I figli della Madonna e le scarpette della Vergine

by Eugenio D'Amico

“A Mamma chiatta” per i napoletani è la statua della Madonna dei Repentiti, una antica scultura della Vergine che mostra suo Figlio, scolpita in un unico pezzo di legno di quercia da un ignoto artista napoletano del 1300 e custodita nella Basilica dell’Annunziata, a ridosso di Forcella. La chiesa faceva parte del complesso della Casa Santa dell’Annunziata che fin dagli inizi del 1300 accoglieva e assisteva i neonati abbandonati e le ragazze povere o senza famiglia. Proprio la missione della Casa Santa spiega il curioso appellativo dato alla statua: a Napoli la balia che dava il suo latte ai figli di donne che non potevano (o non volevano) allattare era chiamata “’a mamma chiatta”, con evidente riferimento all’aspetto prosperoso delle balie, e la Madonna dell’Annunziata, dunque, era ’a mamma chiatta, l’amorevole balia che si sostituiva alle mamme dei bambini abbandonati che erano accolti nell’istituzione a lei dedicata.

“Mamma d’‘a Nunziata, Mamma d’‘e creature, nuji simmo figlie a Vvuje: venitece ‘ajutà” cantavano i bambini accolti nel brefotrofio. Erano bambini abbandonati ancora in fasce perché nati in famiglie troppo povere per poterli allevare o, più spesso, perché, nati fuori del matrimonio erano “figli della colpa”; di notte, attraverso la piccolissima finestrella ancora oggi visibile a sinistra dell’arco cinquecentesco d’ingresso dell’antico edificio che accoglie l’ospedale, qualcuno, più spesso proprio la madre, li adagiava furtivamente nella “ruota degli esposti”. Lo squillo di una campanella avvisava della deposizione, e, mentre la madre si allontanava nel buio, curva sotto la sua pena, la ruota era fatta girare dalle suore o dalle balie che vegliavano nella stanza all’altro lato del muro e il bambino era accolto nel brefotrofio. Da quel momento per la gente del popolo da “jttatiello”, cioè “gettatello” “piccolo buttato via”, diventava un “figlio della Madonna”, quasi che il passaggio attraverso la ruota determinasse una nuova condizione e la protezione della Madre di Dio comportasse come conseguenza l‘accettazione pietosa e senza pregiudizio di quello che era stato spesso frutto del peccato.

La ruota degli esposti

La Casa Santa dell’Annunziata, nacque agli inizi del1300 per volontà di due nobiluomini napoletani che a scioglimento di un voto alla Madonna dell’Annunciazione, fondarono una confraternita per la tutela dei minori e dei fanciulli poveri e abbandonati. L’opera meritoria, anche grazie alla protezione di tutti i sovrani napoletani a cominciare dalla pia regina Sancha di Majorca, seconda moglie di Roberto d’Angiò, assunse la veste giuridica di Real Casa Santa dell’Annunziata e crebbe e prosperò fino a comprendere la chiesa, un convento, un orfanotrofio, un ricovero per le ragazze povere o senza famiglia e un ospedale.

I bambini accolti erano battezzati e si dava loro un nome e un cognome che spesso si riferiva alla loro condizione di esposti, come erano definiti nel linguaggio burocratico i bambini abbandonati, e questa è la ragione per cui a Napoli il cognome Esposito è diffusissimo, e poiché non si disperava che, mutate le condizioni che avevano portato all’abbandono, essi fossero riconosciuti dai genitori, al loro collo era appeso il ”merco”, una medaglia di piombo che sul recto portava l’immagine della Madonna dei Repentiti e sul verso i riferimenti che permettevano di risalire alle annotazioni che avrebbero permesso un eventuale futuro riconoscimento.

Queste annotazioni dal 1650 in poi furono riportate in appositi registri nei quali si segnavano il giorno e l’ora di ingresso, l’età e i lineamenti del piccolo, e gli eventuali segni distintivi – abiti, biglietti, medaglie e l’ammontare delle piccole doti che talvolta erano lasciate nelle fasce a significare che l’illegittimità del neonato e non la povertà della madre era ragione dell’abbandono – con i quali era stato consegnato e grazie ai quali chi lo aveva abbandonato pensava di poterlo ritrovare e riprendere in tempi di miglior fortuna.

