Lo scopone scientifico: il gioco a carte della vita in una delle interpretazioni più memorabili di Alberto Sordi

by Giuseppe Procino

Tra le pellicole più cattive della commedia all’italiana, carica di grottesco e tristemente nichilista, “Lo Scopone scientifico” (1972) è una delle interpretazioni più memorabili del grande Alberto Sordi.

La pellicola di Luigi Comencini racconta la storia più antica del mondo, quella degli oppressi contro i propri oppressori, se vogliamo dei colonizzati contro i propri colonizzatori, in una sorta di sindrome di Stoccolma che impedisce di odiare fino in fondo il proprio padrone.

Ogni personaggio in questo bellissimo racconto acquisisce una connotazione tristemente funzionale, ognuno con la propria verità, palese o nascosta che sia. In questo mondo quasi fantastico, fatto di baracche fatiscenti, in cui non vi è quasi per nulla traccia del progresso, il popolo elegge e sostiene i propri rappresentanti sulla base di una meritocrazia che si dimostrerà effimera: il ricco, mangerà sempre il povero dandogli l’illusione di avere una possibilità.

Non conta l’astuzia e neanche la fortuna, contano solo gli equilibri che non potranno essere ribaltati. Bette Davis così concede alla coppia Sordi – Mangano il miraggio dell’emancipazione sociale donandogli ogni sera la cifra iniziale per giocare, ma non accetta la perdita perché questo vorrebbe depotenziare il proprio status. È un personaggio pregno di un ego sadico che si contrappone all’ingenua bontà del popolano Sordi.

Nella partita a carte tra il ricco e il povero si nasconde il sogno di rivalsa delle popolazioni che abitano le baraccopoli romane, il tentativo di cambiare la sorte già scritta di chi non ha nulla. Sono loro, i poveri, uniti nella miseria, i veri protagonisti de “lo scopone Scientifico”. Tra questi si erge il professore (un eccellente Mario Carotenuto) simbolo dell’utopia intellettuale e coscienza politica del deus ex machina sostenendo che “la via più breve per togliere tutto alla vecchia, sarebbe la sua eliminazione fisica”. È la metafora della lotta di classe che si combatte ora su altri terreni non violenti ma che è destinata in questa maniera a non trovare soluzione.

Non per niente per Luigi Comencini “ lo scopone scientifico” era una favola del contemporaneo destinata a risolversi con l’azione estrema dei più piccoli, gli unici in grado di avere la saggezza e l’acume per una riflessione a lungo termine.  In effetti, lo schema della storia si presenta in forma molto semplice in cui gli elementi della favola si presentano riflessi su uno specchio del reale che distorce gli elementi che compongono la storia.

Della favola c’è tutto: una casa enorme che potrebbe essere un castello, una strega, due eroi, tanti aiutanti e una prova da superare ovvero la partita a carte. Al tavolo da gioco siedono quattro grandi interpreti, capaci di essere maschera credibile di un mondo sopra le righe. 

Per creare maggiormente il senso di distacco tra i personaggi, Sordi (che assieme a Silvana Mangano vincerà il David di Donatello per la propria interpretazione) durante le riprese si rifiutò di recitare o comunicare in inglese indisponendo la leggenda hollywoodiana Bette Davis. Sono quattro punti di vista contrapposti per coppie e che restituiscono a pieno una scrittura sublime che nei suoi toni estremi contiene un’eleganza nel dettaglio.

Rodolfo Sonego disegna dei personaggi memorabili in cui ognuno è maschera di una legge crudele. La signora, così, si manifesta in maniera sottile, in piccole situazioni che non sono altro che la prova di un bisogno estremo di sadica umiliazione che esploderà nella parte finale; Joseph Cotten è il privilegiato che può far parte del sistema pagando il caro prezzo dell’annientamento delle proprie aspirazioni; Alberto Sordi e Silvana Mangano possiedono l’integrità morale che gli impedisce di barare anche quando l’occasione gli si paleserà in maniera semplice.

È un universo che non contiene una vera via d’uscita e che ha come unica soluzione la rottura dell’incantesimo con l’eliminazione della strega. Il gioco delle carte diventa così una battaglia ad armi impari in cui il caso, beffardo e spietato, decide il vincitore.

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