Non date la rucola ai monaci! Le strane disposizioni sulla vendita nel Regno di Napoli

by Carmine de Leo

Già nell’antichità si era a conoscenza che la rucola, o ruchetta, il cui nome latino era eruca sativa, aveva caratteristiche afrodisiache e la sua coltivazione era protetta proprio dal dio pagano della virilità Priapo, le cui statue falliche a volte troneggiavano nei campi di rucola.

Il dio pagano Piapo era considerato nell’antichità figlio della dea Afrodite e di Dionisio, secondo altre fonti di Afrodite ed altri dei, quali Ares, Ermes e lo stesso Zeus, o Giove, padre di tutti gli dei dell’Olimpo e fu proprio la moglie di quest’ultimo che, per vendicarsi, fece nascere il figlio della relazione adulterina tra Afrodite e Zeus con un elefantismo dell’organo sessuale.

Simboli fallici del dio Priapo venivano usati, almeno fino al medioevo, come cippi per delimitare i confini dei terreni coltivati.

Tornando alla nostra rucola, dall’aspetto innocui, ma dalle proprietà molto efficaci! Oggi questa verdura non è più coltivata in maniera sistematica, ma raccolta ai bordi dei campi, oppure nei terreni incolti.

Già alcuni noti autori classici, come tra i primi il medico e botanico greco Dioscoride Pedanio, affermavano che la rucola, mangiata cruda, risvegliava Venere.

Considerazione confermata dal Lucio G.M. Columella, scrittore ed agronomo di epoca romana, che riporta nelle sue opere come la rucola ha la capacità di risvegliare i mariti pigri.

Mentre il grande poeta classico Publio Ovidio Nasone, tanto per restare in tema, nella sua opera Ars Amatoria, indica la rucola come un’erba lussuriosa, ovvero eruca salax.

Ancora, nel Rinascimento, un noto erborista, Mattia de Lobel, riferiva che i frati di un grande monastero abbandonarono in massa il voto di castità dopo aver bevuto alcuni bicchieri di un liquore a base di rucola.

Un tempo non vi erano i farmaci moderni e quei pochi che esistevano, avevano prezzi davvero proibitivi; pertanto, i molti poveri e diseredati presenti nelle città italiane si curavano esclusivamente con le erbe.

Queste, fino ai primi anni dell’Ottocento, venivano materialmente e senza alcuna spesa raccolte nelle vaste campagne che circondavano le periferie delle città, non era quindi molto difficile trovare la rucola e raccoglierla perché davvero a portata di mano.

 La rucola, comunque, insieme ad altri prodotti della terra, si vendeva negli antichi mercati chiamati appunto: delle erbe.

Uno di questi mercati delle erbe si svolgeva ogni giorno nella città di Foggia, nelle Puglie, prima della costruzione del Teatro, in uno slargo situato a ridosso della chiesetta dedicata a San Rocco.

La rucola, come tante altre erbe, ha in realtà notevoli proprietà curative, tra esse ne menzioniamo solo alcune: favorisce la digestione, cura la debolezza, è ricca di vitamine e stimola l’appetito.

I Foggiani, soprattutto i Terrazzani che abitavano nel caratteristico Borgo Croci, utilizzavano la rucola per realizzare saporite insalate, oppure per insaporire sughetti o, soprattutto, per una delle più famose ricette foggiane, una delle bandiere della nostra gastronomia: rucola e patate, che ancora oggi fa tanto onore sulle tavole della città ed un po’ su quelle di tutto il Meridione.

Foggia, convento dei frati cappuccini

Ma la vendita e la diffusione della rucola aveva anche delle riduzioni ufficiali, dettate da alcuni provvedimenti del governo borbonico nell’Ottocento,  disposizioni che venivano poi diramate a tutte le provincie dell’antico Regno di Napoli, in particolare agli intendenti, ovvero i governatori delle stesse provincie.

In particolare, una delle restrizioni più curiose e singolari riguardava proprio la vendita della rucola; per questa verdura, infatti, fu emanata una disposizione  che ne vietava assolutamente la vendita ai monaci dei numerosi conventi sparsi nelle città dell’antico Regno di Napoli, come gli umili e poverissimi frati che seguivano la regola di San Francesco, oppure i ricchi padri Domenicani.

I conventi, almeno fino agli anni prima dell’Unità d’Italia, erano davvero numerosi, in seguito, molti ordini religiosi furono soppressi, mentre per altri operò il sequestro dei beni immobili ed il passaggio allo stato di tanti edifici, già monasteri più o meno vasti che ancora oggi ospitano istituzioni pubbliche, quali soprattutto municipi e scuole.

Nelle città dell’antico Regno di Napoli, esistevano un tempo numerosi monasteri, gestiti da diversi ordini religiosi, Cappuccini, Frati Minori, Domenicani, Scopoli, ecc. sia femminili che maschili ed alcuni erano anche caratterizzati da una stretta clausura.

Parecchi di questi monasteri, piccoli o più grandi, occupavano a volte grandi aree urbane delle città ed all’interno delle loro massicce mura di cinta, quasi fossero fortezze inespugnabili, esistevano anche vasti giardini per il diletto delle recluse, infatti, era più frequente ritrovare monasteri femminili di clausura, piuttosto che maschili.

Molti dei conventi erano situati invece fuori della cinta urbana delle città dell’antico Regno di Napoli, come nella città di Foggia, nelle Puglie, il monastero di Gesù e Maria che era sorto lungo l’omonimo stradone che conduceva al parco di Pila e Croce ed alla strada per Bari, oppure il monastero di Santa Maria di Costantinopoli in cui risiedevano i Padri Cappuccini nei pressi del tratturo per l’Aquila e sulla via per San Severo ed altri.

I monasteri di Gesù e Maria e dei frati Cappuccini  ed anche quello dei monaci di San Pasquale, il cui orto sopravvisse fino al secolo scorso, erano un tempo in aperta campagna, lontani dal centro abitato e circondati da rigogliosi orti e vigneti.

Molto facilmente, quindi, accadeva che la proibizione governativa sulla vendita della  rucola ai frati, in realtà, venisse facilmente superata dalla raccolta diretta di questa pianta erbacea da parte dei monacelli; infatti, com’è noto, la rucola cresceva spontaneamente nei campi e lungo le strade intorno alla città ed nostri frati erano probabilmente ben lieti di infrangere qualche volta il divieto del governo borbonico!

Lo stesso avveniva nelle altre città, soprattutto per i monasteri posti in periferia ove orti coltivati si alternavano ad alcuni terreni senza cura, lasciati alla vegetazione spontanea, regno della pericolosa rucola, rimedio naturale per frati e popolani!

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