Il cinema Emma Dante ne “Le sorelle Macaluso”: “Sono legate da un legame che va oltre la stessa morte”

by Anna Maria Giannone

Era il 2014 quando dal buio della scena avanzavano nei teatri Le sorelle Macaluso. Nello spettacolo, diretto da Emma Dante, sette figlie, riunite in occasione del funerale di una di loro, riportavano in vita tutto il proprio passato, in bilico su una striscia di scotch, a separare l’aldilà dal presente.

Il lavoro era valso alla regista palermitana e alla sua compagnia, Sud Costa Occidentale, ben due premi Ubu, il riconoscimento più prestigioso della scena italiana. Solo un’ulteriore conferma nel percorso artistico di Emma Dante, da oltre vent’anni una delle espressioni più alte del nostro teatro, molto amata in Italia e nel mondo.

Nel 2020 le sorelle Macaluso sono arrivate sul grande schermo, ritorno dietro la macchina da presa di Emma Dante a distanza di sette anni dal primo riuscitissimo esperimento di Via Castellana Bandiera. Un film – si legge nella presentazione – “Sul tempo. Sulla Memoria. Sulle cose che durano. Sulle persone che restano anche dopo la morte”.

L’ispirazione parte dalla pièce teatrale per allontanarsene. Le sorelle qui sono cinque, seguite in tre momenti della vita e interpretate da dodici straordinarie attrici: Anita Pomario, Donatella Finocchiaro, Ileana Rigano, Eleonora De Luca, Simona Malato, Susanna Piraino, Serena Barone, Maria Rosaria Alati, Alissa Maria Orlando, Laura Giordani, Rosalba Bologna e Viola Pusater.

Katia, Antonella, Maria, Lia, Pinuccia, si muovono in una Palermo che Emma Dante ha già scandagliato, fin nelle periferie più nascoste, in molto del suo teatro. Nella loro casa di figlie senza genitori le sorelle crescono, mutano, invecchiano e muoiono, senza mai spezzare il legame che le unisce, senza mai uscire l’una dalla vita dell’altra.

Molto applaudito alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia, nelle sale dallo scorso 10 settembre, il film ha già ottenuto un ottimo consenso, confermando l’amore del pubblico e della critica per il lavoro della regista palermitana.

È arrivata al cinema dopo molti anni di teatro. Quando ha deciso di sperimentare questo sconfinamento?

È successo con il mio primo film, sette anni fa. Là è nata la curiosità verso questo linguaggio, la volontà di fare cinema. Via Castellana Bandiera è stato tratto dal mio romanzo edito da Rizzoli, Quella delle Sorelle Macaluso è invece la trasposizione dalla pièce teatrale, anche se il film è molto diverso dallo spettacolo. Prima di allora avevo sempre vissuto il cinema da spettatrice, non avevo mai fatto neanche un corto, non avevo nozioni di fotografia. Il mio è stato un passaggio abbastanza selvaggio. La prima volta ho avuto più difficoltà, ero regista ma anche attrice del film e questo continuo entrare e uscire è stato faticoso. Questa volta, rimanendo solo dietro la macchina da presa, ho potuto gestire le fila del racconto con più agiatezza, mi sono sentita molto bene.

Sono passati un po’ di anni dal suo esordio cinematografico. Come mai questa lunga pausa?

A distanza di sette anni mi sono trovata nella stessa atmosfera. In questo tempo non mi sono affannata più di tanto per cercare una produzione per il secondo film. Il mio lavoro è il teatro, non ho avuto fretta, ho saputo aspettare e questo è stato molto significativo. Ho avuto il tempo di ascoltare la voce di dentro che si stava formando.

Nella stesura del film è stata affiancata da due scrittori, Giorgio Vasta e Elena Stancanelli

Elena è alla sua prima sceneggiatura, Giorgio ha lavorato con me già in Via Castellana Bandiera. Entrambi sono molto importanti per me: sono due menti, due veri intellettuali. La loro scrittura ha contribuito in maniera molto forte al film, anche se poi le pagine si sono inevitabilmente trasformate. La traccia scritta prende vita, corpo, si fa realtà e diventa altro.

Nella presentazione della storia ha definito le cinque sorelle Macaluso “un unico organismo vivente”. Ci spiega?

Le cinque sorelle sono legate da un legame che va oltre la stessa morte. In un corpo che vive per molto tempo intatto, la perdita di un arto non intaccherà il senso di completezza. Anche se mutilato, un corpo vivente riuscirà per sempre a sentire il suo pezzo mancante. Quando muoiono fisicamente due delle sorelle, Antonella, la più piccola, prima e Maria, la più grande, dopo, questo organismo unico perderà due arti ma continuerà a sentirli sempre vivi.

Nello spettacolo teatrale le sorelle attraversano continuamente il tempo, si muovono fra la vita e la morte. Nel film invece il tempo passa, le sorelle invecchiano…

È un film sull’ineluttabilità del destino. Il tempo passa, ma lo spettatore non ha la percezione che questo accada davvero. La storia attraversa ottant’anni, dagli anni ‘90 fino a un 2040 senza nessuna pretesa di futuribilità. Ma in realtà e come se il tempo si fermasse. Una sorella muore e il tempo si sospende, le altre non riescono a togliere dalla vita questo legame. Anche la casa cambia il suo aspetto, ma rimane intatta.

La casa ha un ruolo importante nella storia, un’altra sorella?

La casa è un altro corpo. È ripresa sempre, anche quando è vuota. Lo sguardo insiste sugli oggetti, i particolari. Abitiamo case che diventano parte di noi, la nostra personalità vive nelle case. Porte chiuse, letti disfatti, oggetti, aloni sulle pareti: tutto nella casa vive e assorbe la personalità delle sorelle.

Lei è molto seguita dal pubblico del teatro. Che idea si è fatta del suo pubblico al cinema, crede di essere riuscita a parlare anche a chi non la conosceva?

Spero di sì, ma di questo non ho certezza. Faccio teatro da vent’anni. Ho un pubblico che mi segue da molto tempo, curioso di vedermi anche al cinema. Con il cinema sono alle prime armi. Mi auguro che ci siano anche spettatori che per la prima volta si avvicinano a me attraverso il film.

Questa estate ha prodotto un nuovo lavoro teatrale per il Festival di Spoleto, I messaggeri. Riusciremo a vederlo? I suoi spettacoli riusciranno a girare nonostante le restrizioni?

Il teatro fa molta fatica a ripartire. Pensiamo al teatro lirico: è ripartito, ma senza le regie. Lo spettacolo I messaggeri è stato realizzato in esclusiva per il Festival di Spoleto e per ora non ci sono possibilità di vederlo altrove. Ma anche tutti i miei spettacoli nati prima del blocco sono fermi. Il mio teatro è fatto di corpi, di relazioni, difficile per questo momento…

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