Zeman, atto IV nelle cose di Foggia

by Filippo Mucciarone

Zeman è nelle cose, nell’aria della luce rafferma e più ambrata dell’estate in agosto, quando il boemo è in ritiro al torchio della sua ciurma (rossonera), e la città apparentemente facendo finta di nulla, con la lieta tranquillità in più del caso, trascorre le giornate di ferie al mare o ribolle intrepida ma con discrezione tra gli angoli semideserti della piana abitata di Foggia e del tavoliere, come si fosse nella controra perenne di un paesino dei cinque reali siti o come ugualmente a Poggio Imperiale a ridosso del Molise, ed il risultato di calma piatta ed indomita ammirazione incondizionata a suo riguardo (come presente perpetuo) tra gli adepti delle generazioni dell’epoca o succedutesi di capitanata, non cambia.

Zeman è la fondazione di Zemanlandia, personaggio delle cose e cose dei personaggi cari e a lui vicini, connubio interscambiabile senza che fattori ed addendi ne risentano poi tanto, specie con il senno di poi. Zeman è il secondo miracolo calcistico del Sud dopo lo scudetto del Napoli di Maradona, e colui che nello stesso anno di grazia 1987, mentre i partenopei si imponevano ai lustri del calcio nazionale ed internazionale, decise di buttare le basi per la sua carriera e di quella di tanti suoi allievi calciatori, svolta “nel bene e nel male” sempre ad altissimi livelli anche ovviamente in serie C1. “Pensavo che Foggia era una piazza dove in C1 venivano in diecimila quindicimila a vedere le partite, e quindi si potevano dare soddisfazioni alla gente” affermerà più in la negli anni pensando al suo arrivo a Foggia dal Licata, dove già la gente era in visibilio per lui ed il suo calcio champagne. Zeman è per tutti il maestro, ma è anche incrocio di simpatiche similitudini sportive e/o culturali “alte e basse”, di luoghi comuni o situazioni quasi poco afferenti gli ossimori. Mentre nel 1969 sceglie l’Italia come patria di adozione seguendo le orme siciliane di suo zio Vickpalek, sulla panchina del Foggia siede un certo Tommaso Maestrelli che l’anno seguente con la guida societaria del presidente Fesce porterà i rossoneri alla promozione in serie A. Zeman è la commistione un pò strabica della giostra (o giostrina) con l’orchestra, di chi per l’indole della fede pallonara è capace di negare il “tutto ed il contrario di tutto” di trapattoniana memoria. Zeman è la rinascita “del terzo ciclo”, la staffetta ideale del calcio foggiano assieme ai Casillo, da cui scuotere ed ammainare il torpore del declino che fa a tratti intravedere l’oblio. Si riparte dunque dopo il declino sportivo – fisiologico proprio dell’era Fesce, dalla coppa Durum, organizzata dalla nuova ed insediatasi dirigenza Casillo con il match apicale allo Zaccheria contro il Real Madrid, sino al crescendo “allegro ma non troppo” della promozione in serie B con mister Caramanno nel 1989. Da qui dunque, dopo Casillo, comanda sempre e comunque, testardamente con il suo credo calcistico spavaldo, spumeggiante e sobrio, Zeman. “Tutti i moduli sono buoni, dipende da come si interpretano. Il campo di calcio ha sempre le stesse misure, in tutte le categorie, e va coperto sempre nello stesso modo” afferma nella sua flemma lunatico-enigmatica. Ma Zeman è anche e soprattutto utopia, estetica grezza quanto efficace del comunicare e del bel giuoco che sopravvive alle mode, ai tempi, alle epoche. E’ “ostracismo” del contemporaneo, per dirla con Ernst Bloch, la dove la nozione di “non contemporaneità” tra popolo e massa arriva ad esemplificarsi in quello che afferma Elia Zaru in “Separare il popolo da se stesso” (Ernst Bloch e le contraddizioni del populismo)…”Fuori, dunque, da pretese sovraniste e nazional-populiste: strappare il popolo alla reazione significa rompere il nesso popolo-sovranità, ovvero separare il popolo da sé stesso”. Alla stregua dunque dell’introduzione dei “Grandi moralisti classici”, dove Giovani Macchia affermava che Essi “Nascono quando comincia a smarrirsi quella tranquilla fiducia nell’uomo, che si chiamino Macchiavelli o Montaigne (che ragiona sulla intelligenza degli animali), o l’amaro La Rochefoucauld che pur essendo più attraente del fiducioso Vauvenargues…Non per questo quest’uomo rinuncia a vagheggiare una “società perfetta”[..] Ugualmente Zdeněk Zeman da Praga potendo impersonificare il Siddharta in Hermann Hesse, asserirebbe in egual modo l’introduzione in essere ad un mondo fantastico connubio di pace ed equilibrio tra fedi e religioni diverse, diventando quel…“Der Suchende (colui che cerca), per designare quegli uomini che non si accontentano della superficie delle cose, ma d’ogni aspetto della vita vogliono ragionando cercare di andare in fondo, e rendersi conto di se stessi, del mondo, dei rapporti che tra loro e il modo intercorrono. Quel cercare che è già di per se un trovare, come disse uno tra i più illustri Cercatori come sant’Agostino: quel cercare che è in sostanza vivere nello spirito” [..] Ma Zeman dicevano, è anche geometria in azione sul campo di calcio, condita da tanta corsa e fatica. Zemanlandia è anche il primo goal in seria A di Beppe Signori al Parma di Nevio Scale e degli altrettanti “miracoli” della scintillante e ricca Pianura Padana. Come ad essere catapultati in una foto di Franco Fontana, Zemanlandia è anche sentirsi parte viva di un evento di un progetto artistico. E come una chiamata sul proscenio dello sguardo per cose che normalmente si confondono nel caos, quasi volendo equiparare Ezio Raimondi circa proprio l’apparente astrattismo di Fontana quando afferma che “sembra far rinascere il fascino dimenticato dell’evidenza”…”Faccio pulizia, estraggo alcuni elementi essenziali dalla tonalità che si presenta all’occhio umano, è una mia esigenza interiore: trovare unità armonica attraverso la cancellazione di tutti gli elementi di disturbo”[..]. Certo ora Zemanlandia, Zeman, a Foggia ed al Foggia per la rinascita si spera (l’ennesima), è Atto IV (dopo le tre precedenti panchine alla guida dei satanelli), ma è anche soprattutto, parafrasando Gigi Di Biagio da uno spezzone del docufilm Zemanlandia (appunto) di G. Sansonna, a Lui dedicato …”Un po’ come rivivere l’infanzia, il problema è che giocavi in serie A”.

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