Ferie d’agosto di Paolo Virzì: il film che ha raccontato la politica e la società italiana dominata dal berlusconismo e dall’antiberlusconismo

by Claudio Botta

Venne girato nel settembre 1995, e uscì nelle sale italiane l’anno successivo. Una commedia con risvolti amarissimi che ha raccontato in maniera esemplare la politica, il costume, le virtù e i vizi manifestati dei decenni successivi nel Belpaese così ricco di luci, di ombre e di contraddizioni. Ferie d’agosto era il secondo film di Paolo Virzì, regista e sceneggiatore livornese formatosi a Roma al Centro sperimentale di cinematografia, ed è quello che ha retto meglio il confronto con il tempo passato, al punto che l’attesa per il sequel Un altro Ferragosto girato nella scorsa primavera, 27 anni dopo, è di quella riservata ai maîtres à penser in grado di indicare orizzonti e direzioni.

Il contesto di riferimento era l’Italia del sistema maggioritario introdotto dallo schiacciante successo dei referendum promossi da Mario Segni, due schieramenti contrapposti senza nessuna mediazione possibile, e soprattutto divisa in due dalla ‘discesa in campo’ di Silvio Berlusconi: non un semplice imprenditore di successo prestato alla politica, ma il proprietario dell’allora Fininvest (oggi Mediaset), il gruppo televisivo privato che aveva rivoluzionato la natura e la missione della tv, nonché editore di numerose testate e case editrici, proprietario del Milan salito sul tetto del mondo con Arrigo Sacchi (e poi Fabio Capello) in panchina e il trio olandese GullitRijkaardVan Basten a regalare spettacolo, e tanto altro, cresciuto e protetto all’ombra del Caf (l’asse CraxiAndreottiForlani). Il simbolo vivente del conflitto d’interessi e di una mentalità figlia legittima della Milano da bere e dell’edonismo sfrenato degli anni Ottanta, per gli avversari e gli adepti entusiasti, un catalizzatore formidabile di dissenso e di consenso, impossibile rimanere indifferenti. E la piccola isola di Ventotene, il gioiello delle Pontine, diventa il terreno di scontro più che di incontro tra due gruppi che diventano i perfetti archetipi di quel modo di intendere tutto ma proprio tutto agli estremi opposti, ognuno prigioniero dei propri stereotipi, dei propri pregiudizi, delle proprie convinzioni, ognuno diffidente e insofferente rispetto all’altro, ognuno portatore di modelli e valori e disvalori non negoziabili.

Il primo comprende il giornalista Sandro Molino e la sua compagna Cecilia Sarcoli (Silvio Orlando e Laura Morante, straordinari), l’attore Mauro Santucci (Silvio Vannucci) ex di Cecilia, e Francesca (Antonella Ponziani) ex di Sandro, il bohemien Roberto (Gigio Alberti), altre figure come Betta (Raffaella Lebboroni) e Graziella (Claudia Della Seta), e i ragazzi Ivan (Emiliano Bianchi) e Martina (Agnese Claisse). Dichiaratamente di sinistra, vestiti di lino, ottime letture, buon vino, una chitarra e una canna per dopocena: è una villetta a Ventotene ma potrebbe essere a Capalbio, in Toscana, in una terrazza romana o sul litorale laziale più esclusivo.

Ennio Fantastichini

Il secondo è dominato dall’ingombrante Ruggero Mazzalupi (Ennio Fantastichini in una delle interpretazioni più memorabili della carriera), proprietario di due armerie a Roma, e include anche sua moglie Luciana (Paola Tiziana Cruciani), i loro due figli, l’anziana madre di lui, la sorella di lei Luciana (Sabrina Ferilli, che Virzì aveva lanciato con il precedente La bella vita) e il marito Marcello (Piero Natoli, bravissimo), e il loro figlio.

