80esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, la delusione dei film italiani e i temi per l’Europa

by Tommaso Campagna

Finita anche l’80esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Mostra che celebra la sua veneranda età con un denso saggio di Brunetta e con un bel documentario sulla sua storia che ha il solo difetto di utilizzare la voce off di Carla Bruni.

Oltre 9000 i prodotti audiovisivi selezionati durante tutto l’anno da un nutrito gruppo di esperti. 23 i film scelti per la sezione principale. Sei italiani (troppi), due polacchi, tre francesi, un giapponese, un cileno, cinque americani, un danese, uno svizzero/tedesco, un messicano, un belga, un britannico/greco. I film italiani hanno molto deluso, se si eccettua Garrone, vincitore del leoncino d’oro attribuito dai giovani studenti oltre che del premio per la miglior regia e il premio Mastroianni al suo giovane, bravissimo protagonista.

Il tema dell’immigrazione è stato al centro anche del film della Holland in cui emerge l’enorme differenza nel trattamento di popoli che fuggono da analogo destino (quello della guerra e della privazione dei diritti). Film che andrebbe fatto vedere in una seduta speciale del Parlamento europeo e poi discusso da tutti gli europarlamentari, in presenza anche della Commissione UE. Riuscitissimo anche l’altro film polacco, su altro tema sociale importante come quello della riassegnazione di genere, ancora un miraggio in Paesi europei come la Polonia.

Tre film biografici sulle figure di Enzo Ferrari, Leonard Bernstein e Priscilla Presley. Un dark movie grottesco e amaro sulla figura di Pinochet, assetato di ‘sangue e di denaro’ (altro tema alla base di una serie tv francese di Giannoli, molto apprezzata, con una grande interpretazione di Vincent Lindon sulla celebre truffa Iva ai danni di Stati europei per quella aberrazione che è tuttora il mercato dei cosiddetti ‘diritti di inquinamento’) e un capolavoro geniale e stimolante come ‘Poor Things’ di Yorgos Lanthimos, vincitore, con ampio merito, del premio più prestigioso. Il premio conferito ad Hamaguchi (il suo è un film sull’importanza di non cedere mai alle logiche del profitto quando c’è in gioco anche il pur minimo impatto sull’ambiente) corona le scelte ‘etiche’, oltre che estetiche, operate dall’ottima giuria coordinata da Chazelle alla quale può forse solo addebitarsi la scelta infelice di premiare la protagonista del film della Coppola.

Forse si sarebbe potuto conferire la Coppa Volpi (finalmente non più disgiunta nel genere femminile e in quello maschile) alla splendida interpretazione di Malgorzata Hajewska per uno dei due film polacchi in concorso “Kobieta z…” di Malgorzata Szumowska e Michal Engler (con omaggi a Wajda e Kieslowski).

Fuori concorso, apprezzabile il 50esimo film di Woody Allen (che non si è risparmiato sul red carpet avvicinandosi al pubblico presente) mentre è risultato francamente imbarazzante quello di Polanski. Toccante anche il film che ha chiuso il festival (La sociedad de la neve) con la presenza in sala di alcuni dei sopravvussuti al disastro aereo del 1972 ove i diciassetti sopravvissuti all’impatto dell’aereo sulle Ande furono costretti ad atti cannibalici per sopravvivere in attesa di soccorsi che non sarebbero più arrivati, se non a seguito di un vero miracolo e solo dopo 71 giorni di gelo e sofferenze.
Occorre dire che il successo di “Green border” e di “Io Capitano” sono un evidente e lampante messaggio lanciato ai governi di destra che albergano in Europa. Ma il cinema (come la letteratura, la musica e l’arte in genere), non è proprio una passione per certa politica. Messaggio che resterà quindi inascoltato.
Veniamo all’organizzazione della Mostra. È sempre una grande emozione vedere tantissimi giovani studenti universitari (e non), appassionati della settima arte, parlare, in ogni lingua, di film e interpretazioni. Voci e musiche che si rincorrono nelle vie adiacenti alle sale. Colli incorniciati da laccetti rossi con l’accredito ciondolante (oltre 13000) e teste chine su smartphone e tablet per carpire gli agognati posti nelle sale (sempre più numerose e sempre più belle). Anche il sistema delle prenotazioni alla fine ha funzionato benissimo. Notevole anche la sezione classici con i capolavori restaurati di Tarkovskji, Saura, Naderi, Friedkin, Losey, Cengic, Paradzanov, Varda, Shinji Somai (che ha vinto meritatamente, ma sono stati tutti bellissimi). Una festa per gli occhi e per i sensi (Venice immersive al Lazzaretto ha avuto un ennesimo riscontro importante di pubblico). Insomma, un nuovo successo per Barbera e il suo staff per uno dei ‘festival’ di cinema (non chiamatelo però mai così) che resta uno dei tre più importanti al mondo.

le foto sono di Stefania d’Alessandro

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