La bella ch’è prigioniera…Sia lode alla libertà. Anche in poesia

by Enrico Ciccarelli

Buongiorno e buona domenica, amiche e amici carissimi delle mie bolle social e della vasta platea di Bonculture. Oggi, giorno di elezioni, quindi festa della democrazia. Sarà importante capire se le elezioni le vincerà Giove Pluvio, se cioè per la prima volta dal 1946 l’Astensione sarà il primo partito. Spero di no, e non per la retorica sul dovere civico e sull’odio gramsciano per gli indifferenti e quello dantesco per gli ignavi. È nei referendum farsa del Donetsk e del Lugansk che lo stivale chiodato degli occupanti trascina i cittadini ai seggi. Un diritto è tale solo se si è anche liberi di non esercitarlo. Quindi no, non criminalizzo il non-voto, specie in un panorama a un tempo patetico, tragico e desolante come quello della proposta politica attuale. Metto solo in guardia dal fatto che il filo della libertà è sottile: basta poco a smarrirlo o spezzarlo. E ritrovarlo e riannodarlo è invece opera che costa sangue e fatica e lutti.

I poeti, che sanno tutto, si sono in ogni tempo dedicati a parlare della libertà. Della libertà politica, e della democrazia, parla come faro del suo poetare il Bardo d’Oltreoceano, Walt Whitman, che molto prima di scrivere la meravigliosa e da lui detestata «O Capitano! Mio Capitano!» si produsse in questo celebre

PER TE, O DEMOCRAZIA

Vieni, renderò il continente indissolubile,

creerò la più splendida razza su cui il sole abbia mai brillato,

creerò divine terre magnetiche,

con l’amore dei compagni,

con il diuturno amore dei compagni.


Pianterà la fratellanza, folta come gli alberi lungo tutti i fiumi dell’America, e lungo le sponde dei grandi laghi, e su tutte le praterie,

renderò inseparabili le città con le braccia l’una al collo dell’altra,

con l’amore dei compagni,

con il virile amore dei compagni.


Per te questi da parte mia, democrazia, per servirti, mia donna!

Per te, per te faccio vibrare questi canti.

Naturalmente il rutilante splendore di cui canta l’indomito Walt non sarebbe descritto allo stesso modo dai nativi americani o dalle donne statunitensi, le suffragette, che dovettero lottare duramente per ottenere il voto nel 1920, dopo le tedesche, le polacche e le britanniche (le italiane solo nel 1946). Ma i versi, com’è d’uso per lui, restano potenti e suggestivi.

La libertà può essere cantata anche in termini minimi. Mi piace ricordare al proposito una breve lirica di Abbas Kiarostami, il grande regista iraniano che fu anche poeta di vaglia. La inserisco perché il cuore di ogni individuo civile batte in queste cuore con le donne e gli uomini veri di Teheran, in piazza per una martire della ferocia di quelle creature d’inferno che sono immancabilmente coloro che pensano di agire nel nome di Dio.

È UNA BANDIERA DI LIBERTA’

È una bandiera di libertà
la mia camicia
sul filo della biancheria,
leggera e libera
dai legami del corpo.

Il titolo di questo articolo fa riferimento a una vecchia canzone carbonara, La bella che guarda il mare (cercatela in YouTube; è assai coinvolgente). Perché l’idea di libertà è inseparabile da quella di lotta alla tirannide. Ne fu un esempio luminoso Sandor Petöfi, il più grande poeta ungherese. Sua è questa

ODE ALLA LIBERTA’

Se Tu, mio Dio, non volessi
concedermi la morte dei Poeti
tra i fiori e il canto degli uccelli,
ti prego di farmi morire
nel fresco aprile,
allorché divampa la battaglia,
quando fioriscono rose di sangue
sui petti dei feriti
e quando squillano a raccolta
trombe di guerra.
Anche dal mio cuore ardente
sboccerà un fiore di fiamma
e cadendo al suolo dalla sella del mio cavallo
sentirò sulle labbra un bacio:
quello della Libertà…

Dio esaudì l’auspicio di questo giovane romantico e intrepido. Morì in battaglia, mentre combatteva per la libertà del suo popolo e della sua patria, nel luglio del 1849 a Sighisoara. Onore a quanti ebbero in sorte lo stesso destino. Come l’eroe di cui parla Gianni Rodari in questa

LA MADRE DEL PARTIGIANO

Sulla neve bianca bianca
c’è una macchia color vermiglio;
è il sangue, il sangue di mio figlio,
morto per la libertà.
Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà.
Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case,
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.

Una lirica che merita tanto maggior rispetto perché scritta da chi la Resistenza la fece davvero, e non si limitò a riempirsene la bocca dopo il 25 aprile. Ma mi piace chiudere questo –come sempre sintetico, come sempre parziale- excursus con un poeta che amo molto, l’austriaco Erich Fried.

POESIA D’AMORE PER LA LIBERTA’ E POESIA DI LIBERTA’ PER L’AMORE

Con la libertà
è come con l’amore

Se quella che chiamiamo la felicità
dopo anni mi strappasse dal chiuso armadio

e mi dicesse: “Ecco ora lo puoi di nuovo!
Mostra quel che sai fare!”

Respirerò allora a fondo e allargherò le braccia,
mi sentirò giovane, pieno di ardore per la vita

oppure manderò solo odore di canfora
e le mie ossa scricchioleranno al ritmo di un estraneo
battito cardiaco?

Con la libertà è
come con l’amore

e con l’amore è
come con la libertà-

Ricordate, con Emily Dickinson, che Mai prigioniero sarai – ove la libertà – abiti in te.

Infine un pensiero ai candidati delle elezioni. Ai pochi che ce la faranno, ai molti che non ce l’aveanno fatta. Facciano tesoro di questo frammento di Archiloco, il poeta-soldato, primo esempio di autoironia nella storia della letteratura.

A SE STESSO

Cuore, cuore, agitato da mali inesorabili,

riemergi e dagli avversari difenditi opponendo contro

il petto, nelle insidie dei nemici arrestandoti vicino

senza paura; e non vantarti apertamente quando vinci,

non lamentarti abbattendoti in casa quando sei stato vinto,

ma delle gioie godi e dei mali affliggiti

non troppo, e sappi quale alterna vicenda domina gli uomini.

Buona domenica libera. Alla prossima.

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