Tracce e cadavere: l’onnipotenza della scienza sulla scena del crimine rischia di deresponsabilizzare il giudice

by Gianluca Ursitti

Tracce e cadavere è stato il titolo di un importante evento scientifico di rilevanza internazionale, che si è appena concluso all’Università degli Studi di Foggia, sotto la guida della professoressa Donatella Curtotti, Ordinaria di Diritto processuale penale e Coordinatrice del Corso di laurea in Scienze investigative, e del professor Luigi Cipolloni, Ordinario di Medicina legale.

Tantissimi gli ospiti tutti massimi esperti italiani di investigazioni, tra cui il Vice Capo della Polizia di Stato, Prefetto Vittorio Rizzi, Eugenio Albamonte, Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma e già presidente ANM e il comandante del Ris di Roma, il Colonnello Sergio Schiavone, nonché autorevoli magistrati, avvocati, medici legali e operatori dei gabinetti scientifici della Polizia e dei Ris dei Carabinieri.

Pubblichiamo l’intervento integrale dell’avvocato Gianluca Ursitti, penalista e presidente dell’Ordine degli Avvocati del foro di Foggia.

«Non posso che offrire un modesto contributo “sul campo” su un tema che da anni tiene banco non solo nella convegnistica ma soprattutto nelle aule di giustizia sul quale ormai su cui ogni avvocato, anche il più riottoso dovrà confrontarsi(infatti non mi sento nella tana del lupo, ma mi sento parte di un unicum, in una sorta di koiné culturale).Indubbiamente, il fascino che la scienza esercita sul processo penale e su tutti i suoi operatori è enorme per le infinite possibilità applicative che hanno stravolto sia la fase delle indagini,sia quella della formazione e della valutazione delle prova.

Questo trend del processo che potremmo definire “panscientifico”, ha prodotto risultati indubbiamente mirabolanti e fino a qualche anno fa anche impensabili, ma ha fornito anche una narrazione rassicurante, che si è rivelata, per certi versi,anche un’illusione ottica, laddove –per un misterioso corto circuito –tutti abbiamo pensato si potesse restringere sempre di più il ruolo del giudice (oggi si parla anche di algoritmi e giustizia predittiva). L’origine di questo sentire nasce dalla convinzione della “onnipotenza della scienza”, enfatizzata dagli organi di informazione, da internet e da una certa produzione televisiva e cinematografica, che fanno mostra, quotidianamente, dei mirabolanti progressi, capaci di far fronte a tutte le incognite. Una “onnipotenza” nella quale l’uomo moderno si rifugia per placare le sue paure, la sua ansia di verità di fronte all’incognita. E preferisce una verità purchessia, possibilmente una verità talebana, piuttosto che coltivare il dubbio del possibile errore. Insomma un sistema 4.0dove macchine, formule e scienziati possono farla da padrone, tanto che, nelle aule, si assiste ad un processo di erosione quando non addirittura di espropriazione dell’attività decisionale da parte del giudice in favore di quella “tecnico-scientifica.

Ora, vi dico subito che quando le cose si vedono “sul campo”, dobbiamo prendere atto che dietro questi progressi (che sono in qualche modo inevitabili ed anche auspicabili)allignano insidie e pericoli dovuti ad una serie di fattori e, soprattutto,di possibili distorsioni pericolosissime, soprattutto quando affiancate al mito dell’infallibilità della scienza. Perché, il binomio, suggestivo, scienza/tecnica-infallibilità già comporta, come effetto perverso e velenosissimo, una deresponsabilizzazione del giudice, il quale sarà portato naturalmente ad affidarsi all’esperto e spesso sarà poco disponibile anche solo a confrontarsi su quel tema (non parlare al conducente).Ora, è indubbio che scienza e processo sono sistemi complementari, e certamente il processo deve guardare alla scienza, ma non deve sfuggire che questi vanno inquadrati nella loro essenza più intima. Ieri è stato detto che la scienza è evoluzione continua, è ricerca e non esiste un punto finale, un punto di arrivo.

