Il crollo di Wall Streat del ’29 arriva quando il topo ha appena un anno, ma non si lascia certo abbattere dall’incubo della Depressione se poco più tardi è la star del Mickey’s Gala Première a cui, dopo gli omaggi di Clark Gable, Stan Laurel e Oliver Hardy, Charlie Chaplin, i fratelli Marx, va il bacio di Greta Garbo.
Orio Caldiron

Orio Caldiron
Saggista e critico, è uno dei maggiori studiosi italiani di cinema, autore di centinaia di scritti in cui la straordinaria competenza si salda alla passione cinefila in un linguaggio immediato e colloquiale. Ha dedicato mostre e programmi televisivi a personalità e momenti del cinema italiano. Docente universitario di lungo corso, direttore di prestigiose collane editoriali, è stato Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
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Polvere di Stelle
La verve scatenata di Lilia Silvi, la stella del divismo autarchico fascista di Cinecittà
Il cinema dei telefoni bianchi ha un debole per l’evasione, ma evade nell’altrove del sogno. L’american dream? Solo in parte, perché l’America autarchica è un’America caramellosa e manierata, che sconfina nella parodia.
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Polvere di Stelle
John Garfield, il divo ribelle delle periferie urbane e dei poveri che visse sulla sua pelle miseria e riformatorio
Nella modernità del divo dei poveri, nel suo stile istintivo e intenso si annuncia la nuova generazione di attori, da Marlon Brando a James Dean, da Montgomery Clift a Paul Newman.
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Polvere di Stelle
Né giovane né bello, ma insostituibile: Philippe Noiret il frontalier del cinema francese ed italiano, che non è mai diventato divo
Il film di Mario Monicelli – a cui Germi, scritta la sceneggiatura, ha passato il testimone – è l’impietoso testamento della commedia all’italiana di cui l’attore è ormai una delle maschere più incisive e riconoscibili.
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Nello scenario del totalitarismo novecentesco, se Germania e Unione Sovietica considerano il cinema lo strumento privilegiato della persuasione occulta, la cassa di risonanza dei rituali illusionistici in cui le dittature si mettono in posa, Spagna e Italia sembrano aver fatto un uso meno clamoroso dell’ “arma più forte”.
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Polvere di Stelle
Hanna Schygulla e gli aneliti di libertà di una icona che aveva bisogno di disordine
Sullo schermo si fa notare in L’ amore è più freddo della morte (1969) che, tra atmosfere da noir americano e omaggi alla nouvelle vague, inaugura la prima stagione del cinema di Fassbinder in cui è la presenza più ricorrente.
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La nuova formula assicura alla rivista tirature clamorose, mentre la Signorina Grandi Firme comincia il percorso trionfale che ne fa ancora oggi il contrassegno dei sogni, dei desideri, delle frustrazioni di un’epoca.
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Nella grande stagione della cartellonistica italiana che va dagli aurorali anni quaranta ai gloriosi sessanta, Carlantonio Longi – è nato a Livorno l’8 novembre 1921 e muore a Siena il 5 settembre 1980 a soli cinquantotto anni – si impadronisce delle terre incognite del cinema, procedendo con il passo spedito del folletto mercuriale, con la disinvolta curiosità di chi si avventura nei generi più diversi e nelle varie tecniche, giocando sapientemente con le forme e con i colori.
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Sempre sospeso tra l’essere soltanto un collaboratore dell’autore che si limita ad avviare il processo realizzativo del film, di cui però ignora l’esito ultimo o un superautore che regge le fila di vari progetti nei quali è possibile riconoscere, al di là della variabilità dei registi, la coerente continuità dei modelli narrativi e strutturali.
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Nei vari numeri di «Il Selvaggio» emergono gli estri e gli umori del maledetto toscano, ma anche le contraddizioni del tempo. Non si può trascurare Strapaese, che si proponeva di esaltare i valori rivoluzionari dello spirito paesano e nazionale in opposizione al cosmopolitismo moderno, industriale, cittadino di Stracittà. Se Mino Maccari incarna l’insolente spavalderia di Strapaese, Massimo Bontempelli è l’instancabile profeta di Stracittà.