Brandon Lee, il mito oltre la morte de Il Corvo

by Michela Conoscitore

Siccome non sappiamo quando moriremo, siamo portati a pensare alla vita come ad un pozzo inesauribile. Il personaggio del film si rende conto di quanto sia prezioso ogni momento della sua vita.

Questo pensiero è stato espresso dallo stesso Brandon Lee nella sua ultima intervista, poco prima della sua morte, avvenuta sul set del film cult degli anni Novanta, Il Corvo. Chissà se, come Eric Draven, anche Brandon sapeva dare la giusta importanza a quel che aveva ricevuto dalla vita. Probabilmente sì, ma l’attore, con un film che per lui rappresentava la grande occasione per affermarsi nel cinema, sicuramente non aveva preso in considerazione l’idea di poter morire, anche se paradossalmente tutto il film verte sull’argomento.

Con la morte, Brandon Lee aveva dovuto confrontarsi precocemente, infatti perse il padre, il celebre Bruce Lee, a soli otto anni, in circostanze tragiche e ancora poco chiare. L’attore, primogenito del mito delle arti marziali, era nato ad Oakland nel 1965. La famiglia Lee si spostò spesso, vivendo anche per un periodo ad Hong Kong, per seguire Bruce nel suo lavoro di attore.

Quando il padre morì, nel 1973, con la madre e la sorella, Brandon tornò a vivere negli Stati Uniti. In famiglia la passione per le arti marziali e la recitazione erano un tutt’uno: il nonno, padre di Bruce, era stato uno dei più famosi attori e cantanti d’opera cantonesi, e Bruce aveva calcato le scene inventandosi un nuovo genere cinematografico, quello dedicato alle arti marziali.

Brandon, seguito ovviamente dal padre, aveva iniziato a praticarle fin da piccolo, anche volendo non avrebbe potuto sfuggire ai suoi insegnamenti. Inizialmente, attirato dal mondo del cinema, accettò di recitare in film di genere, uno lo girò anche ad Hong Kong, infatti l’attore parlava correntemente il cantonese. Contemporaneamente, frequentò anche un’accademia di recitazione. Quei ruoli che richiamavano troppo la fama del padre, non li sentiva adatti a sé. Brandon sapeva di poter esprimersi diversamente, rispetto al padre, e attendeva un ruolo che gli permettesse di provarlo.

Quel ruolo arrivò: tratto dai fumetti di James O’Barr, il giovane regista Alex Proyas, nel 1993, scelse Brandon Lee per impersonare Eric Draven, protagonista de Il Corvo. Molti erano i nomi che girarono nell’ambiente per quel ruolo, da Christian Slater a Johnny Depp, scelta che avrebbe incontrato il pieno favore di O’Barr, ma alla fine a spuntarla fu Lee. Il fumettista aveva ideato la storia per esorcizzare un lutto, la morte della sua fidanzata avvenuta in un incidente. Quello che sconvolge, quando ci si avvicina a questo film, è il numero incalcolabile di coincidenze e parallelismi che hanno legato destini e persone. Quindi, tutto inizia con la morte, e tutto termina, purtroppo, con essa.

L’attore era entusiasta del ruolo, e a distanza di ben ventisette anni, per quanto sia un film di genere molto legato alle ambientazioni anni Novanta, si percepisce l’impegno e la passione che Brandon ha riversato nel personaggio di Eric Draven. A proposito di parallelismi, il film colpisce profondamente lo spettatore per la storia d’amore tra il protagonista e la fidanzata Shelly che, oltre la morte, continuano ad amarsi e cercarsi. Un po’ come il rapporto che legava Brandon a Eliza Hutton, sua compagna, con cui si sarebbe dovuto sposare al termine delle riprese. Per chi non lo sapesse, il film è stato dedicato non solo alla memoria di Brandon ma anche alla stessa Eliza, che nonostante il dolore permise e incoraggiò il termine delle riprese, lasciate a metà dopo la morte di Lee. La dedica sembra richiamare proprio l’amore sfortunato tra Eric e Shelly, i protagonisti del film, anche loro in procinto di sposarsi.