A separarli fisicamente pochi metri, praticamente tutto nei modi, negli atteggiamenti, nei comportamenti. Visti come degli alieni dai vicini, per il loro chiasso, la loro antenna parabolica, l’ostentazione godereccia, il karaoke. E’ sempre Ventotene ma potrebbe essere la Sardegna della vita smeralda, o la Versilia dei nuovi arricchiti e parvenu. I secondi cercano di fare amicizia con i primi, che li trattano con sufficienza/derisione (e la mente torna alla campagna elettorale per le politiche ’94, la neonata Forza Italia come costola della Publitalia guidata da Marcello Dell’Utri, il kit per i candidati, le bandierine, la canzoncina con testo scritto da Berlusconi in persona, e la ‘gioiosa macchina da guerra’ guidata da Achille Occhetto incredibilmente travolta alle urne). Un episodio cruento li costringerà però a confrontarsi, per poi rinfacciarsi reciprocamente e apertamente le proprie convinzioni (e i propri limiti): e i mondi di Sandro e di Ruggero vengono fotografati nitidamente, e sono quelli che hanno caratterizzato gli anni a venire. Anche se le insoddisfazioni personali, i sentimenti appannati, le frustrazioni tenute a bada a un certo punto esplodono, e rendono le certezze sempre meno nitide in ognuno di loro, e diventano il ponte lungo cui cercarsi e addirittura trovarsi. Per scoprire di potere anche essere altri da sé (metafora del tramonto delle ideologie), e che non tutto è solo bianco o solo nero, pubblico o privato che sia, pubblico e privato che sia. E’ l’anticipazione del nuovo rapporto della sinistra un tempo elitaria con il demone Berlusconi, il fascino del corteggiamento, delle ospitate tv, dei libri pubblicati dal ‘nemico’, gli assegni più sostanziosi ma sempre rivendicando fieramente la propria identità. Il “non temo Berlusconi in sé, ma Berlusconi in me” del cantautore Gian Piero Alloisio ripreso da Giorgio Gaber (a sua volta profeticocon la canzone Destra sinistra pubblicata per la prima volta in un album live nel 1994 e poi riproposta registrata in studio nell’album del 2001 La mia generazione ha perso) che ha messo in crisi i figli del ’68 in bilico tra lotta e governo.

27 anni dopo, Silvio Berlusconi è morto (da qualche mese), e gli è stato tributato il funerale di Stato nel Duomo di Milano. Il figlio Pier Silvio che ne ha ereditato l’holding televisiva ha annunciato un cambio di rotta nei programmi (il trash non sembra più gradito) e nei conduttori (è arrivata su Rete 4, la rete che fu il feudo di Emilio Fede, Bianca Berlinguer, la figlia di Enrico, l’unica icona riconosciuta e sopravvissuta – alla stessa morte – della sinistra italiana). Forza Italia è tra “color che sono sospesi”, direbbe Dante, e dopo le Europee del prossimo anno si vedrà. Al governo c’è una coalizione guidata da Giorgia Meloni, leader del partito più a destra nell’arco costituzionale, e le altre forze politiche della coalizione ridotte a poco più che comparse. La ministra del Turismo è l’ex proprietaria del Twiga a Forte dei Marmi, le quote cedute all’attuale compagno e al socio di sempre Flavio Briatore, e in parlamento ha dichiarato di ricevere privatamente richieste per un tavolo nella cena spettacolo serale o per una tenda in spiaggia di giorno da tanti (presunti?) avversari politici. Dall’altra parte, il bipolarismo secco è messo in discussione dal Movimento 5 Stelle, la novità più significativa degli ultimi anni, e dal ‘terzo polo’ che poi alle urne terzo non è, e la sinistra con e senza il centro continua a essere alla ricerca di una sua dimensione e identità.

C’è insomma tanto materiale per Virzì e per un cast corale che suscita curiosità e interesse come il primo (che vedeva presenti anche Rocco Papaleo e Teresa Saponangelo), anche se mancheranno Fantastichini e Natoli, entrambi prematuramente scomparsi: non sarà quindi un altro, semplice Ferragosto, anche se Ventotene offrirà ancora gli stessi, splendidi scorci.

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