La magica armonia (come reclamava un famigerato spot coca cola anni ’80) poteva già compiersi ed iniziare. Zemanlandia diventare a suo modo un fenomeno straripante dall’agone “Pop” del calcio (spettacolo) “globalizzato”, quando insomma (e a bocce ferme) il merchandising più che il business, poteva diventare un eufemismo.
Filippo Mucciarone
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A dieci anni dalla prematura scomparsa, ricordare il portiere volante sin dal primo Foggia in serie A di Zeman con la maglia rossonera, è anche rendere ancora desta la memoria su momenti indimenticabili per la storia moderna del calcio italiano.
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Tendenze trasversali di un pamphlet macabro abbozzato e per fortuna alla fine sventato nell’agone della inconciliabilità univoca sul nome ambito per il colle, che più che mai sembrino abbiano poco avuto a che fare sulle sorti “giocose”
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A Zeman interessa il controllo del gioco, e questo, per lui, può passare solo dall’idea che si debba produrre il proprio destino, e non evitare che si avveri quello altrui. Anche riguardo un altro capo d’accusa classico dei detrattori zemaniani, ossia il suo presunto dogmatismo riguardo la scelta del modulo, l’imperituro 4-3-3, il boemo è molto chiaro.
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Certo ora Zemanlandia, Zeman, a Foggia ed al Foggia per la rinascita si spera (l’ennesima), è Atto IV (dopo le tre precedenti panchine alla guida dei satanelli), ma è anche soprattutto, parafrasando Gigi Di Biagio da uno spezzone del docufilm Zemanlandia (appunto) di G. Sansonna, a Lui dedicato …”Un po’ come rivivere l’infanzia, il problema è che giocavi in serie A”.
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Nella summa evocativa ed emblematica, della sua pubblicazione “Il teatro e il suo doppio”, ove convergono il primo ed il secondo manifesto della crudeltà, oltre ad importanti scritti di genesi rifondatrice sul pensare un innesto tra corpo, attore ed autorialità registica nel tessuto spesso scarno e dissacrante del contesto spaziale di scena, Jacques Derrida nella prefazione-introduzione, non esita a definire e descrivere (oltremodo) tale predisposizione vitale allo spettacolo come “Substrato”.
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Arte
La fisionomia dell’arte tra anfratti psicologici e civiltà antiche. Da Paglicci e i mesoamericani a Brancusi
Un’estasi in movimento costante dunque, in cui tra paleoavanguardia e zona paleartica tramite il transito del pensiero dell’arte a noi prossimo, non è scontato incrociare Nietchze, con il suo concetto di transvalutazione dei valori
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Idee
Giorgio Bocca parte seconda: la sua scrittura era insieme “fisica e politica” della geografia e della storia del Paese
In veste di cronista è stato probabilmente il numero uno. Imperdibile l’incipit di un’inchiesta sul miracolo economico condotta per Il Giorno nel 1962, con partenza da Vigevano
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Profetiche dicerie accompagnarono quasi come su un palmo di mano il fare magico e calcistico di dieguito, che sicuro di se, a 11 anni già preannunciava: “Il mio primo sogno è giocare al mondiale ed il secondo è vincerlo”.
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Le gesta che dal graffitismo basico e metropolitano della N.Y. anni ’80 del secolo scorso abbracciano in “ritrosia” cosmologica il primitivismo segnico ancestrale di antichissima testimonianza (circa 15000 a.c.), ci tramandano attraverso la comunione intellettiva, una gamma vasta dell’arte insita un sillogismo di ampia portata.
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