“Ultimo tango a Parigi”, come l’arte può salvare i capolavori dalla censura

by Marianna Dell'Aquila

E’ di pochi giorni fa la notizia che in Italia è stata abolita definitivamente la censura cinematografica. L’attuale ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha infatti firmato un Decreto Legge (che segue la Legge Cinema del 2016) che stabilisce l’istituzione di una Commissione di valutazione che da ora in poi potrà al massimo decidere se un’opera deve essere vietata ai minori di 18 anni, ma non potranno mai più essere imposti tagli di inquadrature o di scene.

In Italia la prima Legge per la censura risaliva al 1913 e, dopo varie modifiche e aggiunte, si era arrivati alla Legge del 1962 sulla “Revisione dei film e delle opere teatrali” rimasta in vigore fino al 2021. In Italia sono stati centinaia i film e decine gli artisti censurati: da Mario Monicelli a Totò, da Renzo Albore a Pier Paolo Pasolini (sicuramente l’artista italiano più colpito da questi provvedimenti). Basti pensare anche al celebre finale di Nuovo cinema paradiso (1988) di Giuseppe Tornatore in cui vediamo le scene di baci di vecchi film tagliate e rimontate dal vecchio Alfredo per Salvatore.

A proposito di censura, uno dei film che più spesso vengono ricordati per questo motivo e a cui anche i giornali si sono affidati negli ultimi giorni è Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, un film amato e odiato, discusso e censurato. Un film che non scandalizza più alle soglie dei suoi cinquant’anni, ma che ancora disturba. Perché? Ultimo tango a Parigi racconta l’incontro casuale tra Paul (Marlon Brando) e Maria (Maria Schneider) in un appartamento vuoto di Parigi.

Lui è americano, vedovo della moglie suicida e si aggira per la città in preda al dolore e alla malinconia di una giovinezza che non tornerà più. Lei è bella, borghese e fidanzata. Dal loro primo incontro nasce una relazione clandestina che cambierà la vita ad entrambi senza però che nessuno dei due sappia nulla dell’altro, neanche il nome. Un rapporto senza futuro basato proprio su quell’ossessione erotica dell’uomo che spingerà Maria ad ucciderlo. Il tutto accade in un appartamento decadente a Passy, sullo sfondo di una Parigi fredda e grigia. Il grande appartamento che Maria vorrebbe affittare è lo stesso in cui Paul avrebbe dovuto vivere con la moglie.

La trama di Ultimo tango a Parigi sarebbe nata da un sogno del suo regista. Bernardo Bertolucci infatti una volta raccontò di aver sognato di incontrare una donna sconosciuta e di fare sesso con lei in un appartamento. Troppo poco per spingere a censurare un film, infatti il regista fu accusato di “esasperato pansessualismo fine a se stesso” e di “offesa al senso del pudore” in particolare per due momenti della pellicola, tra cui la famosa scena del burro in cui Paul costringe Maria ad un rapporto anale. A Bertolucci furono tolti i diritti civili per cinque anni e fu ordinata la distruzione di tutti i negativi del film. La versione integrale che noi oggi possiamo vedere è quella che il regista riuscì a salvare clandestinamente.

Dopo averlo riabilitato nel 1987 grazie ad una nuova sentenza (che riconosceva la mancanza di oscenità nel film perché nel tempo era mutato il “comune senso del pudore”, ma che ne vietava la visione ai minori di 18 anni), ci domandiamo però ancora oggi se la discussione mai cessata intorno al capolavoro di Bernardo Bertolucci dipenda davvero dalle scene di sesso presenti nel film visto che il cinema e la televisione ci hanno abituati, nel corso del tempo, a cose molto più esplicite e molto meno poetiche delle meravigliose inquadrature realizzate con la fotografia di Vittorio Storaro.

Riguardarlo oggi ci permette di capire che Ultimo tango a Parigi ha sempre fatto discutere non solo per il tema che fu al centro delle motivazioni della censura, ma per la violenza – esplicita e meno esplicita – che accompagna tutto il film e con cui vengono trattati alcuni argomenti, come la famiglia e i figli, in un’Italia democristiana che da lì a poco tempo avrebbe avuto bisogno di un referendum (1974) per capire se gli italiani fossero pro o contro la legge sul divorzio (Legge Fortuna-Baslini del 1970) e che all’epoca non aveva neanche una legge sull’aborto (approvata solo nel 1978). Proprio nella famosa e incriminata scena del burro (molto tempo dopo Maria Schneider raccontò di essere stata quasi violentata durante quella scena), non siamo solo concentrati sulla gestualità di Paul, ma soprattutto sul suo discorso crudo e violento contro la famiglia che egli definisce “una istituzione inventata per educare i selvaggi alla virtù”.

Paul costringe Maria a ripetere alcune frasi che parlano di violenza e di finta sacralità genitoriale: in quel momento non sta violentando solo il suo corpo, ma anche il suo status (ricordiamo che Maria è una borghese, figlia di un militare e in procinto di sposare un regista televisivo).

Paul/Brando è un uomo inquieto e brutale, disgustato dal mondo e con un passato violento e oscuro. Insomma è un uomo che inquieterebbe (e forse affascinerebbe) ancora oggi e di cui si continua a parlare esattamente come si fa con il suo interprete, Marlon Brando, con il quale aveva anche alcuni punti in comune: il rapporto conflittuale con la figura paterna (il padre di Marlon Brando si allontanava spesso dalla famiglia per frequentare prostitute e bordelli, nel film la moglie di Paul è un’ex proprietaria di un hotel frequentato soprattutto da prostitute), l’età matura e una certa ribellione alla vita che Brando avrebbe sempre mostrato sia nella sfera artistica che in quella privata (l’anno prima dell’uscita di Ultimo tango a Parigi, si rifiutò di ritirare l’Oscar come Miglior Attore per Il Padrino di Francis Ford Coppola come segno di protesta contro la discriminazione degli Indiani d’America). Maria rappresenta l’ultima chance di vitalità per Paul, ma alla fine, proprio quando lui le dichiara il suo amore e le chiede qual è il suo nome, lei decide di liberarsene dichiarando “non so chi sia, non lo conosco, ha tentato di aggredirmi”. Ciò che evidentemente disturba del film è la negazione della redenzione: Paul è destinato fino alla fine alla sofferenza e al dolore e Maria, con il suo gesto fatale, lo condanna definitivamente.

Alle porte dei suo cinquant’anni, con numerosi riconoscimenti e un record d’incassi battuto solo dieci anni dopo da La vita è bella (1997) di Roberto Benigni, Ultimo tango a Parigi è soprattutto un’opera che ci dimostra come l’arte possa salvare un capolavoro dalla censura.

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