“Blade Runner” e le giuste previsioni di Ridley Scott (pioggia a parte)

by Marianna Dell'Aquila

Liberamente ispirato al romanzo di Philip K. Dick Il cacciatore di androidi del 1968, la pellicola di Ridley Scott è ancora oggi considerata un cult, uno dei più importanti film di fantascienza della storia del cinema.

Ambientata in una Los Angeles distopica e chiassosa, la trama ruota intorno a Rick Deckard (Harrison Ford), un cacciatore di replicanti a fine carriera che però accetta di compiere la sua ultima missione: trovare un gruppo di replicanti scappati dai campi di lavoro e nascosti nei meandri della città. Ma chi sono questi replicanti? Sono androidi costruiti per essere impiegati nei cambi di lavoro extraterrestri. Realizzati appositamente con le sembianze umane, sono la massima espressione dell’Intelligenza Artificiale di ultima generazione. Rick Deckard si muove in una Los Angeles multietnica e rumorosa. E’ un mondo in cui a causa dello smog non smette mai di piovere e non esiste più il Sole. Le strade sono coperte dalla nebbia e dall’umidità, illuminate solo dalle luci artificiali e chiassose dei cartelloni pubblicitari.

Il tema dell’Intelligenza Artificiale è centrale nella storia sia del romanzo che del film e sicuramente è l’anello di congiunzione tra le previsioni fantascientifiche narrate e le ricerche che oggi, nonostante non siano ancora arrivate agli stessi risultati, attirano sempre più spesso l’attenzione del mondo scientifico, tecnologico e sociale. Sappiamo anche che il tema dell’Intelligenza Artificiale è un tema che da molto tempo affascina scrittori e registi (basti pensare ad esempio ad A.I. il film del 2001 diretto da Steven Spielberg basato su un soggetto di Stanley Kubrick) e che spesso la fantascienza è riuscita ad anticipare il futuro. Tuttavia, quello che ancora oggi rende così attuale Blade Runner non è solo l’attenzione al tema dell’Intelligenza Artificiale, ma soprattutto il futuro distopico e figurativo rappresentato nel film di Ridley Scott.

Blade Runner è forse uno dei pochi casi nella storia del cinema in cui un riadattamento filmico di un romanzo è riuscito a superare il successo dell’opera da cui era tratto diventando addirittura più famoso. E in questo caso specifico, ci è riuscito perché il regista è riuscito a creare un immaginario estetico unico e originale, ancora oggi punto di riferimento per tanti film dello stesso genere.

Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick era considerato una delle opere meno importanti del grande scrittore statunitense e il mondo descritto nel suo libro era forse più simile a quello che è stato rappresentato nel sequel Blade Runner 2049 uscito nel 2017: una città semideserta e ricoperta da una coltre di polvere radioattiva. Ridley Scott invece è riuscito a mantenere i punti salienti della storia e ad integrarli con alcuni elementi nuovi, soprattutto figurativi, che gli sono serviti per creare un vero e proprio capolavoro di estetica cinematografica. Ridley Scott d’altronde è un regista nato dalla pubblicità, quindi già abituato alla creazione di immagini che devono parlare da sole, senza bisogno di troppe parole. Sappiamo anche che le fonti d’ispirazione del regista sono state tantissime: dal fumetto di Moebius e della rivista francese Metal Hurlant, dalla pittura di Edward Hopper all’immaginario cinematografico di Metropolis (1927) di Fritz Lang, fino all’omonimo racconto fantascientifico Blade Runner (1979) di William S. Burroughs al quale Ridley Scott chiese il permesso di usare il titolo anche se la storia non c’entrava nulla con la sua pellicola dell’82.

Blade Runner è quindi un film in cui indubbiamente sono le immagini a parlare. Quello che non ci viene detto con le parole ci viene raccontato dalle immagini. Ma se da un lato Ridley Scott è riuscito a creare un immaginario esteticamente così riconoscibile ed identificativo dell’opera, è vero anche che le poche parole pronunciate nel film sono indimenticabili. Chi di noi, infatti, non ricorda lo struggente monologo finale pronunciato dal replicante Roy Batty (Rutger Hauer)? Il significato di tutto il film è racchiuso nelle sue parole: è il replicante Roy a dire cosa è diventata l’umanità. Il suo è lo sguardo quasi umano di qualcuno che in realtà non lo è, ma che è stato creato appositamente per assomigliargli.

Abbiamo superato un 2019 non distopico e non post-apcalittico, non ci sono replicanti e il Sole ogni tanto splende ancora. La riposta più immediata alla nostra domanda è che sicuramente Ridley Scott è riuscito con Blade Runner a ragionare sul futuro come noi dovremmo imparare a guardare il presente. Ma siamo sicuri di riuscirci? Oppure aveva ragione Roy quando diceva “Io ne ho viste di cose che voi umani non potreste immaginarvi”?.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.