Voyage dans la lune e l’incredibile storia di George Méliés

by Giuseppe Procino

Un razzo nell’occhio della luna, chi mai avrebbe immaginato che questa idea così bizzarra sarebbe diventata il simbolo più famoso dell’intera settima arte, l’immagine più iconografica per sintetizzare l’idea del cinema con le sue potenzialità e le sue emozioni. Vi sfido a trovarne altre così significative e così abusate per raccontare il mondo della pellicola. È racchiusa in pochi fotogrammi che raccontano un’evoluzione, un’affascinante storia di un mezzo comunicativo tanto suggestivo quanto potente, la magia dell’arte che può tutto quasi come se vivesse di vita propria, quasi come se non fosse stato mai creato ma fosse comparso dal nulla: una sorta di big bang dell’immaginazione.

Le citazioni e gli omaggi sono molteplici ad esempio per chi è cresciuto negli anni novanta, questa luna è il video di Tonight Tonight degli Smashing Pumpkins (citazionista e nostalgico) o il video di Heaven for Everyone con cui i Queen si congedavano dal loro pubblico. Se un’opera d’arte diviene assoluta quando è riconoscibile alle masse che molto probabilmente ne ignorano la paternità o la reminiscenza, allora potremmo dire che quella luna con un razzo in un occhio lo è a tutti gli effetti, meno famosa (ma neanche troppo) è la pellicola a cui appartiene e ancor meno lo è l’ideatore, la mente geniale che ha avuto l’idea di mettere la fantasia al potere sul trono dell’arte cinematografica.

Il film è ovviamente Viaggio nella Luna e il regista (meno ovviamente) è Georges Méliès. Diciamolo subito: esiste un cinema prima di Voyage dans la lune e un cinema dopo. In quindici minuti Méliès inventa un genere (o meglio lo sdogana, perché il genere, quello della fantascienza cinematografica, lui lo ha già inventato qualche anno prima), mostra al mondo l’esistenza degli effetti speciali, cambia trenta ambientazioni, crea (anche se non ne è consapevole) il primo film distribuito su scala mondiale della storia. Lì dove il cinema non ha mai osato così tanto, il regista francese arriva con la sua ambizione a ribaltarne le regole: nulla più sarà lo stesso. Viaggio nella luna è da considerarsi un capolavoro nonché una pietra miliare della settima arte, fortuna e maledizione di Méliès.

Georges Méliès è stato il primo cineasta a concepire il cinema come intrattenimento, come strada verso l’impossibile, in cui lo spettatore non è più un semplice osservatore interessato ma viene coinvolto emotivamente. Se i Lumiere inventano il cinematografo, Méliès inventa il cinema dell’immaginazione.  Se per i Lumiere la cinepresa deve riprendere la realtà, per Méliès deve essere il mezzo per entrare in un mondo in cui l’immaginazione e la fantasia si concretizzano su pellicola.

I Lumière avevano scoperto lo straordinario nell’ordinario, Méliès aveva trovato l’ordinario nello straordinario.
Jean-Luc Godard

L’incredibile storia di Georges Méliès

Meravigliare questo è il verbo per Méliès, questa è la vera essenza dello spettacolo, lo sa da sempre, almeno da quando scopre in Inghilterra l’esistenza dell’illusionismo e allora tutta la sua conoscenza del mondo vacilla. Non sarà mai un fabbricante di calzature di lusso come suo padre, sarà un uomo di spettacolo: è deciso. Inizia prima a frequentare i palchi di una Parigi in fermento, la Ville Lumiere dove iniziano a comparire le prime automobili, dove arrivano le prime radio, tutte scoperte destinate alla nascente nuova élite culturale, una élite benestante attorno a cui gravitano artisti, poeti, attori. È un’epoca di grandi scoperte ma in cui l’uomo non ha ancora capito come poter volare.

