Alice e il sindaco, la virtù della modestia nel paese del possibile

by Tommaso Campagna

Lui è il sindaco della seconda città, per importanza, di Francia, lei una giovane insegnante di filosofia, il cui volto emana costantemente una luce, ma una luce “modesta e gradevole al pari di quella della luna; non il barbaglio strano e guizzante del lampo” come direbbe di lei uno scrittore come Ippolito Nievo.

Lui è il socialista Paul Théraneau (Fabrice Luchini, straordinario come sempre), sindaco di Lione, in crisi di idee. Lei è Alice (nome non scelto a caso in quanto, come l’Alice di Carroll si veste di stupefazione e incredulità di fronte ad un ambiente, quello della politica, che potrebbe essere meraviglioso ed è invece abitato da individui che lo immiseriscono) con il volto di Anaïs Demoustier, che incanta. Lei è giovane, intelligente e simpatica. Lui appare stanco, appesantito da una politica che ama, ma da cui si sente abbandonato come da un’amante che non riconosce più. E’ attorniato da schiere di consulenti ed esperti per creare piani di comunicazione e strategie. Viene persino assoldato, a fior di quattrini, una specie di archistar, per pensare a come rilanciare la città di Lione in occasione dei suoi 2500 anni di vita.

Lei ha il compito di restituire le idee al sindaco. Ma cosa sono le idee? Visioni di futuro o strumenti per dirigere il presente?

Siamo in un contesto ben conosciuto anche nel nostro Paese. Da un lato un partito di sinistra chiamato a fronteggiare la disaffezione della gente per la politica, dall’altro una destra ondivaga, senza una propria idea di politica che vada oltre il tema della sicurezza (che si limita a respingere il diverso) e la riduzione delle tasse, una destra che organizza la propria politica sulla base delle pulsioni e delle impressioni del potenziale elettore, rilevate da sondaggi.

Non è il primo film del genere che si gira in Francia. Da noi ormai film cosi non se ne fanno più. Dopo Moretti, si potrebbe dire, il buio. Certo, ci sono stati film che hanno indagato la storia della nostra politica, da “Il divo” di Sorrentino a “Hammamet” di Amelio, passando per una serie tv come 1992, 1993 e 1994. Ma una discussione, alta, sulla necessità di pensare ad un’altra politica, che ci renda consapevoli che essa non è quella dei teatrini cui siamo costretti ogni giorno ad assistere, non c’è mai stata.

La protagonista del bel film di Nicolas Pariser (Alice et le Maire, 2019, distribuito in Italia con il titolo “Alice e il sindaco”), incentra il suo primo scritto a beneficio del Sindaco sul concetto di modestia. Una virtù che è completamente scomparsa, soppiantata dalla vanità di una classe politica incapace di ripensare se stessa e dalla vanità di una élite intellettuale saccente e boriosa, convinta della propria superiorità e incapace di parlare alla politica. Alice ricorda che ci sono sempre stati principi e intellettuali. Il problema è che il re Sole si nutriva del pensiero di un Moliere o dell’arte di un Lully. Oggi la maggior parte dei politici si avvicina all’atteggiamento di Goebbels nei confronti della cultura e metterebbe mano alla fondina, se potesse.  Uno degli intellettuali contesta ad Alice di farsela con i politici che “non leggono mai un libro”. E di libri invece si circonda il sindaco e la sua ispiratrice, dei libri di Orwell, di Rousseau, fino alla amara chiusura melvilliana. Ma quanti ne conosciamo di sindaci che leggono? E non si dica che non hanno tempo, perché il tempo per il nutrimento lo si trova sempre.

Occorre allora una narrazione per dare sostanza alle idee. Occorre ripensare la politica non più come ad un mero strumento di “gestione della penuria”. Come uno strumento per gestire il quotidiano, con atteggiamento da contabile, senza un interscambio con il pensiero. Ma se questo deve fare il politico, anche l’intellettuale deve smettere di parlare solo con il proprio pari. Non ci si può limitare a criticare e a disprezzare la politica.  

Di fronte a un’opera di Wagner, l’archistar chiede ad Alice: «Allora, l’è piaciuta l’arte totale?». Il punto è esattamente quello, la gestione della totalità. L’insieme delle forze contrastanti che la politica deve gestire. Lo vediamo anche oggi: da un lato l’interesse alla Salute, dall’altro le pressioni dell’Economia. E i politici migliori, come il sindaco socialista interpretato da Luchini, finiranno con il rinunciare alla lotta, con il «preferirei di no» di Bartleby con cui si chiude il film.

Ma il film, prima di concludersi, lascia allo spettatore una speranza, quella del discorso (che non sarà mai pronunciato) scritto a due mani, da Théraneau e da Alice, dal politico e dall’intellettuale. Un discorso che non sentiremo mai purtroppo, un discorso contro la finanza, a favore di una vera istruzione di massa, alla diffusione della cultura, quella cultura che Cassirer oppose a Heidegger nello ‘scontro’ di Davos del 1929, una cultura che sia di stimolo per il vero progresso dell’umanità. Un discorso centrato ancora una volta sulla modestia, la vera sconosciuta del nostro tempo. Sulla modestia occorre ritrovare le basi e le idee da cui ripartire. E allora come sarebbe bello se i sindaci delle nostre città si sedessero ad un tavolo con le migliori giovani intelligenze prodotte dalle nostre Università per raccogliere idee e visioni in cui immergere la totalità del nostro futuro.

E’ l’augurio che faccio per il 2021 alla politica e al pensiero della nostra città e del nostro Paese.

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