Quando tra i migranti a Ellis Island c’erano i Salvini

by Maria Teresa Valente

Lo scorso 3 ottobre si è celebrata la Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, istituita per legge nel 2016 per onorare i 368 rifugiati e migranti morti nel tragico naufragio al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013. Contestualmente i tg annunciavano che i pm starebbero per chiedere il processo per l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, indagato per sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per la vicenda della nave spagnola Open Arms, l’imbarcazione dell’ong catalana che rimase per giorni a largo di Lampedusa con 164 profughi a bordo.

Insomma, due notizie decisamente stridenti e contrapposte.

Migranti sì e migranti no, porti chiusi e porti aperti, Italia che accoglie, Italia che lascia morire. Un’altalena etica e politica che va avanti ormai da anni, spesso dimenticando che dietro i migranti ci sono volti e storie di persone e non solo slogan o numeri. Ma soprattutto che un tempo i migranti eravamo noi.  

Sul sito ufficiale di Ellis Island è oggi possibile scorrere gli elenchi dei passeggeri sbarcati a New York per inseguire l’American Dream. L’occhio cade sui tantissimi ‘Salvini’. Incuriosita scopro che tra il 1820 ed il 1957 sono ben 113.936 i Salvini giunti ai piedi della Statua della Libertà. Ed ecco che ad un certo punto m’imbatto in ‘Federico Salvini’ un omonimo del primogenito del nostro ex vicepremier, che nel 1922, dopo una lunghissima traversata nel cuore di un gelido inverno, salpato dal porto di Trieste a bordo della nave ‘Presidente Wilson’, all’alba del 18 gennaio giunse nel centro di accoglienza per migranti di Ellis Island a New York.

Federico Salvini era appena 23enne quando approdò nel Nuovo Mondo. Chissà che effetto farebbe all’ex Ministro dell’Interno sapere che quasi un secolo fa un migrante portava lo stesso nome e cognome di suo figlio! Chissà per quel Federico Salvini quanto deve essere stato duro quel viaggio e quanta paura avrà avuto! Chissà l’emozione quando, dopo un’interminabile traversata, carico di sogni e speranze, si trovò dinanzi la Statua della Libertà. E chissà se poi riuscì a realizzarli quei sogni! E già, perché se si sopravviveva a quei durissimi viaggi, era poi complicato integrarsi per via dei tanti pregiudizi nei confronti degli italiani, come quelli che fossero sporchi, violenti e che accontentandosi di salari eccessivamente bassi ‘rubavano’ lavoro agli americani.

Federico Salvini, un’omonimia giunta dal passato sulle onde dell’oceano, per ricordare che quei migranti verso cui oggi si fomentano odio e paure e si chiudono i porti, un tempo erano i nostri nonni, i nostri zii, i nostri cugini. Eravamo noi, che prima di essere italiani, siamo esseri umani, con i nostri bagagli di sogni e speranze, tutti protesi verso un futuro migliore.

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