Matteo Renzi, chi lo capisce è bravo!

by Enrico Ciccarelli

Salve. Ma insomma, cosa vuole Matteo Renzi? Perché, rompe, spacca, demolisce, fa piangere le bimbe e i bimbi di Conte? Perché trama, complotta, sabota? Cercherò di spiegarlo, dal mio discutibile punto di vista di renziano, ma anche di giornalista abituato a raccontare la politica da qualche decennio.

Una premessa: alcuni miei interlocutori dei social cercano di darmi l’attenuante di essere pagato da Italia Viva per dire quello che dico. La mia risposta è “magari!”. In realtà non solo non mi calcolano, ma quand’anche ne avessero l’intenzione, le loro risorse non permetterebbero di pagare qualcuno, al di là del personale strettamente necessario al funzionamento del partito.

Soprattutto perché, in questo felice Paese, qualunque imprenditore avesse l’insana idea di finanziare una qualsivoglia attività di Italia Viva si troverebbe la finanza in casa e in azienda il giorno dopo. È il “sistema”, di cui parla Luca Palamara ad Alessandro Sallusti nell’omonimo libro-intervista di cui vi raccomando caldamente l’istruttiva lettura. Quindi, grazie per gli alibi, ma in realtà non ho scuse: sostengo Renzi perché mi convincono le sue idee, e quindi andrò meritatamente all’inferno come tutti i malvagi.
Detto questo, come mai, stando ai sondaggi, la stragrande maggioranza degli Italiani non ha capito la crisi e non ha capito le mosse di Renzi? Io penso dipenda dal fatto che molti pensavano di avere capito già. Avevano cioè un’idea, un preconcetto, un pregiudizio su Renzi e lo hanno applicato a quanto accadeva, spesso anche contro l’evidenza.
Penso che questo errore non sia stato fatto solo dall’uomo della strada, che ha in generale in uggia le baruffe politiche; credo che lo abbiano commesso la maggior parte degli esponenti della maggioranza, che alla ricerca di retroscena hanno finito per perdere di vista la scena.
L’interpretazione di Giuseppe Conte, di Zingaretti e Orlando, di Travaglio, Casalino e così via, è stata: Renzi pretende di più, perché con i suoi numeri tiene in ostaggio il Governo Conte, e quindi dobbiamo cedere al ricatto e pagarlo oppure pagare (politicamente, beninteso) qualcun altro perché lo sostituisca. Eppure, dice Paola De Micheli, a Renzi è stato offerto l’impossibile e ha rifiutato. Eppure il presunto partito delle poltrone è ad oggi l’unico che le poltrone le ha mollate.
Forse, più banalmente, Renzi voleva un altro Governo, perché –a torto o a ragione- non era convinto di quello che c’era; e riteneva che il nuovo Governo a costruirsi dovesse marcare una forte discontinuità, se non sul nome del premier, almeno sulla squadra e sulle strategie.
La risposta non è stata affatto un Conte-ter, ma un Conte bis-bis. Gli è stato detto: “malnato Giamburrasca che non sei altro, siccome purtroppo non siamo riusciti ad asfaltarti, ti dobbiamo sopportare, e dobbiamo subire l’onta di governare con te, dandoti qualche spazio in più. Ma devi accettare che Conte resti lì, che Bonafede resti lì, che Arcuri resti lì, che non si tocchino Anpal e reddito di cittadinanza, che non si prenda il Mes.” Voi avreste accettato? Io no. E nemmeno Renzi.
Ma c’è chi suggerisce un’altra linea di pensiero: per ragioni di concorrenza elettorale Renzi voleva distruggere Conte prima che facesse il suo partito e voleva stroncare ogni possibilità di patto politico fra il Partito Democratico e i Cinquestelle. Per quanto riguarda la prima idea, i commentatori si dovrebbero mettere d’accordo con se stessi: se Renzi e Italia Viva valgono il 2%, quale poteva essere il peculio di voti che gli avrebbe portato via Conte? E perché invece il Pd e il Movimento Cinquestelle, che da questo ipotetico partito sarebbero maggiormente ridimensionati, dovrebbero esserne contenti?
Quanto al secondo argomento, io non credo che Renzi voglia sabotare l’intesa fra Pd e Cinquestelle. Penso che voglia favorirla.
Perché delle due l’una: o in questo abbraccio il Pd verrà fagocitato dalle parole d’ordine giustizialiste e assistenzialiste dei Cinquestelle, e questo aprirà a Italia Viva uno spazio di manovra politica decisamente ampio, oppure la scommessa sulla mutazione del Movimento Cinquestelle avrà successo e i riformisti saranno della partita.
Il trasparente obiettivo di Matteo Renzi, che ovviamente chiunque è libero di non condividere, è quello di scomporre l’attuale quadro politico costruendo alleanze a trazione moderata anziché radicale come è attualmente. Un sistema centripeto, favorito dalla naturale tendenza alla moderazione propria del metodo elettorale proporzionale, che marginalizzi il più possibile le forze antieuropee.
Lo si fa a sinistra, scompaginando le varie tribù dei Cinquestelle, e lo si fa a destra, lasciando la ridotta sovranista a Giorgia Meloni e favorendo la progressiva edulcorazione della piattaforma della Lega. Quando ho letto le dichiarazioni del più noto economista antieuro del nostro Paese, il professor Alberto Bagnai, che si dice sostanzialmente pronto a votare la fiducia a Mario Draghi, cioè il salvatore dell’euro, ho pensato che, contro ogni previsione, Renzi sia sul punto di compiere un autentico capolavoro.
Certo, è un risultato che non si sarebbe potuto ottenere se non fosse stata superata la ritrosia di Draghi. Ma è questo quello che in politica si chiama lungimiranza. Non fermarsi alle cose come sono o come appaiono, ma ragionare su quel che possono diventare.
Una persona a cui voglio molto bene ama definire Renzi “demolition man”. È una definizione calzante: il leader di Italia Viva ha demolito, in due puntate buona parte della narrazione politica cominciata in Italia nel 2018. Ma le imprese di demolizione non sono Attila re degli Unni. Se demoliscono un edificio pericolante, evitano soprattutto che caschi in testa a qualcuno. Ed è un rischio che i cittadini italiani correvano e corrono come forse non mai. Alla prossima.

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