidente della nostra Corte Costituzionale. Non è tutto, ma –credetemi- è molto.

È il Governo che ci meriteremmo? No, ce ne meriteremmo uno assai peggiore (e ne abbiamo avuti). Per fortuna abbiamo una Costituzione, che per quanto antiquata e malfunzionante sotto molti aspetti, ci protegge. E abbiamo un signore che si chiama Sergio Mattarella che della Costituzione è geloso e impeccabile custode. Poi volendo ci si potrebbe interrogare su chi ha determinato l’elezione di Mattarella e chi ha permesso la nascita del Governo Draghi. Però parliamone quando saremo fuori dai guai.

In conclusione ci volevano molte più donne, è pacifico. E ci volevano più giovani; e non avrebbe guastato qualche meridionale in più, e qualche Ministero in meno, e quant’altro la vostra qualificata opinione escogiti. Ma sono i grandi popoli a fare i grandi governi, non il contrario. Ci vuole, ora più che mai, molta Italia in più. E l’Italia siamo noi. Alla prossima.

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