Shoa di Claude Lanzmann

by Daniela Tonti

Non è facile parlare di Shoa. C’è della magia in questo film e la magia non si può spiegare. Abbiamo letto dopo la guerra un gran numero di testimonianze sui ghetti, sui campi di sterminio, ne eravamo sconvolti. Ma oggi vedendo lo straordinario film di Claude Lanzmann ci accorgiamo di non aver saputo niente. Malgrado tutte le nostre conoscenze quella terribile esperienza rimaneva distante da noi. Per la prima volta la viviamo nella nostra testa, nel nostro cuore, nella nostra carne. Un puro capolavoro.
Simone de Beauvoir

Claude Lanzmann iniziò a lavorare al film Shoah nel corso dell’estate 1974 e vi si dedicò, tra mille difficoltà e reticenze, a tempo pieno per undici anni.

Il risultato è un film della durata di nove ore e mezza ma soprattutto un’opera fondamentale, sia dal punto di vista storico che cinematografico. Lanzmann  consuma le suole delle scarpe, percorre i luoghi e ascolta le voci senza mai ricorrere né a materiali di repertorio né alla musica, che detestava. Intervista i nazisti che hanno assistito o sono stati esecutori del massacro, la gente che abitava nei dintorni dei campi di sterminio, uno dei macchinisti dei treni, il ferroviere polacco che spingeva i vagoni dentro il campo, i contadini, i nuovi proprietari delle abitazioni confiscate agli ebrei. E ovviamente i sopravvissuti. Ma non solo sopravvissuti deportati qualunque – che per una qualche disegno del destino sono scampati al massacro – ma quelli del Sonderkommando, gli unici che interessavano al regista francese. Per la prima volta, prendono la parola i due soli sopravvissuti del campo di sterminio di Chelmo: Michael Podchlebnik e Simon Srebnik.

Prima di Shoa nessuno sapeva che una squadra di barbieri entrava nella camera a gas e tagliava i capelli alle vittime ebree, Adam Bomba nel film accetta di raccontare la sua storia ma poi ci ripensa, non riesce a trattenere le lacrime e si blocca. Ma Lanzmann continua a incalzarlo, “la prego continui” è un testimone dell’inferno l’unico dei pochi rimasti e il regista lo spinge a parlare.

Il film inizia proprio a Chelmo sulla Ner, in Polonia. Fu la località del primo sterminio dove persero la vita 400mila ebrei assassinati con i camion a gas. Lanzmann incontra Michael e Simon. I campi di sterminio come Treblinka, Sobibor, Chelmno, diversi da quelli di deportazione, erano campi in cui gli ebrei venivano condotti solo per essere uccisi. All’inizio c’erano le fosse ai margini delle quali avvenivano le fucilazioni e in seguito i camion a gas.  La notte del 18 gennaio 1945, due giorni prima dell’arrivo delle truppe sovietiche, i tedeschi uccisero con una pallottola in testa gli ultimi ebrei da lavoro. Spararono anche a Simon ma non morì e si trascinò fino a un porcile dove fu soccorso e aiutato da un contadino polacco per poi trasferirsi a Tel Aviv. Ritorna a Chelmo al fianco di Lanzmann per la prima volta.

Ci sono poi i terribili racconti di Motke e Itzhak alcuni degli ebrei incaricati di dissotterrare i novantamila cadaveri sepolti nelle fosse per bruciarli nel tentativo di cancellare ogni traccia. In ogni fossa c’erano circa venticinquemila cadaveri. “Quando ci hanno costretti ad aprire le fosse, ci hanno proibito di usare degli attrezzi, ci hanno detto: dovete abituarvi a questo, lavorate con le mani”. I tedeschi proibirono ai lavoratori di usare la parola “morto”, erano solo figuren, burattini, bambole o schmattes cioè stracci.  Dissepolti, i corpi, venivano impilati in pire che bruciavano per sette otto giorni e se il vento era a favore, quel terribile odore di morte si spandeva per chilometri.

Lanzamann intervista i contadini di Treblinka, proprietari dei campi di sterminio adiacenti e, attraverso la loro voce, riaffiora la ricostruzione storica della realtà: tutti sapevano tutto. Il regista cammina per le strade dei sobborghi dove interi quartieri erano popolati dalle botteghe e dalle attività commerciali degli ebrei fino ad arrivare a una sinagoga, chiusa. Perché non serve più a nessuno. Non ci sono più ebrei qui, sono tutti morti.

 E poi la straordinaria intervista a Henrik Gawkowski, uno dei macchinisti addetti al trasporto dei convogli dei deportati diretti a Treblinka. Henrik sentiva le grida perché era proprio dietro ai vagoni con la sua locomotiva, i tedeschi davano lui della vodka perché senza aver bevuto non avrebbe potuto fare quel lavoro.

In un’altra parte del film c’è la testimonianza di Franz Suchomel, SS “C’era una puzza orribile per chilometri. Arrivavano sempre più numerosi più di quanti ci fosse modo di ammazzarne. Era spaventoso

Colpisce il distacco della SS, auto-assoltosi da ogni responsabilità con il mantra che “stava eseguendo solo degli ordini”

Shoa esce nel 1985 riscuotendo immediatamente il favore della critica.

Nato a Parigi il 27 novembre 1925 da ebrei che avevano abbandonato l’Europa dell’Est, Lanzmann si unì 17enne alla Resistenza francese, si oppose successivamente alla guerra in Algeria, diresse la rivista politica Les Temps Modernes, fu compagno di Simone de Beauvoir e amico di Jean-Paul Sartre. Tra i suoi altri film, Le dernier des injustes (2013) e Napalm (2017).

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.