Lo scandalo delle monache scappate con i marinai

by Carmine de Leo

Molto spesso leggendo antichi e polverosi manoscritti, tra grafie incerte e quasi sbiadite non è difficile ritrovare particolari vicende del passato che ci meravigliano per la loro singolarità.

Soprattutto scandali, considerati almeno tali per quelle epoche, fatti e vicende di cui oggi non ci meravigliamo più di tanto!

Uno di questi episodi emersi da vecchie cronache manoscritte settecentesche è quello che si riferisce a due monache di clausura dell’antico monastero barlettano di Santa Chiara, oggi sconsacrato e sede di un istituto scolastico.

Nei lunghi corridoi oggi percorsi da chiassose frotte di studenti, un tempo, almeno fino alla soppressione ottocentesca del monastero, passeggiavano silenziose le converse.

Quest’ultime erano povere ragazze, povere certamente non di censo, ma di fortuna, perché donne e secondogenite dei maggiori casati nobiliari pugliesi.

Infatti, le famiglie gentilizie, al fine di salvaguardare e mantenere intatto il patrimonio familiare, che veniva in tal modo ereditato interamente dal primogenito, costringevano gli altri figli ad intraprendere la carriera militare, oppure quella ecclesiastica.

La chiesa ed i conventi erano soprattutto la destinazione delle sfortunate fanciulle.

Quest’ultime, ancora adolescenti, venivano rinchiuse nei conventi, prima che potessero conoscere il mondo e le sue tentazioni!

Le ragazze vivevano ignare tra le prigioni dorate dei monasteri di clausura, ma a volte, il diavolo, sempre in agguato in cerca di anime da catturare, ci metteva lo zampino.

Uno degli scandali più clamorosi avvenne nella metà del Settecento, nell’estate del 1748, nella cittadina di Barletta, noto porto pugliese molto frequentato.

Alcuni marinai, insieme a due monachelle del convento di clausura di Santa Chiara furono i protagonisti dello scandalo.

Le monache, suor Maria Carlotta, figlia del famoso giureconsulto barlettano Niccolò Fraggianni, alto magistrato del Regno di Napoli, e suor Maria Nicoletta, nipote dell’ Arciprete Abbate, riusciranno a fuggire nottetempo dalla clausura del loro monastero e ad imbarcarsi su un piccolo veliero di un capitano biscegliese, Francesco Stangarone, che le condusse nelle Marche, a Senigallia.

Da questo porto mediterraneo le due suore raggiunsero in seguito la Croazia e la città di Fiume, ove chiesero asilo a un locale monastero.

Intanto, la madre superiora del convento barlettano di Santa Chiara, messa a conoscenza della fuga delle due converse, avvisò subito l’autorità giudiziaria.

La notizia dell’incresciosa fuga si diffuse presto e grande fu lo scandalo, anche perché le due suorine appartenevano a note ed altolocate famiglie pugliesi; a ciò si aggiunse anche la preoccupazione che questa fuga venisse emulata da altre suore insofferenti della loro condizione.

Pertanto, l’autorità giudiziaria fece eseguire subito degli accertamenti presso il porto di Barletta e venne a conoscenza che, proprio la notte della fuga delle due monachelle ,era salpato per Senigallia un piccolo veliero di proprietà dello Stangarone, che fu subito arrestato insieme a tutto il suo equipaggio e condotto nelle carceri di Trani.

Insieme allo Starangone furono arrestate anche la moglie ed una servetta della sua casa, perché considerate complici della fuga delle due suore dal convento.

Interrogati i marina prima di essere giudicati dalla Corte Criminale di Trani, confessarono di aver condotto le due suorine a Senigallia, ove erano sbarcate compensando il proprietario della barca con alcuni ducati.

Con altro naviglio, da Senigallia, le due suore avevano proseguito poi per il porto di Fiume.

Al fine di porre subito fine allo scandalo provocato da questa fuga, il Mastro d’Atti del Tribunale di Trani fu spedito immediatamente in Croazia con una feluca, piccolo veliero a due alberi, per riportare in patria le due irrequiete monachelle.

Tornate in Italia, furono presto separate e rinchiuse rispettivamente: suor Maria Carlotta Fraggiani in un monastero di Mola di Bari e suor Maria Nicoletta Abbate in uno di Corato.

Prima del loro trasferimento verso queste nuove destinazioni le due consorelle furono interrogate dal luogotenente Saverio Queralt sulle ragioni della loro fuga e se avessero avuto altri complici oltre al proprietario della barca e il suo equipaggio.

Le monachelle confessarono che, avendo a disposizione una piccola somma di denaro, avevano pensato bene di utilizzarla per fuggire dal monastero barlettano di Santa Chiara al fine di sottrarsi alla severità ed alle continue vessazioni messe in atto dalla loro madre superiora!

La notizia dello scandalo si era intanto diffusa per tutto l’antico Regno di Napoli e era giunta alle orecchie del re, che per porre fine anche alle dicerie che la fantasia popolare aveva ricamato su questo episodio, ovvero che tra le suorine ed i marinai durante il viaggio vi era stata anche troppa… confidenza, pensò bene di porre subito termine alla scandalosa vicenda, ordinando il sequestro dell’imbarcazione, l’esilio del suo proprietario nella lontana isola di Lipari e la scarcerazione dell’equipaggio perché aveva solo eseguito gli ordini del proprietario della barca.

Il dispaccio reale ordinava anche esplicitamente: di questo fatto non se ne parli più sotto pena della vita!

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