Il processo è esattamente il contrario: ricerca di una verità -non assoluta -ma di una verità processuale che deve necessariamente trovare una soluzione, un punto finale, che è –appunto -la definizione della regolamentazione di un rapporto, che deve essere trovato nei tempi ragionevoli ed eventualmente, anche se non necessariamente, in chiave punitiva .Questa differenza non solo teleologica ma anche strutturale, deve in qualche modo fungere da caposaldo e deve restare sempre ben presente tra gli attori del processo, (non importa quale ruolo rivestano), deve lasciare in piedi un senso critico, quasi di sospetto rispetto alle certezze che si ritiene di aver raggiunto sul piano scientifico (vediamo con lo stub). Qualcuno ha parlato di deriva tecnicistica. Io non so se è corretto o sbagliato parlare di “deriva”, ma di certo questo tecnicismo ha prodotto un effetto che è sotto gli occhi di tutti:i processi delicati si ” giocano” oggi, interamente sulla base delle perizie e delle consulenze tecniche. Ciò ha introdotto nel processo penale elementi di distorsione: i Periti e i Consulenti tecnici vi hanno portato le divisioni e le dispute di Scuola all’interno dei tribunali,creando talvolta impasse dalle quali è complicato uscire e talaltra espropriando il Giudice dalla propria decisione. In realtà un ruolo residua: si è parlato di giudice come gate keeper, come garante del metodo scientifico. Il tema, dal mio punto di vista, non è però soltanto oggi come affrontare, come approfittare della novità scientifica senza snaturare il processo penale e senza ridurlo a fredda applicazione di algoritmi.

Sono moltissimi gli esempi, che si possono fare in concreto.

Ve ne faccio qualcuno che mi è capitato nel corso della mia professione: naturalmente si tratta di processi già definiti con sentenza passata in giudicato. La raccolta delle tracce del reato, nei processi per omicidio costituisce la fase iniziale/embrionale di un’indagine. Ed è proprio questo il momento in cui, nella maggior parte dei processi penali, si gioca la fase più delicata della partita. Questa fase è regolamentata dall’art. 354 c.p.p. che dice che “gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi non venga modificato prima dell’intervento del pubblico ministero”. Se vi è pericolo che i luoghi si alterino o si disperdano prima dell’intervento del PM, “compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose”. Se del caso, sequestrano il corpo del reato. Come vedete,è una norma che non dice nulla, e nel suo non dire nulla pone le premesse per i più grandi errori giudiziari che la storia conosce. E infatti è fuori discussione che è proprio nel sopralluogo, che più frequentemente si commettono errori, che compromettono l’accertamento della verità, che però nei tribunali viene poi presentata come “verità talebana”. Stesso discorso si potrebbe fare, per la verità, per la prova dichiarativa, dove i verbali delle sommarie informazioni testimoniali sono piene di imprecisioni, di verbalizzazioni riassuntive, privi delle domande e già perciò solo, infedeli. E tutti sappiamo quanto conti quel verbale nel recupero dibattimentale dove la prova si “dovrebbe” formare. Ma questo è un altro tema.

In questa fase, come sapete, la difesa non tocca palla!!!Intanto per l’elementare ragione che in questa fase non esiste ancora un difensore poiché non esiste un indagato: o perché non l’hanno ancora scoperto, ma soprattutto perché –se anche lo avessero già scoperto –naturalmente c’è da aspettarsi che egli non sia formalmente iscritto nel registro notizie di reato. Ebbene, sul punto, troverete giurisprudenza sedimentata che ha creato la figura del “sospettato”, diversa da quella dell’indagato, che è solo colui che formalmente è iscritto nel registro degli indagati. Non mi attardo su questa distinzione ma possiamo dire che il sospettato è un indagato di fatto, senza garanzie: un apolide.

A tacere di ciò, anche nella rarissima ipotesi in cui vi fosse un indagato, dovete sapere chele pubbliche autorità sono legittimate ad interdire a terzil’accesso ai luoghi interessati dal fatto…E lo fanno!!!Ma poi, facciamo l’ipotesi più ottimistica, anzi quella della Città del sole di Tommaso Campanella: se per ipotesi dovesse esserci già un indagato, a questo indagato fanno gli avvisi (e dicono chiamati l’avvocato), l’avvocato è lì che interviene, con chi vado io? Con il consulente portatile? E quale consulente porterò?E, talvolta, con quali soldi? Quindi è vero che esistono norme come il 391-sexiesc.p.p.(o anche il septies) che consente l’accesso ai luoghi, ma sono norme per sognatori, buone per i programmi televisivi ma nella realtà le cose non stanno quasi mai così.