Come ricorda la lapide che ora chiude quello che fu l’accesso alla ruota, essa fu chiusa il 27 giugno del 1875, e tuttavia per molti anni ancora madri sventurate di notte furtivamente continuarono a lasciare i figli della colpa sui gradini della chiesa affidandoli prima ancora che alla carità degli uomini alla protezione della Vergine.

Il complesso dell’Annunziata era caro ai napoletani che seguivano con affetto i piccoli in esso ricoverati; il 25 marzo, giorno in cui cade la festa dell’Annunciazione, la gente era ammessa a visitare il brefotrofio e certamente tra la folla che portava doni ai bambini, vestiti, dolciumi o giocattoli, si nascondeva più di una madre che sperava di riconoscere qualche tratto noto nei volti dei bambini ricoverati.

Oggi del complesso resta l’ormai semiabbandonato Convento delle suore, l’antico Ospedale che da oltre seicento anni si occupa della cura e dell’assistenza alle donne e ai bambini e la Basilica dell’Annunziata Maggiore, ricostruita dai Vanvitelli padre e figlio dopo l’incendio che nel 1757 distrusse la chiesa cinquecentesca.

Ma resta soprattutto il legame dei napoletani con l’antica istituzione e la loro devozione alla Madonna Assunta protettrice dei bambini per cui ancor oggi, soprattutto nel giorno dell’Assunta la chiesa si riempie di fedeli in preghiera.

E tra le preghiere non può certamente mancare quella alla “Madonna delle scarpette”. E’ questa una statua della Madonna dell’Annunziata, con gli arti snodabili e le fattezze di una bellissima bambola di porcellana dai lunghi capelli biondi, che sono veri, donati dalle donne del quartiere, originariamente custodita nella chiesetta delle suore al primo piano del convento, ma esposta ai fedeli due volte all’anno, il giorno dell’Annunziata, posizionata in ginocchio in ascolto dell’annuncio dell’Arcangelo Gabriele, e per la festa dell’Annunciazione, sistemata nella classica raffigurazione della Dormitio Virginis che precedette l’ascesa al cielo della Vergine.

In questo giorno vi è ancora oggi la consuetudine, legata ad una gentile leggenda, di sostituire le scarpine di raso della Madonna le cui suole appaiono consumate perchè, come afferma la voce popolare, di notte, quando tutti dormono, la Madonna lascia la chiesa per visitare i bambini ricoverati nell’ospedale pediatrico fermandosi a vegliare accanto alle culle ed ai lettini dei piccoli. Così almeno dicono le donne del quartiere che sono pronte a giurare che le scarpe si consumano veramente e, se vi mostrate scettici, vi narrano storie straordinarie che hanno per protagonista la dolce statua dalle ricche vesti di broccato e dalle scarpette consumate.  Con voce commossa vi diranno di bambini ricoverati nell’ospedale che raccontano di aver visto nel dormiveglia una dolce signora con lunghi riccioli biondi avvicinarsi sorridendo al lettino per accarezzarli; o vi ripeteranno la storia del medico che una notte, mentre faceva il giro delle corsie sentì una dolce voce femminile che lo chiamava per nome e seguendo quella voce giunse davanti ad una culla dove si accorse di un neonato già cianotico che senza il suo provvidenziale intervento sarebbe morto soffocato; o ancora di quando una suora di servizio notturno nell’ospedale fu provvidenzialmente svegliata da qualcuno che la tirava per un braccio e, avvertendo puzza di bruciato provenire da un’incubatrice, accorse giusto in tempo per salvare dalle fiamme un bambino… Sono storie nate dalla fervida fantasia dei napoletani, testimonianze senza riscontro che nessun canonico della Basilica vorrà mai avallare ma che, bisbigliate davanti alla dolce statua o raccontate all’uscita dalla chiesa al turista che si è avventurato per i vicoli a ridosso di Forcella, affermano la grande fede di chi prega la Vergine della Nunziata e, toccando le scarpette dismesse chiede una grazia…

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