L’abate Galiani, economista e appassionato ammiratore di attrici di teatro

by Carmine de Leo

Una delle famiglie foggiane più in vista nel XVIII° secolo fu quella dei Galiani, che ebbero dimora gentilizia nell’antica piazza Reale, oggi XX Settembre.

Il loro palazzo, distrutto quasi completamente dal terremoto che colpì Foggia nel 1731, fu acquistato poi dalla famiglia Battipaglia, in seguito passò ai Filiasi, casato di commercianti di origine veneta e consoli della Repubblica di Venezia a Foggia; oggi l’edificio è sede degli uffici amministrativi dell’Archivio di Stato.

Matteo Galiani, fratello del famoso Mons. Celestino Galiani, operò per un cento tempo presso la Regia Udienza di Chieti e qui nel 1728 nacque il futuro abate Ferdinando, che restò però sempre legato a Foggia, ove, peraltro si ritirò verso il 1785 per motivi di salute.

Il giovane, affidato alle cure dello zio monsignor Celestino, ebbe modo di completare i suoi studi in Napoli ed affermarsi a soli 22  anni con una pubblicazione: Della Moneta, che gli valse subito sicura fama tra gli studiosi di economia.

Cesare Cantù, grande letterato e storico delle vicende italiane, nella sua  Storia di cento anni (1750-1850) così scrive su Ferdinando Galiani di Foggia… misto di Macchiavello e d’Aretino, secondo le idee di Locke trattò… sulla libertà delle monete e de’ grani, combattendo l’individualismo degli economisti.

Dopo alcune ristampe del suo volume ed il successo ottenuto, l’abate Ferdinando Galiani fu nominato segretario presso l’ambasciata del Regno di Napoli a Parigi.

Nella capitale francese, come ebbe modo di scrivere il famoso illuminista Denis Diderot: col gentile abate entrarono la gaiezza, l’immaginazione, lo spirito… tutto ciò che fa dimenticare i fastidi della vita.

A Parigi, infatti, Ferdinando Galiani conquistò subito la simpatia dei migliori salotti e condusse vita da bohèmien.

Il nostro abate passava infatti le sue giornale in udienze e cacce reali, nei teatri e nei salotti delle nobildonne del tempo; soprattutto quelli tenuti dalla dame di casa Necker, dalla Gèoffrin e dalla duchessa de Choiseul.

 Tra i vari salotti letterari, frequenterà soprattutto la casa di quella che diverrà una sua diletta amica, la scrittrice Louise d’Epinay, con cui terrà una fittissima corrispondenza.

Il salotto della Epinay era frequentato nel Settecento dai più famosi letterati del tempo, come Jean-Jacques Rousseau, Voltaire, Denis Diderot, Jean-Baptiste Le Rond detto  D’Alembert e Melchior Grimm, la cima delle intelligenze illuministe d’Europa.

A queste dotte frequentazioni l’abate Ferdinando Galiani associava anche quelle di attrici di teatro, che erano a volte più entreneuse che attrici, come si ricava dalla sua copiosa corrispondenza a noi pervenuta.

Dopo un decennio a Parigi, dal 1759 al 1769, molto a malincuore, dovette tornare a Napoli per ordine della corte Borbonica.

Nella capitale Partenopea rivestì alti incarichi istituzionali, tra cui quello di segretario del Supremo Tribunale di Commercio, magistratura speciale con competenze appunto nel campo commerciale.

A Napoli, l’abate, seppur rattristato dall’aver dovuto lasciare Parigi ed i suoi salotti, non disdegnò la vita da libertino e frequentava assiduamente i teatri della sua città ed attori ed attrici.

Quest’ultime, come traspare dalle sue lettere a Marzio Marzilli, marchese e poi duca di Gallo, diplomatico dei Borboni in Torino e Milano, invitava a Napoli un po’ da tutt’Italia per la gioia degli impresari napoletani.

Spesso la bellezza e la disponibilità di queste belles femmes  compensavano, con buona pace di tutti, la loro poco bravura come attrici 

Le loro licenziose grazie della scena buffa , infatti, attiravano gli applausi del pubblico più della loro effettiva bravuta !

Certamente, la condizione di ecclesiastico dell’anate Ferdinando  Galiani gli avrebbe permesso di dedicare alle belle attrici solo una serie di calorosi applausi !

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