Farò un esempio pratico, la prova di stub, che capita frequentemente nelle aule di giustizia, e dove c’è molta più casistica rispetto alla prova del DNA, tanto scomodata negli ultimi anni. La positività alla prova dello stub ha decretato più sentenze di condanna del tribunale di Tomàs de Torquemada.C ome molti di voi sapranno, quando c’è un procedimento in cui si utilizza un’arma da fuoco, la raccolta delle tracce da sparo è soggetta, a rapida alterazione,e quindi la PG, anche di iniziativa, esercita il potere di compiere di iniziativa i necessari “accertamenti e rilievi”, servendosi se del caso di esperti (art. 348 c.4 c.p.p.) per impedire che vadano disperse potenziali fonti di prova.Si tratta quindi di tre/quattro operazioni:a.Ricercadei residui da sparo;b.raccolta;c.conservazione (e, con riferimento ai luoghi, adozione delle misure necessarie ad impedirne la modificazione).In questa fase, regolamentata dagli art. 348 e 354 nonesistono particolari garanzie difensiveproprio per il suo carattere di immediatezza, inconciliabile con le pastoie delle garanzie. Qui capita spesso che si debba effettuare un “accertamento” anche sulla persona(la cosiddetta prova di stub), finalizzato alla ricerca di particelle cosiddette caratteristiche. Come molti sapranno, “Quando una cartuccia è sparata in un arma da fuoco, si producono particolati originati dalla deflagrazione dell’innesco e della combustione della carica di lancioche vengono rilasciati contemporaneamente nell’ambiente esterno in prossimità dell’arma”.

L’elevata temperatura consente la vaporizzazione degli elementi contenuti in talune miscele di innesco e, a determinate condizioni, anche dal proiettile e dal bossolo. Tra queste ve ne sono alcune che sono ritenute, in letteratura, “caratteristiche” dello sparo. Altre, più semplicemente, sono ritenute “indicative” dello sparo. L’unica particella che oggi si ritiene “caratteristica” è quella costituita da stifnato di piombo, nitrato di bario e trisolfato di antimonio. Le particelle che contengono questi tre elementi (con presenza contestuale di piccole quantità di altri elementi “permessi” ed assenza di altri “vietati”) vengono considerate –come dicevamo -“caratteristiche”, nel senso che “possono provenire, (ma non in modo certo ed esclusivo), dallo sparo di arma da fuoco”.

Tali particelle, fino ad una decina di anni orsono, venivano ricondotte esclusivamente allo sparo, in quanto non erano noti fenomeni di produzione diversi. Oggi, non è più così, in quanto sono state accertate cause diverse di produzione di particelle contenenti la medesima composizione (bario, piombo ed antimonio).

Vedete come si evolve la scienza?Sono state rinvenute tracce identiche e confondibili con quelle di tecno residui automobilistici(ferodi, olio esausto), elettronici, medicali, vernici, minerali (witherite, baritina, spati, etc.): sul punto, si rinvia ad uno studio del prof. Carlo Torre ed altri, “Piombo, bario ed antimonio in particelle non correlate a sparo”, in Zacchia, Anno 73° -Vol. XVIII, Serie 4° -Giugno 2000.

Ora indipendentemente dal significato non esclusivo circa la loro provenienza, il problema nasce perché le tracce residue di sparo che possono essere campionate ed individuate sui prelievi effettuati su un sospettato, ma il loro ritrovamento sulle campionature in effetti può solo dire che ci sono GSR(acronimo di Gun Shot Rèsidue), ma non può affatto certificare il come ed il perché siano giunte e ritrovate lì. Ciò in quanto il principio che governa il fenomeno è quello del deposito, diretto o per transfer. Infatti, l’eventuale ritrovamento di particelle sulla persona indiziata ha un significato polivalente, in quanto può significare che:

• Il soggetto ha sparato (deposito “diretto”)

• Il soggetto si trovava, al momento dello sparo, vicino al tiratore, al momento dello sparo (deposito “diretto”).

