L’incredibile storia di Vincenzo Lanza, il principe dei medici partenopei

by redazione

Negli aneddoti storici lo si vede intento a studiare un librone di Medicina al mercatino di Piazza Dante a Napoli sfogliandone una pagina al giorno, lui che era invece, per il desiderio paterno, stato indotto a seguire gli studi di Legge. Non avendo i soldi per acquistare il libro ogni giorno ne studiava una pagina fino a che il libraio, accortosi dello stratagemma, non lo cacciò via in malo modo. 

La storia di Vincenzo Lanza, nato nel capoluogo della Daunia, l’8 maggio del 1784, da genitori di umili origini, Filippo e Rachele Fiore, al servizio della famiglia Saggese, ha qualcosa di magico e seducente. Eppure a Foggia e nel Mezzogiorno d’Italia, fatta eccezione per il busto in Villa Comunale ricoperto di muffa verde e solo di recente restaurato grazie all’iniziativa privata del Gruppo Telesforo e per il Liceo Classico a lui intitolato, la sua figura è pressoché sbiadita e assai poco conosciuta. 

Le sue vicende professionali invece nell’Ottocento erano leggendarie e passavano attraverso l’insegnamento della Medicina presso l’Università di Napoli e la pubblicazione di alcuni testi fondamentali sulla materia. A Lanza non mancò mai né l’intuito né l’audacia, combinate a un forte senso dell’ironia e a una determinazione che gli veniva dai suoi umili natali. Da giovanissimo fu preso a ben volere dal “padrone” al cui servizio erano i suoi genitori che decise di pagargli gli studi in legge a Napoli.

Ma Lanza non terminò mai quegli studi, la sua vocazione era un’altra ed era talmente forte da riuscire a convincere anche il suo benefattore.  Si formò alla scuola di illustri maestri, tra i quali l’anatomista Domenico Cotugno e il clinico Antonio Villari, presso l’ospedale degli Incurabili. Subito dopo la laurea, nel 1808 riuscì ad attivare un insegnamento privato di clinica medica presso l’ospedale della Pace (il primo in un ospedale napoletano), divenendone lettore. Ottenuta anche l’autorizzazione all’insegnamento privato presso la propria abitazione, Lanza divenne subito famoso e la sua reputazione iniziò a precederlo ovunque andasse. 

La statua di Vincenzo Lanza nella sua città natale, prima e dopo il restauro ad opera del Gruppo Telesforo

Il successo e il riconoscimento nel mondo scientifico fu talmente grande che nel 1845 Lanza venne scelto per presiedere la sessione di Medicina del VII Congresso degli scienziati italiani che si stava svolgendo a Napoli. Era ritenuto il principe dei medici partenopei e i nobili facevano a gara ad accaparrarsi i suoi consulti. 

La nuova visione della medicina

“La medicina non può conseguire certezze e fede se non col consentimento universale, il quale non può venire in altro modo che con la reciproca comunicazione delle idee”, disse nella sua brillante relazione nella quale enfatizzava il ruolo insostituibile dell’anatomia patologica nella patologia e nella clinica, facendo trasparire le sue idee liberali, che già si erano manifestate con forti sentimenti di unità nazionale. 

Lanza fu un antesignano dei moderni medici imprenditori della sanità privata laddove le condizioni dei servizi pubblici destinati per lo più alle persone indigenti erano drammatiche. La moderna medicina come la intendiamo noi oggi non esisteva e l’ospedale era considerato – complice anche la diffidenza e la superstizione –  un luogo in cui si andava a morire e sì, che i tassi di mortalità raggiungevano vette inenarrabili. Ma soprattutto negli ospedali pubblici non c’era spazio per la sperimentazione e l’elaborazione di nuove ricerche scientifiche. 

Con decreto del ministero dell’Interno del 5 febbraio del 1817 la sua clinica privata divenne pubblica col nome di Clinica dei nuovi sperimenti. Convinto assertore del metodo anatomo-clinico, Lanza nello stesso 1817 chiamò nella nuova clinica il morfologo e naturalista S. Delle Chiaie, ottenendone la nomina a “settore anatomico”. 

Completamente dedito all’insegnamento e alla clinica, studioso in particolare delle malattie infettive non temeva minimamente il contagio, ponendosi in prima linea nell’epidemia di colera che colpì violentemente Napoli tra il 1836 e il 1837 per la quale fece parte di diverse commissioni istituite per fronteggiare il diffondersi del morbo. 