Sperimenta la magia, l’illusionismo, quell’arte in grado di stupire il pubblico, di farlo tornare bambino. Lui del bambino mantiene la curiosità, la voglia di indagare e esplorare le dinamiche del mondo. È il 1888 quando rileva un piccolo teatro, il Robert-Houdin, a Parigi su Boulevard des Italiens, la strada che si unisce a Boulevard des Capucines dove nel 1895, in un caffè, il cinematografo verrà mostrato per la prima volta al mondo. Lui a quella proiezione assisterà e sin da subito capirà che tra lui e quell’oggetto, il cinematografo, c’è un magnetismo invisibile.

Lo sente subito, il cinema può cambiargli la vita, deve introdurlo nei suoi spettacoli. Compra l’occorrente, inizia a girare. Sono piccoli film che cercano di emulare lo stile dei due fratelli di Lione ma poi accade il miracolo: mentre riprende il flusso delle automobili, delle carrozze, della gente d’avanti a l’Operà, la macchina si inceppa. Pochi secondi, una pausa obbligata prima di poter tornare a girare la manovella che permette alla pellicola di essere impressa, poi in camera oscura e accade la storia, o meglio la storia è già accaduta senza che lui ne avesse coscienza: una carrozza che era ferma davanti alla cinepresa prima che si bloccasse, l’attimo dopo sparisce come se fosse stata trasportata altrove nel tempo e nello spazio.

È il 1896 e in quel taglio temporale nella ripresa, in quei fotogrammi mancanti che interrompono la continuità, nascono gli effetti speciali. Méliès capisce che il cinema è illusione.

Il cinema può tutto e lo dimostra immediatamente in quell’ Escamotage d’une dame chez Robert-Houdin, in cui fa scomparire una donna. Niente botole sul palco, niente specchi solo il perfezionamento di un errore, un incidente che avrebbe inciso il suo nome tra i precursori della settima arte. Non si ferma: sperimenta senza sosta con la pellicola, la taglia, la incolla, la sovraimprime, utilizza mascherini, muove la macchina da presa. Tutto nel nome dell’intrattenimento.

Per la prima volta il pubblico incontra il diavolo Le manoir du diable (1896) da molti considerato il primo film horror della storia e forse lo è davvero, vede un poltergeist (L’auberge ensorcelée), visita un castello infestato (Le château hanté), vede una testa staccarsi da un corpo e moltiplicarsi (Un homme de têtes). Sono tutte produzioni della Star Film, la sua casa di produzione, creata sul modello delle grandi società Americane.  Crea una compagnia di attori: sono membri della sua famiglia, attori del Teatro Du Chatelet, dell’Opera.  

È il 1897 quando costruisce a Montreuil il primo studio cinematografico della storia del cinema. Si tratta di uno spazio di diciassette metri per sessantasei costruito in gran parte in vetro: è una vera serra gigantesca. Si gira durante le ore di luce, si allestisce quando la luce va via. Méliès è tra i primi a comprendere l’importanza della suddivisione del lavoro. Lui supervisiona qualsiasi cosa ma si circonda di gente specializzata che gli permette di pensare in grande. Méliès produce tantissimo, senza sosta.

Nel 1898 realizza La lune à un mètre e pone le basi per il genere fantascientifico genere che rifrequenterà nel 1902 con la sua opera più famosa: Voyage Dans la lune.

Viaggio sulla luna

Tre mesi di riprese, trenta scene diverse, quindici minuti di durata: Méliès ha il coraggio di osare, di spingersi lì dove nessun altro cineasta si era spinto precedentemente. È un’innovazione mai vista prima, un vero blockbuster su cui il regista investe tantissimo tempo e tantissimo denaro. Il regista porta l’uomo sulla luna sessantasette anni prima degli Americani (o di Stanley Kubrick, stando alle leggende) e lo fa partendo da Jules Verne.