• Il soggetto ha maneggiato armi o altri oggetti inquinati da residui dello sparo o che entrano in contatto in ambienti inquinati e con particelle in sospensione (deposito “per transfer”);

• Il soggetto è entrato in contatto con soggetti che maneggiano armi o altri oggetti inquinati da residui dello sparo o che entrano in contatto in ambienti inquinati e con particelle in sospensione (deposito “per transfer”).

• Il soggetto è entrato innocentemente in contatto con armi che hanno sparato di recente o con oggetti o superfici fortemente contaminate da tracce di sparo (deposito “per transfer”).

Ora senza addentrarci troppo, per ragioni di tempo, su una tematica complessa ma molto interessante, dovete sapere che si uno degli strumenti più ingannevoli,perché ha notevoli limiti,perché le possibilità di trasfert innocente sono enormi e sono ipotesi tutt’altro che teoriche. Può dipendere da molti fattori ed è pressoché impossibile riuscire, a posteriori,a stabilire quale di essi abbia inciso sull’attendibilità dell’accertamento. Se si vuole fare una scala delle infinite possibilità di transfert innocente di I-GSR passate le ore previste di permanenza sul corpo di un sospettato, basta elencarne quelle più comuni e notorie.

Per i mezzi di prelievo(stubs) e per l’analitica successiva:

– a) approntamento difettoso del kit di prelievo(assenza controlli certificati);

– b) inquinamento dell’involucro esterno con transfert dall’esterno all’interno durante l’apertura o per microbrecce causanti fenomeno aspiratorio polmone oppure con forbici o taglienti inquinati;

– c) modalità di indossare i guanti, che tra l’altro sono non certificati per uso microanalitico inorganico;

– d) modalità di togliere il tappo dello stube poi di dove poggiarlo e come rimetterlo a protezione ad operazione eseguita;

– e) modalità di togliere il dischetto di carta siliconata a diretto contatto dell’adesivo;

– f) confezionamento del plico contenente la confezione del kit usata1;-g) conservazione (modalità, luogo, etc.) del plicocontenente il kit usato;

– i) il modo di aprire il plicoin sede di laboratorio d’analisi (forbici, taglienti, etc.inquinati e tra l’altro non testati..);

– l) stesso discorso dei punti –c) ; -d) di cui sopra;

– m) le manipolazioni per documentare lo stato del contenuto del plico da parte di un fotografo e di attrezzatura(locali, tavolo e stativo di ripresa, cartellini, lampade, macchine fotografiche, etc.) non testati ai fini dell’inquinamento I-GSR proveniente da operazioni precedenti su reperti balistici ;

– n) le pinze speciali utilizzate per estrarre la testa dello stub con l’adesivo, dal supporto per facilitare le manipolazioni del prelievo ,usate precedentemente per centinaia di teste di stub, senza dichiaratamente aver subito deparassitazione con ultrasuoni e poi tests in bianco di certificazione dell’assenza di I-GSR residue dei precedenti passaggi;ecc.

Per i sistemi di controllo(tests comparativi):-s) prelievo all’interno dei bossolipresuntivamente usati nel fatto criminoso o ritenuto tale, per controllare comparativamente la composizione degli I-GSR se sottoposti alla pioggia od al fango, etc, oppure mischiati alla rinfusa con altri oppure –caso peggiore di tutti ai fini dell’inutilità del prelievo –bossoli esaminati sotto il microscopio comparatore dopo averli infilati sui supporti già adoperati per migliaia di esami…importando all’interno d’essi tracce di sparo degli altri bossoli di altri casi;Per il sospettato rilevano:

– la topografia del rinvenimento(laddove un ritrovamento sulla mano non è uguale ad un ritrovamento nelle coane nasali);

– fattore tempo(molte polizie non lo fa più dopo le 4 ore, Scotland yard dopo due ore, noi lo facciamo anche dopo 12 ore)

– la possibilità di trasfert innocente è enorme, sei luoghi sono contaminati, tanto che raccomandano di non effettuare mai i prelievi nelle caserme, di non trasportare i sospettati nelle

