HAMMAMET – il trucco c’è e si vede.

by Marco Pezzella

Hammamet è una rosa rossa che perde i suoi petali molto lentamente.

Gianni Amelio, regista di questo ritratto storico di Bettino Craxi, è regista di film d’essai.

Fra i pollici che si abbassano contro il cinema italiano e chi rimane Tolo Tolo, per Hammamet il pollice rimane a metà. Non va né su né giù, per dirla alla Virzì.

A metà come appare l’approfondimento dell’opera di Amelio: lontano dall’essere un didascalico affresco della vita politica di un socialista italiano e altro rispetto ad una ricostruzione scomoda di un qualsivoglia Divo sorrentiniano, non di Sorrento, ma raccontato da Paolo Sorrentino.

Hammamet è un film che se ne sta lì, placido, esattamente come il suo protagonista, sdraiato nella sua villa a Tunisi.
Il primo piano siliconato di Pierfrancesco Favino, ancora una volta si assiste ad una prova attoriale oltre ogni ragionevole aspettativa, offre con calibrato entusiasmo uno sguardo nostalgico su quello che è stato il PSI.

Il film di Gianni Amelio è un film politico, è un pugno alzato in un mare di pollici virtuali, ma è straordinariamente lento. Lento come lo è la memoria italiana, lento come la voglia di cambiamento italiota. Lento, non svogliato. Lento e basta. Volutamente lento.

“Ma che te ne fai della lealtà di uno stupido?”

Questo approccio retorico sul mondo e chi lo abita è peculiarità del socialista Craxi, ma può senz’altro stimolare una riflessione attuale, lungi dal sottoscritto assecondare un credo politico di cui non ho alcuna cognizione.

Vestendomi da scettico blu non assecondo, invece, la scelta dell’attor giovane compiuta dal Maestro Amelio. Ironia della sorte, affiancare Favino non è certo un gioco da ragazzi, ma ricordo la brillante prova del giovane Spadino in Suburra all’atto di minacciare proprio il “parlamentare” Favino.
Vero è che il cinema è soprattutto fisicità e sguardo, ma l’interpretazione di Luca Filippi appare sommaria, diligente ma poco sentita, poco empatica; di tutt’altra stoffa il rapporto Generale – Comandante, fra Craxi e il paffutello nipote cliofilo, soprattutto nella spiegazione cantata dello sbarco dei Mille.
Hammamet è dunque dimora di una straordinaria interpretazione attoriale, ma non può dirsi un’opera fondamentale nella filmografia italiana o un kolossal alla pari del Lincoln tutt’intorno alla splendida interpretazione di Daniel Day Lewis di qualche anno fa.

A dispetto di tutto la sala smentisce quest’analisi: Hammamet, probabilmente rapendo gli scettici Zaloniani, apre in seconda posizione totalizzando più di cinquantatremila presenze in due giorni.

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