Pulp Fiction, il film cult di Quentin Tarantino

by Daniela Tonti

La violenza nella vita reale è così: ti trovi in un ristorante, un uomo e sua moglie stanno litigando e all’improvviso l’uomo si infuria e le pianta una forchetta in faccia. È così, folle e fumettistico ma comunque succede: ecco come la violenza irrompe irrefrenabile e lacerante all’orizzonte della tua vita quotidiana. Sono interessato all’atto, all’esplosione, alla sua conseguenza. Che cosa facciamo noi dopo? Picchiamo il tipo che ha infilzato la moglie? Li separiamo? O chiediamo i nostri soldi perché ci hanno rovinato il pranzo? Per me la violenza è un soggetto del tutto estetico.

Quentin Tarantino

Era il 1994 quando Pulp Fiction vinceva la Palma d’Oro al Festival di Cannes come migliore film in concorso facendo gridare allo scandalo per l’attribuzione del premio ad un film così violento. Venticinque anni dopo Tarantino torna su la Croisette spaccando di nuovo la critica.

Grazie a Pulp Fiction, Quentin Tarantino fu acclamato come uno dei più grandi registi della sua generazione. La sceneggiatura, le innumerevoli citazioni, la sua struttura unica, le esplosioni di violenza e il cast fantastico hanno reso questo film un capolavoro senza tempo. Dopo di che il regista realizzò il suo film più sottovalutato, Jackie Brown, e negli anni ha fatto molti grandi film come Inglourious Bastards ma Pulp Fiction è ancora considerato uno dei suoi lavori migliori che ha ispirato molti registi, alcuni dei quali hanno tentato persino di copiare il suo stile. Ovviamente senza successo.

Pulp Fiction segue la storia di diversi personaggi: l’intero film è composto da storie sovrapposte che si intrecciano tutte insieme per creare un’esperienza cinematografica unica nel suo genere.

Le storie sono liberamente ispirate alla narrativa di consumo degli anni Trenta, la narrativa Pulp.

Per pulp si intende un genere che prende il nome dalle “pulp magazine” nate in America tra il 1925 e il 1930. Le riviste erano chiamate così a causa della carta di pessima qualità che permetteva di venderle a pochissimi centesimi. Ogni rivista raccoglieva racconti dai generi più disparati dal poliziesco al western, dall’erotico a storie di gangster. La maggior parte degli autori americani più autorevoli iniziarono il loro apprendistato proprio sulle riviste pulp. Tra cui Frank Gruber, David Goodis e Charles Willeford. La più famosa era Black Mask dove Raymond Chandler scrisse una dozzina di novelle.

Nel 1939 la comparsa dei romanzi low cost e dei fumetti sancisce la fine delle riviste pulp.

Molto sono le novelle pulp trasposte al cinema in grandi produzioni di serie A come Il grande sonno di Howard Hawks,  Il Falco Maltese di John Huston o La sposa in nero di Francois Truffaut.  Ma anche registi come Arthur Penn, Francis Ford Coppola o Martin Scorsese diedero nuova linfa al genere.

Negli anni Novanta Quentin Tarantino attinge a questo universo considerato minore gli elementi che serviranno alla costituzione delle sue opere riportandolo alla luce. E lo fa insieme a registi come Peter Medak o Tamra Davis con i quali condivide “un allegro cattivo gusto e un prodigioso appetito per il buono, il cattivo e l’idiota”.

Pulp Fiction è stata definita dai critici una pellicola “a centrifuga” con una narrativa disarticolata.  Il riferimento di genere cinematografico più frequentato quando si parla dell’opera di Tarantino è il noir. Anche se bisogna sempre considerare che Tarantino è stato definito un autore de-genere ovvero un autore le cui opere presentano una alterazione totale o parziale rispetto ai limiti dei generi cinematografici. L’universo tarantiniano è fatto di molti elementi: le poetica della violenza, la temporalità,  l’uso della musica, l’estetica Pop con le influenze di Roi Lichtenstein, la strutturazione spaziale, la kenoticizzazione dei personaggi, l’impostazione  video archives fino ad arrivare a una delle cifre più riconosciute e riconoscibili ovvero le citazioni dei padri fondatori del cinema, a lui più congeniali, disseminate in ogni suo film.

Pulp Fiction ha molto del genere noir. I film appartenenti al genere hanno una progressione narrativa piuttosto disarticolata e sono caratterizzati da un uso ricorrente del flashback. Proprio Il Grande Sonno fu criticato aspramente dal pubblico che lamentava la difficoltà di seguire il filo logico delle vicende. Quentin Tarantino esaspera le ellissi temporali chiedendo allo spettatore di ricostruire mentalmente e in continuazione i fatti attraverso l’uso di brevi flashback.

Ma il noir non è il solo genere frequentato dal regista che ha dichiarato di essere stato influenzato per la realizzazione di Pulp Fiction da I tre volti della paura di Mario Bava ma anche da Diabolik sempre di Mario Bava dove il regista italiano, così come Tarantino nei suoi film, nell’adattamento del celebre fumetto non si assume nessun compito di critica o di denuncia ed è totalmente acritico nei confronti dei personaggi.

Sono tre i personaggi principali di Pulp Fiction: Vincent Vega (John Travolta), Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) e Butch Coolidge (Bruce Willis). Travolta e Jackson sono due sicari che lavorano per un uomo di successo con il nome di Marsellus (Ving Rhames). E Willis interpreta un Boxer che si ritrova in un mare di guai dopo aver ignorato un ordine di Marsellus. Nei film del passato i killer venivano tratteggiati in maniera approssimativa perché fondamentalmente erano destinati a morire. Nei film di Tarantino i gangster invece sono tratteggiati con estrema cura. Anche la scelta di mostrare per un’ora e trenta minuti solo la nuca è stata fatta per fare di lui una figura quasi mitologica. Tarantino mette insieme un cast eccellente che crea personaggi incredibili tra cui Uma Thurman e Christopher Walken. E ritaglia per sé un piccolo ruolo in una delle scene più divertenti e migliori di Pulp Fiction.

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