La Capitanata, capitale e terra del cotone negli anni Cinquanta

by redazione

Per la trasformazione della coltura del cotone, le zone interessate erano a fine degli anni ’50, la Sicilia, la Puglia, l’Agro Pontino, la Maremma ed in modo speciale, le nuove piccole proprietà contadine.

Secondo l’Interpress la coltivazione era limitata a settemila ettari e si arrivò a 60.000 ettari utilizzando poi mano d’opera agricola in maniera permanente e nello stesso tempo diminuì in parte l’esodo di valuta in quanto si ridusse molto l’importazione dall’estero quasi tutto il fabbisogno di fibra.

Si proposero gli ispettori agrari sollecitando le nuove tecniche per la coltivazione del cotone conseguendo una migliore quantità e qualità del prodotto. La ricerca delle sementi adatte al clima particolare della zona d’interesse era stata sperimentata dalla stazione agraria sperimentale di Bari, individuando quattro tipi di semi adatti alle nostre colture: il “Cocker 100” di origine americana, “il “Deltapine” e poi altre due varietà, la numero “1298” e la numero “1306” di origine russa, razze a ciclo biologico più breve e a raccolto concentrato.

Dai raccolti realizzati fu trattato un seme particolarmente idoneo al nostro clima e ai nostri terreni adatti alla coltivazione del cotone.
Foggia raggiunse presto il secondo posto nella graduatoria nazionale dopo Agrigento. La Sasi un’agenzia autorevole romana segnalò la sensibile variazione negli investimenti del cotone sul territorio nazionale e comunicò che mentre la Sicilia dai 48.200 ettari coltivati a cotone nel 1955 scese a 30.000 ettari nel 1958, nel Foggiano invece, dai 500 ettari del 1958 si passò a 4160 nel 1959 e la produzione aumentò dagli 85.000 Kg del 1950, a 1.850.000 Kg. del 1958 diventando la capitale del cotone.

Ettore Braglia

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