“Il testimone invisibile”, il remake di Stefano Mordini, che rende credibile e avvincente un racconto noir ambientato in Italia

by Giuseppe Procino

Adriano Doria è un imprenditore di successo accusato dell’omicidio della sua amante. Per costruire la sua difesa il suo avvocato lo affiderà alla penalista Virginia Ferrara. Virginia accetta il caso che sarà l’ultimo della sua carriera e non ha mai perso una causa in tutta la sua vita ma ha bisogno che Adriano le riponga la sua totale fiducia e gli racconti tutta la verità sugli eventi.

“Il testimone invisibile” è il remake del film spagnolo del 2016 Contrattempo (Contratiempo) diretto da Oriol Paulo. Della pellicola originale mantiene l’impianto narrativo e sulla carta, sembra partire in una posizione di svantaggio, se non altro perché il nostro cinema non è solito abitare le stanze del mistero. Negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi di rianimare la tradizione di un certo tipo di cinema, tentativi a volte riusciti altre volte meno. Il problema spesso è quello di cercare di uscire dalla bolla dell’indipendenza ad ogni costo, semplicemente con l’ausilio di nomi noti al grande pubblico o riuscendo ad intercettare budget consistenti. Quello che spesso manca è una credibilità dal punto di vista della scrittura, del racconto dei personaggi o, peggio ancora, vi è il tentativo di cercare a tutti i costi di riportare situazioni di un cinema internazionale nel nostro ambito italiano che, facciamocene una ragione, altro non è che una provincia sovradimensionata.

Nel caso di questa pellicola la vera sorpresa sta nel non cercare di adattare un contesto narrativo al nostro territorio bensì il contrario. “Testimone invisibile” riscrive la pellicola spagnola cambiando in primis il punto di vista, cambiando ridimensionando le vicende rispetto al nostro territorio che non è fatto solo di luoghi ma anche di dinamiche sociali, di linguaggio. A tratti supera l’originale in credibilità dando a Virginia un cognome italiano ad esempio (a differenza della pellicola originale dove l’avvocatessa ha un cognome inglese). Sono dettagli, sì, ma rappresentano uno dei punti di forza di questo film.

Stefano Mordini, regista e sceneggiatore, compie un’operazione convincente: rendere credibile e avvincente un racconto noir ambientato in Italia. La regia diventa una conseguenza di uno script concepito in maniera impeccabile, in grado di rendere convincenti colpi di scena davvero sconvolgenti. Anche i personaggi emergono in maniera naturale riflettendo quattro bellissime prove d’attore. Riccardo Scamarcio (ormai attore imprescindibile dalla filmografia di Mordini) offre a Doria volto, voce e tantissime ombre attraverso un’interpretazione assolutamente matura e realistica, Maria Paiato ci regala un personaggio memorabile, freddo e distaccato, un avvocato del diavolo cinico e calcolatore.

Accanto al duo Scamarcio-Paiato, motore principale della pellicola, abbiamo un altrettanto straordinario Fabrizio Bentivoglio, maschera di una disperazione lucida e ovviamente Miriam Leone nell’obbligatorio e terrificante ruolo della Femme Fatale. Come nella pellicola originale, in “testimone invisibile” vive l’ombra della cinematografia classica del nero e la fatalità del normale di Alfred Hitchcock di cui entrambi prendono in prestito l’impianto narrativo e l’ambiguità dei rapporti umani esaltandola attraverso una sceneggiatura sorprendente. Il tutto si estende per 100 minuti densissimi e immersivi in grado di ricreare un’atmosfera che nulla ha da invidiare al cinema straniero.

Tutto questo rende “testimone invisibile” davvero una bella sorpresa da non perdere assolutamente.

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