Foggia, dove si annida il nemico mafioso

by Enrico Ciccarelli

Salve. Nelle vicende che riguardano il Comune di Foggia è molto importante fare distinzioni. Non solo –ma ci torneremo meglio in altra occasione- per evitare il nebbione indistinto del “tutti ladri, tutti corrotti” che finisce in realtà per fornire attenuanti ai colpevoli e indurre alla rassegnazione là dove serve slancio ed entusiasmo. Ma anche per capire che tutte le clamorose rivelazioni emerse dall’imponente lavoro degli investigatori, indipendentemente dalla loro tenuta processuale, non sono collegate al possibile –e secondo me probabile- scioglimento del Comune di Foggia per infiltrazioni mafiose.

Perché la corruzione sistemica che secondo le accuse il sindaco Landella avrebbe instaurato a Palazzo di Città, il giro di tangenti cui partecipavano attivamente alcuni consiglieri comunali, sono certamente fenomeni deplorevoli e penalmente rilevantissimi, ma non sono la mafia, non sono i clan. Che invece hanno manifestato la loro presenza in modo pesante. Non mi riferisco al presunto coinvolgimento di un oscuro dipendente comunale in una vicenda collegata al racket del caro estinto; e possiamo ritenere che rientrino nella fisiologia dei controlli anche le interdittive antimafia emesse dal prefetto Grassi per aziende incaricate di pubblico servizio per conto del Comune.
Ma è davvero difficile da digerire il sospetto che almeno un consigliere comunale (una, per la precisione) sedesse in Consiglio al servizio e con il sostegno dei clan, che fosse a loro funzionalmente collegata.

È pesantissima la circostanza che si siano verificati –così parrebbe- episodi di compravendita di voti. È vero che l’inchiesta in corso riguarda le regionali dell’anno scorso, ma alle Comunali ci fu l’ombra di episodi identici con identici protagonisti.

Più ancora, è inaccettabile la commistione fra criminalità organizzata e bisogno sociale, fra clan e assistenza. Perché è vero che può accadere che il destinatario di provvidenze varie abbia una fedina penale non irreprensibile. È vero che l’assegnatario di alloggi popolari può risultare un pregiudicato. Ma il timore è che ci sia stato un salto di qualità: che i clan non solo partecipino della spesa assistenziale, ma in qualche modo la determinino, la indirizzino e la cogestiscano. In una città che spende tanto, e quasi mai bene, per il tragico bisogno di tanti suoi cittadini, la fetta spettante ai clan può essere cospicua, e di tutto riposo, senza nessuno dei rischi connessi alle estorsioni e alle altre attività criminali.

È chiaro che l’ipotetica cupola tangentizia costituitasi a Palazzo di Città ha aggravato notevolmente questa situazione, perché il malaffare tende a generare una diffusa assenza di controlli e un allentamento significativo dei meccanismi di vigilanza. Ma non l’ha creata. Attenzione, quindi. Forse Foggia eviterà l’onta dello scioglimento, ma la situazione resta seria. Due anni di commissariamento la risaneranno? Speriamo. Ma è impossibile non rilevare che a Cerignola, alle elezioni in programma ad ottobre, saranno in lizza, sembra, tutti o quasi i protagonisti della fase precedente al commissariamento. Vietato illudersi, quindi. Serve fatica e impegno. Insieme a una parola che sembra essere la più disertata, in questo momento, nella nostra città. La parola “consapevolezza”. Alla prossima.

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