Due mesi aggiuntivi di lavorazione in cui Alex Proyas, anche grazie alle magie della computer grafica, e un ulteriore investimento della nuova casa di produzione, la Miramax (quando tutte le altre si erano date indietro, etichettando il lungometraggio come maledetto), riuscì ad ultimare Il Corvo. Ventitré milioni di dollari per un film che, ancora oggi, raccoglie fan in tutto il mondo.

È strano. Sai, le piccole cose per Shelly contavano così tanto. Io le giudicavo insignificanti, ma, credimi, niente è insignificante.

Eric Draven e la fidanzata Shelly, durante la cosiddetta Notte del Diavolo, vengono barbaramente uccisi da una banda di teppisti, che fanno capo al ‘signorotto’ della città, Top Dollar, interpretato da Michael Wincott, uno dei cattivi forse più inquietanti e meglio caratterizzati nella storia del cinema. Un anno dopo, un misterioso corvo si posa sulla lapide di Eric, facendolo resuscitare: un’antica leggenda, infatti, narra che i corvi davano l’opportunità di tornare in vita a chi voleva vendicarsi della morte ingiusta subita. Eric quindi, dopo esser tornato a casa e aver riacquistato i ricordi di quella terribile notte, pianifica l’uccisione dei membri della banda e di Top Dollar.

Ho lavorato in altri film dove c’era della violenza, ma devo dire che mai come in questo la violenza fosse tanto giustificata, è un film che lascia poco spazio alla pietà. Questa è giustizia, ne sono assolutamente convinto. Come sono convinto che se fossi io in quella situazione, mi comporterei allo stesso modo”. A movimentare le scene c’è, come affermato da Brandon nella sua ultima intervista, anche molta violenza. Il Corvo è sicuramente, oltre che dark, un film d’azione dove è stato richiesto agli attori, soprattutto a Brandon, una certa fisicità e scioltezza.

Gli insegnamenti del padre Bruce Lee gli sono tornati comunque utili, anche se declinati in modo diametralmente opposto e più moderno. Di leggende sul set maledetto de Il Corvo ne sono nate tante, e non si è mai appurato se oltre le dicerie, nascondessero un fondo di verità. Una delle più famose racconta che la cocaina circolasse copiosa, tra quasi tutti i membri della troupe. Si dice che, un giorno, poco prima di ricominciare a girare, con Brandon pronto per il ciak, qualcuno starnutì e lo stesso attore esclamò: “Qualcuno ha appena perso cinquanta dollari!

Se così fosse, quindi sarebbe da imputare allo stato non proprio vigile degli addetti alle armi del set, l’incidente in cui Brandon, a tre giorni dal termine delle riprese, perse la vita. La scena era quella, ennesima coincidenza con la vita dell’attore, dell’uccisione di Eric da parte dei teppisti: Michael Massee, che interpretava Funboy, sparò, inconsapevolmente, con una pistola inavvertitamente lasciata carica, colpendo Brandon allo stomaco. Il girato fu perfetto ma, nessuno si accorse immediatamente che Lee era stato colpito a morte. Fu la fidanzata Eliza, assistente di scena, che comprese l’accaduto provando ad aiutare il fidanzato. Brandon fu trasportato in ospedale, e dopo cinque ore di operazione, morì il 31 marzo del 1993.

Brandon non è tornato in veste di fantasma, per vendicarsi, tra l’altro di un incidente che definire insensato è un eufemismo, però con Il Corvo è entrato tra le leggende del cinema, come il padre Bruce Lee. Il film conserverà intatto il suo fascino, dalle ambientazioni sature e gotiche, alla colonna sonora firmata dai The Cure, Rage Against the Machine e i Nine Inch Nails.

Eric incarna la possibilità di rivincita, è l’antieroe, l’angelo vendicatore che usa il dolore per la perdita al fine di affermare la sua giustizia che, per quanto violenta e individuale, è giusta, in una città allo sbando, votata completamente all’anarchia. Brandon ha saputo interpretare questi sentimenti, così pericolosi dato che potrebbero spingere ad un’emulazione negativa, rendendoli invece poetici e condivisibili.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.