12macchine di servizio ( a me non è mai capitato di vedere il contrario);-spesso sono contaminati gli operatori di P.G.: noi vediamo in televisione C.S.I., i R.I.S. e quanto altro, ma la realtà, quella di tutti i giorni,è spesso diversa. Gli operatori sono pochi, soprattutto nei paesi e quasi sempre sono quelli che hanno proceduto alla repertazione pochi minuti prima, oltre ad essere soggetti che vivono in luoghi contaminati;-spesso sono impreparati non fanno quello professionalmente;-spesso utilizzano kit non affidabili perché privi di certificazione;-mancato rispetto di ogni precauzione nella repertazione e nella catena di custodia(mi è capitato di assistere in un processo in cui gli abiti prelevati ed indossati il giorno dell’omicidio sono stati custoditi insieme alle scarpe: traetene voi le conseguenze).

Ora è vero che, come qualcuno ci dirà, esistono dei protocolli perché i settori della scienza ufficiale che si occupano di queste problematiche da oltre vent’anni hanno fornito e imposto rigidi protocolli ormai ampiamente consolidati ed universalmente accettati, ai quali ogni operatore dovrebbe attenersi tanto nelle fasi di prelievo e repertazione, quanto in quelle successive di ricerca, analisi ed interpretazione dei risultati. Ma chi controlla la sistematica violazione di questi protocolli?E come lo si dimostra magari a distanza di anni?

Badate, da un punto di vista normativo, questi protocolli non esistono, non sono stati normati. L’unico obbligo che grava sulla polizia giudiziaria(che interviene con urgenza) è quella di avvisare l’indagato che ha diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia e, questi, se presente, può assistere alle operazioni di prelievo (che gli deriva dal c.d. 354, 356 c.p.p. e 114 disp. att.).Il mancato avviso dà luogo a nullità di ordine generale a regime intermedio per violazione del diritto di difesa.

Ma se questa è la teoria, ben diversa è la pratica perché

– la P.G. si avvale di verbali copia ed incolla sicché se l’avviso non viene mai dato, è altrettanto vero che il soggetto firmerà in automatico tutto.

-La norma parla di persona nei cui confronti sono svolte le indagini. Ma normalmente il soggetto cui viene effettuato il prelievo è indagato?Dipende da cosa si intende per indagato(secondo la Cassazione –a larga maggioranza, per indagato si intende il soggetto formalmente iscritto nel registro indagati). Si pone la domanda: posto che il prelievo si effettua non oltre le quattro ore è mai ipotizzabile che il soggetto possa essere iscritto nel registro indagati? Si è inventata la figura del sospettato, che è un minus dell’indagato. Se si va a vedere bene il sospettato è un indagato privato delle garanzie. Al di là delle lamentele, c’è uno spazio per un’interpretazione diversa? Sì, ed è uno spazio obbligato.

Se riuscite ad uscire da questa morsa c’è poi un altro ostacolo. La tempestività dell’eccezione: qui troverete delle sentenze aberranti: va eccepita immediatamente prima del compimento dell’atto.

Da chi? Se l’avvocato non c’era?

Troverete sentenze che vi dicono che l’avvocato non c’era ma la parte cui fa riferimento la norma non era necessariamente la parte tecnica ma anche quella privata, di talché era la parte che doveva eccepirla prima del compimento dell’atto;•Qualcuno più garantista si accontenta di aspettare all’ “immediatamente dopo”. Se però considerate che tra il prelievo ed il risultato normalmente ci passa un anno, capirete quanto sia difficile che ciò accada.

La seconda fase, quella dell’apertura dei campioni e dell’ANALISI DELLE RISULTANZE E’ 359 o 360?

QUAL E’ LA DIFFERENZA TRA L’ADESIONE ALL’UNA O ALL’ALTRA TESI?

