“Il filo invisibile” su Netflix: Leone e i suoi due padri. Tutte le famiglie felici sono uguali

by Paola Manno

“Il filo invisibile” porta sul grande schermo, finalmente, una famiglia omogenitoriale che in nulla, ma proprio in nulla, si discosta da quelle cosiddette “tradizionali”. Uscito al cinema il 21, 22 e 23 febbraio, disponibile su Netflix dal 4 marzo ed entrato immediatamente nella classifica dei film più visti, il quarto lungometraggio di Marco Simon Puccioni ha molti tratti in comune con le note commedie a cui lo spettatore italiano è abituato e questo, per certi aspetti, è un bene.

Leone è un adolescente romano figlio di due padri, Simone e Paolo, nato negli States grazie a Tilly, una madre surrogata. Alle prese con i problemi tipici della sua età, tra i quali una cotta per la bellissima Anna (interpretata da Giulia Maenza), appena trasferitasi a Roma, Leone sta portando avanti il lavoro di fine anno: un reportage sulla sua famiglia, un piccolo documentario che parla di inseminazione artificiale, di matrimoni tra persone dello stesso sesso, di adozione, di discriminazione, di diritti e soprattutto d’amore. Nel frattempo frequenta feste, corre nei parchi in bicicletta, pratica l’arrampicata sportiva, si fa una cannetta ogni tanto, finché arriva il giorno in cui Anna accetta il suo invito a cena. È l’anniversario di matrimonio dei suoi e, come nelle migliori commedie, sarà proprio durante la cena che, a seguito di situazioni tragiche ma esilaranti, il ragazzo scoprirà del tradimento di Simone. Così comincia per Leone il difficile percorso verso l’età adulta, grazie alla scoperta che, per dirla alla Tolstoj, “tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.

Ciò che fino a quel momento è stato infinitamente semplice, e perciò tanto speciale (la felicità di una famiglia fondata sull’amore tra i due papà) scompare all’improvviso e diventa altro: fatica, dolore, incredulità, rabbia. Proprio come in tutte le altre famiglie del mondo. È in questo che risiede l’aspetto più interessante del film, riassunto nella felice battuta del miglior amico di Leone: “Capita a tutti Leone. Benvenuto nel mondo reale. E poi non è questo che volevi dimostrare? La tua famiglia può essere una merda. Come la mia. Come quella di tutti”. Ecco, la democrazia dell’infelicità.

La storia di Simone (Francesco Scianna), titolare di un ristorante di lusso, e di Paolo (Filippo Timi), architetto ansioso e responsabile, è la storia delle moltissime coppie che affrontano un tradimento. È facile immedesimarsi in uno o nell’altro, in chi tradisce o in chi non è capace di accettare, e non, semplicemente, nella figura di una moglie o di un marito. Il film si sofferma inoltre sull’amore per i figli che, in casi come quello di Paolo e Filippo, è tormentato dalla paura di poter perderne l’affidamento. Dalla separazione della coppia, tutto ruota attorno a Leone, al suo turbamento e alle sue riflessioni, grazie alla magistrale interpretazione del giovane Francesco Gheghi (che il grande pubblico ha conosciuto in “Mio fratello rincorre i dinosauri”) che con naturalezza ci regala il ritratto di un adolescente fragile nella sua maturità, attento nella leggerezza dei suoi anni. Apprezzabili anche le interpretazioni di Scianna e Timi che, mai sopra le righe, interpretano con convinzione un amore che finisce e un altro, quello per il figlio, che invece non finisce mai.

Prodotto da Viola Prestieri e Valeria Golino, “Il filo invisibile” si lascia guardare con leggerezza, grazie a momenti di comicità a volte troppo facile (ma convincente) e alla mancanza di giudizi o prese di posizione ostentate: è una pellicola senza fronzoli che spinge lo spettatore più sensibile a delle riflessioni necessarie.

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