Sono Dalla Terra alla Luna e il suo seguito Intorno alla Luna a fornirgli l’ispirazione per la storia. Sono i romanzi che lui ha letto da ragazzo e che hanno incantato intere generazioni.  Da I primi uomini sulla Luna di H. G. Wells invece prende in prestito i primi alieni della storia del cinema. Il titolo è un omaggio all’operetta Le Voyage dans la Lune del 1875 di Jacques Offenbach, ispirata anch’essa dai romanzi di Verne. Méliès mette in pratica tutte le sue sperimentazioni per quello che deve essere il suo capolavoro. Per le riprese realizza scenografie dettagliatissime e costumi realistici. Un progetto assolutamente ambizioso e visionario. Nel 1902 gli studi non sono dotati di elettricità così si gira tutto nei giorni di sole e senza sosta: la camera si ferma solo per cambiare scenografia. Ne realizza una versione a colori (recuperata nel 2011 e per molti anni considerata scomparsa) ma i costi di duplicazione saranno troppo alti per una vera diffusione poiché ogni fotogramma è colorato a mano.

Il razzo è partito, lo spettatore ha visto lo spazio. Il viaggio per Méliès non può ridursi al terreno, il viaggio per Méliès è scoperta, ricerca, ritorno alla felicità dell’infanzia.

Sin dalla sua prima proiezione Voyage Dans la Lune riscuote un successo senza precedenti. Méliès inizia a vendere copie anche all’estero e partecipa a proiezioni nelle principali capitali europee. Nelle città più fortunate (poche), il regista porta la sua versione a colori. Il suo limite, è l’incapacità di essere un vero distributore. Le copie vengono vendute singolarmente e lui non sa come gestire i profitti delle proiezioni.

Una finale amarissimo

Un successo sì, ma un successo amaro: Méliès vede solo pochissimi soldi. A pochi giorni dal clamore mediatico la pellicola viene rubata e mandata ad un laboratorio dove viene creata una copia in negativo.  Méliès scopre dalla radio che il suo film viene proiettato in America di continuo con incassi da record senza pagare nulla al suo produttore. La casa di distribuzione è la Edison che si rifiuterà di scendere a patti con il cineasta. Per proteggersi anche per i suoi futuri lavori Méliès manda suo fratello Gaston in America ad aprire un ufficio della Star Film. Questa impresa avrà dei costi esorbitanti. In pochi anni scoppierà la grande guerra, altre società manderanno l’uomo su Giove, Marte e persino sulle stelle. La luna però resta inimitabile.

Nel 1908 la Pathè realizza un remake fotogramma per fotogramma di Viaggio sulla luna.  Si chiama Excursion dans la lune per la regia  Segundo de Chomón. Il film è dimenticabilissimo ma è completamente a colori. Méliès aveva già tentato questa operazione ben sei anni prima.

Sarà proprio la Pathè nel 1911 a stipulare un contratto esclusivo per la distribuzione con la “Star Film”, sollevando il regista da alcune beghe finanziarie. La società francese prende il controllo editoriale sul film esonerando di fatto Méliès da qualsiasi forma di guadagno a venire.

Per sopravvivere Méliès torna ad esibirsi al suo teatro il Robert Houdin che verrà chiuso dalla polizia allo scoppio della Grande Guerra ragioni di ordine pubblico.

Non c’è più spazio per il cinema nella vita del visionario cineasta. I suoi studi cinematografici vengono così trasformati in un teatro che è costretto a vendere nel 1923 alla Pathè, a causa di un ingente debito.

Amareggiato, per recuperare finanze, Meliès vende gran parte delle sue pellicole a dei venditori ambulanti e ne brucia le restanti per poterne ricavare l’argento, segnando di fatto l’oblio di molti suoi lavori.

Paradossalmente, l’immortalità del genio di Georges Méliès verrà riconosciuta dalle generazioni a venire grazie alla pirateria. È proprio grazie alla Edison e le altre case che avevano piratato le sue opere se il suo lavoro è in parte sopravvissuto.

Ridotto a vendere caramelle nella Gare du Nord, morirà di cancro a settantasei anni, nel 1938 inconsapevole di essere diventato immortale.

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