Il conflitto tra individuo e società, che Eduardo affida a “Uomo e galantuomo”

by Germana Zappatore

Con Uomo e galantuomo, commedia in tre atti del 1922, Eduardo mette in scena “la debolezza e la miseria umana” che emergono dal “dissidio tra la realtà delle passioni umane e la necessità delle convenzioni sociali” .

Protagonisti sono Gennaro, capocomico di una compagnia di poveri guitti con la quale vive in un albergo arrangiandosi come può, e il giovane benestante suo amico Alberto che scoperta l’abitazione della sua amata Bice vi si presenta per chiederne la mano. Ma la donna è già sposata con il Conte Carlo Tolentano, e Alberto per non comprometterne la onorabilità della donna, si finge pazzo. In commissariato si scoprono le carte: la finta pazzia di Alberto viene smascherata, ma il marito di Bice costringe il giovane a continuare la messinscena della follia sotto la minaccia di un colpo di fucile (atto necessario per salvare l’onore della famiglia).

Nel frattempo si viene a sapere che il tradimento della donna è stata una ripicca nei confronti del marito che a sua volta aveva una amante. Vistosi scoperto, anche il conte simula la pazzia. A loro si aggiunge ben presto il guitto Gennaro che ricorre all’espediente della follia per non pagare l’albergatore.

Secondo Anna Barsotti, con l’incastro fra intrigo galante (vaudeville) e uno scenario di miseria pittoresca, Eduardo ha reso Uomo e galantuomo una commedia scarpettiana (la paragona alla celeberrima Miseria e nobiltà) più che pirandelliana.
Ma c’è una differenza molto importante. Se in Miseria e nobiltà tutto era costruito con i toni della burla, nella commedia eduardiana affiorano toni seri: non soltanto perché il marito di Bice si mostra quale degno rappresentante di una “umanità ipocrita che si rifugia nella pazzia pur di evitare le difficoltà di un rapporto sincero” , ma soprattutto perché il motore dell’azione principale è una morale da salvare che dà un aspetto vagamente pirandelliano alla follia simulata di Alberto (il 1922 è anche l’anno dell’Enrico IV di Pirandello, mentre nel 1917 è andata in scena la versione siciliana de Il berretto a sonagli) .

A darci questa chiave di lettura è proprio il marito di Bice che nel terzo atto parla ad Alberto di ‘onore’ e ‘necessità’.

(…) Oggi tutti vi credono pazzo, dunque il mio onore è salvo (…). Grazie alla vostra geniale trovata, lo scandalo non è avvenuto. Ed era quello soprattutto che mi spaventava. Voi non troverete onesta questa mia soluzione, potreste però comprenderne la necessità occupando io il posto che occupo in società (…).

È però anche vero che Eduardo va oltre Pirandello quando dà alla commedia un carattere biografico. Gennaro che si finge pazzo per non pagare l’albergo è, infatti, l’incarnazione di quella categoria di poveri attori chiamati guitti che sono pronti a tutto per vivere, anche a fingersi pazzi per sfuggire alla fame.

Germana Zappatore

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