La sua concezione dell’esercizio della pratica medica, che chiamò “epiteoretica”, era basata sulla ricerca e sull’interpretazione logica dei fatti la cui realtà fosse dimostrata dall’osservazione e dall’esperienza, e accettabili solo se svincolati dagli indirizzi dogmatici. Tale metodo, che definì “positivismo medico” o “empirismo ragionato”, rigettando qualsiasi considerazione di deduzioni ipotetiche, esigeva lo studio attento del malato, l’accurata ricerca dei vari segni e sintomi, la loro interpretazione alla luce della ragione e delle conoscenze anatomo-patologiche.

L’impegno civile

Lanza proveniva dal popolo e sapeva comunicare col popolo, una capacità che lo portò ad entrare nei tumulti politici. Dopo l’emanazione dello Statuto da parte di Ferdinando II e le successive elezioni si trovò a sedere come deputato nel Parlamento Nazionale, eletto deputato al Parlamento del Regno delle Due Sicilie il 18 aprile 1848 e ad essere nominato alla Vicepresidenza della Camera, occasione che lo indusse a confrontarsi con fermezza col Ministro Conforti, si trovò direttamente coinvolto nelle vicende politiche del maggio-giugno dello stesso anno, nei moti del 1848. 

Fuggito a Roma l’8 luglio 1848, riparò successivamente nel Regno di Sardegna, stabilendosi a Genova. Il 20 agosto 1853 la Gran Corte criminale di Napoli lo condannava, contumace, alla pena di morte. A Genova Lanza ebbe modo di impegnarsi in prima linea durante l’epidemia di colera del 1854-55. Dopo la concessione della grazia ottenuta da Ferdinando II il 19 agosto, poté tornare a Napoli, dove era rimasta la sua famiglia. 

Guardato con sospetto dalle autorità, anche se non riuscì a essere reintegrato nei ruoli universitari ,conservò comunque intatta la sua formidabile reputazione di grandissimo medico.

La visita al Re

Nel 1859, quando il re tornò malato da un viaggio effettuato in Puglia, fu chiamato a consulto al suo capezzale. Si racconta che la visita avvenne al di là della porta, poiché non era consentito a un ribelle avvicinarsi al sovrano. Fatto sta che la prescrizione di Lanza al re e cioè di assumere latte materno non fu seguita e il re morì. E così nacque la leggenda che il re morì perché non aveva seguito i consigli di Vincenzo Lanza. Ma siccome le cronache ci riferiscono che il medico aveva un grande senso dell’ironia e gli piaceva scherzare non si sa quanto in questa leggenda ci sia di vero. Probabilmente sarebbe morto comunque o il latte materno, che contiene molte sostanze e anticorpi, avrebbe potuto salvargli la vita.  Fatto sta che questo episodio contribuì ad alimentarne la leggenda.

Foggia e Vincenzo Lanza

 

Di parenti umilissimi per sola forza d’ingegno e di studi si levò a nosologo e clinico. Non più agguagliato presidente della sua facoltà nel congresso scientifico del XLV e deputato nel XLVIII esulò condannato nel capo con indignazione unica dell’universale.

In queste parole scritte sullo splendido monumento che Foggia eresse in mezzo ad una delle sue piazze, si compendia tutta la vita di Lanza, racchiusa nelle sue Lezioni, negli Aforismi e nelle Istituzioni di clinica medica o anche negli Elementi di medicina pratica. Mostrò sempre la sua indipendenza dentro la cornice delle antiche dottrine. In una sua prolusione invitò al retto uso dell’analisi e della critica nello studio della medicina, proponendo di rimaner lontani da qualsivoglia sistema e combattere ad oltranza il cieco empirismo. 

Come si sa si sono festeggiati nel 2018 i 150 anni del Liceo Lanza, fondato dopo le ultime riforme del Regno e intitolato appunto all’illustre concittadino, che scrive Ferdinando Villani ne “La Nuova Arpi”, “l’Italia riverirà sempre come uno dei valorosi cultori delle scienze mediche”. Sempre nell’opera di Villani si legge:

Foggia profondeva circa centossentasettemila lire all’anno delle sue rendite a scopo di pubblica istruzione per il Liceo Lanza e per il Convitto per le classi tecniche, per le scuole elementari e per l’istituto delle civili fanciulle. C’erano anche gli asili dell’infanzia e le scuole magistrali. Il Liceo Lanza fu “pareggiato” agli altri regi Licei per gli studi e gli esami con decreto del 24 settembre del 1975, la gioventù foggiana trasse subito profitto dalle pubbliche discipline e dalle tante scuole che concorsero efficacemente all’istruzione di ogni classe.

Classi che fino ad oggi accompagnano gli anni più belli della loro vita, l’adolescenza studiosa, ribelle o mite, al nome di Vincenzo Lanza.

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