Se si aderisce all’impostazione della ripetibilità, allora si applicherà l’art. 359ed allora l’analisi avverrà all’interno del laboratorio segreto del Pubblico ministero. Se è irripetibile allora, dovranno attivarsi una serie di garanzie. Vedi art. 360c.p.p.. ma anche art. 117 disp. att.. Che si intende per atto irripetibile? sentenza Grecoss.uu. (17 ottobre 2006 e sentenza Maisto): irripetibilità non e’ un concetto predefinito, ma va riempito di volta in volta: e’ quaestio factinon quaestio iuris. Sarà quindi la scienza a dirci di volta il volta se l’accertamento sarà ripetibile o meno ed a quali condizioni. Secondo le moderne teoriche l’analisi e’ atto irripetibile perche’ la metodica e’ distruttiva, quantomeno con riferimento alle particelle organiche. Diciamo che oggi molte procure, per evitare di avere rogne a dibattimento tende a non rischiare e ad effettuare comunque gli avvisi.

E se non lo fanno? C’è una nullità per violazione del diritto di difesa?Insomma, direte voi. Sì c’è una nullità. Ma sul punto la Cassazione sette mesi fa ha detto che “in tema di accertamento tecnico irripetibile, gli avvisi di cui all’art.360 c.p.p. sono dovuti solo in presenza di consistenti sospetti di reato, sia sotto il profilo oggettivo che in ordine alla sua attribuibilità soggettiva, onde il pm qualora debba procedere ad autopsia, ha l’obbligo di dare avviso al difensore solo nel caso in cui al momento del conferimento dell’incarico al consulente sia già stata individuata la persona nei confronti della quale si procede, mentre tale obbligo non sussiste nel caso che la persona indagata sia stata individuata successivamente in esito all’espletamento delle operazioni peritali” (cass. IV 27 ottobre-18 novembre 2021 n. 42118.Poi, e solo poi, verrà il tempo in cui si potrà discutere, in aula, del valore scientifico di questa prova e del possibile tasso di errore (inteso come falso positivo) e soprattutto del significato di una positività (cioè, un soggetto positivo ha per ciò solo sparato)? Ma ha senso una discussione scientifica se io non ho alcuna garanzia nella fase di raccolta delle tracce e se questa raccolta può inficiare tutto il processo probatorio successivo?Ed a prescindere da eventuali nullità come faccio a dimostrare eventuali strafalcioni a distanza di anni?E qualora anche vi riuscissi,la prova sarà inutilizzabile? La cassazione dice di no, ha espressamente escluso la strada dell’inutilizzabilità.

In questo contesto è chiaro che in linea generale, l’avvocatura saluta sempre con piacere l’esistenza dei protocolli(siano essi veri e propri protocolli scientifici, siano linee guida, siano buone pratiche). Intanto per una questione culturale. Nella nostra formazione, di matrice illuministica, un limite ineludibile alla politica criminale è costituito da una barriera che deve proteggere il soggetto da un uso arbitrario della potestà punitiva.In quest’ottica, anche l’accusa più orrenda va perseguita entro una cornice di regole tassativamente predeterminate e di poteri razionalmente verificabili. Ora è chiaro che la codificazione di “buone prassi” investigative e peritali assolve ad una funzione di certezza giuridica, non ovviamente come definizione dei fatti perseguibili, ma rispetto all’accertamento di quei fatti. Già da molti anni, si è infatti formata fra i penalisti l’opinione secondo cui anche il contributo delle scienze extra-giuridiche alla definizione della responsabilità penale vada regolamentato e sottoposto a precisi vincoli di trasparenza e rigore metodologico.Se vogliamo uscire dal pantano, se vogliamo che davvero la difesa conservi un ruolo e che magari possa perfino avere un ruolo attivo, la strada non può che essere costituita da un obbligo, processualmente sanzionato a pena di inutilizzabilità, di rispetto di un rigido protocollo per la raccolta delle prove, che disciplini dettagliatamente le modalità di sopralluogo e un correlativo obbligo di documentazione.

Un inciso! Può ancora ritenersi sufficiente, attesa la sempre maggiore delicatezza dell’accertamento sui luoghi, il verbalino e due fotografie, come si faceva nelle caserme qualche anno fa? O magari è necessario cambiare qualcosa in termini di documentazione?

Forse dovremmo ripensare anche a questo se non vogliamo che il diritto di difesa resti, ancora una volta, nell’iperuranio. Gli avvocati non possono che volere andare in quella direzione: io non so se sia un miraggio o una carovana, ma è vero che anche i miraggi fanno muovere le carovane e noi dobbiamo andare in quella direzione».

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