«Per troppa vita che ho nel sangue», la storia di Antonia Pozzi

by Chiara Pasetti

Muore giovane colui ch’al ciel è caro.

Menandro

Antonia Pozzi (1912-1938) è una delle voci femminili più intense della letteratura italiana del Novecento, ma in vita non ottenne alcun riconoscimento per la sua attività poetica, non vide pubblicata nessuna delle sue limpide poesie, da lei stessa definite «asciutte e dure come i sassi e come gli ulivi, oppure vestite di veli bianchi strappati».

Tutti i suoi scritti saranno pubblicati postumi, e da pochi anni è uscita la sua opera completa, che finalmente ha avuto la sua vittoria sul tempo, come già aveva profetizzato Montale nel 1948.

Antonia nasce a Milano nel 1912. È piccola e minuta, fragilissima, tanto da rischiare di non sopravvivere. Ma la vita ha spesso le sue rivincite e Antonia cresce, diventa una bella bambina, le fotografie la ritraggono sorridente e trasognata, talora malinconica. I genitori sono il noto avvocato milanese Roberto Pozzi e la contessa Lina, figlia del conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana e di Maria Gramignola, la nonna amatissima, donna sensibile e vivace, nipote dello scrittore e intellettuale Tommaso Grossi.

Vive, dunque, in un ambiente colto e raffinato, al quale non mancano agi e comodità che sentirà sempre come un limite al suo desiderio di essenzialità, l’imposizione di un rigore formale che la sua anima libera e indipendente non riuscirà mai a comprendere e tollerare. Frequenta il Liceo Manzoni, dove conoscerà Antonio Maria Cervi, il professore di latino e greco che segnerà per sempre la sua vita, nutrendo il suo giovane cuore assetato di emozioni di aspettative e successive delusioni troppo violente da accettare.

I due vivranno un amore sofferto e fortemente contrastato dalla famiglia Pozzi, e la fine di questa relazione sarà per Antonia la fine della «vita sognata», come recita il titolo della breve raccolta di versi in cui racconta la sua disperata storia d’amore, e l’inizio della discesa verso una «vita irrimediabile», il primo passo verso il fatale destino della sua «giovinezza che non trova scampo» o meglio, come scrive Vittorio Sereni, «che non trova sfogo, sbocco, appigli, non sa a che cosa applicarsi e a che cosa tendere». Si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Statale di Milano, dove sarà amica e compagna di alcuni fra gli intellettuali, poeti e filosofi più brillanti del secolo scorso: Sereni, Cantoni, Formaggio, Paci sono solo alcune delle personalità con cui Antonia entrerà in contatto e con cui stringerà rapporti emotivamente molto coinvolgenti.

Insieme, fuori dalle aule universitarie e nei caffè di piazza sant’Alessandro, discutono di Kierkegaard, Marx, Nietzsche, Dostoevskij, Rilke, Huxley, di una cultura che conduce alla riflessione di morte, all’inadeguatezza, alla solitudine, e delle verità del mondo attraverso la crisi che ne ribalta i valori. Pozzi e Sereni si fanno interpreti, nella loro poesia, di quello stato di diffusa minaccia, di angoscia esistenziale e di bisogno di fuga nell’incanto amoroso che costituivano la vita di un giovane intellettuale dell’anteguerra.

E Antonia ha un sensuale ardore di vita, che si coglie in ogni sua poesia e fotografia, passione non meno intensa rispetto alla prima, anch’essa rivelatrice della sua anima inquieta, vibrante, romantica, affetta da una saturnina malinconia, inesorabilmente votata al naufragio, ma che non perderà mai il dominio intellettuale, la fierezza del pensiero, la nobiltà di una riflessione che la condurrà a oltrepassare il limite.

La guerra incombe sull’Europa, il fascismo mostra tutta la sua spietatezza e vara le leggi sulla censura e sulla razza, costringendo molti amici di Antonia all’esilio. La studentessa frequenta le lezioni del filosofo Banfi, che più di ogni altro diffonde i principi di una cultura libera e antidogmatica, arrivando a una filosofia della vita e dell’esperienza che non è «insegnare a morire», come voleva Montaigne, ma appartenere alla morte e alla vita con un atto di continua e sempre incompiuta ricerca.

Una vita più che vita, che va verso la forma dell’arte, di cui Antonia sente tutto il dissidio nel personaggio del Tonio Kröger di Mann. Il rapporto tra arte e vita è al centro delle meditazioni di Antonia di questi anni, che si riflettono anche nelle sue parole poetiche. A Banfi, titolare della cattedra di Estetica, chiede la tesi di laurea (anch’essa pubblicata postuma), nella quale si occuperà della formazione estetica di Flaubert dagli scritti giovanili fino agli anni della Bovary.

Continua a scrivere poesie, nonostante affermi in una lettera che «l’età delle parole è finita», ma sente crescere dentro di sé un senso di scacco non più universale ma personale. Le lettere e le poesie degli ultimi mesi della sua vita hanno tutte il rumore sordo, confuso ma atroce della tragedia imminente. Impossibile, per un’anima «assetata di assoluto», di fronte al fallimento di una vita sempre e soltanto sognata, resistere al richiamo pietoso dell’ombra. Antonia Pozzi muore suicida il 3 dicembre 1938; il suo corpo viene trovato in un prato gelato vicino all’abbazia di Chiaravalle. Aveva 26 anni.

Sempre così smisuratamente perduta ai margini della vita reale: difficilmente la vita reale mi avrà e se mi avrà sarà la fine di tutto quello che c’è di meno banale in me. […] Perché non per astratto ragionamento, ma per un’esperienza che brucia attraverso tutta la mia vita, per una adesione innata, irrevocabile, del più profondo essere, io credo alla poesia. E vivo della poesia come le vene vivono del sangue.
Antonia Pozzi, in Lettere
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Note della Redazione:

Chiara Pasetti ha dedicato molti saggi e articoli, in italiano e in francese, alla poetessa Antonia Pozzi, in particolare alla tesi di laurea di Antonia su Flaubert (all’edizione Ananke del 2013 a cura di Matteo Mario Vecchio ha collaborato redigendo un saggio bibliografico sulle fonti utilizzate dall’Autrice, ponendo l’accento sul valore di questo lavoro di tesi negli anni Trenta del Novecento, in cui nessuno studioso italiano si era ancora occupato dei testi giovanili dell’autore di Madame Bovary).

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