Io della Luna… me ne infischio! Anzi… me ne strainfischio! Il pensiero divergente di Totó

by Gabriella Longo

Ce lo ricordiamo tutti, in Totó nella luna (1958) accanto alla spalla Ugo Tognazzi, una parodia de L’invasione degli ultracorpi (1956) di Don Siegel, film che giunse in Italia e lasciò il segno, diventato poi un cult del genere cinematografico, tanto da contare oggi ben tre remake (il più recente è Invasion del 2007).

Nella pellicola di Siegel gli extraterrestri creavano copie degli abitanti della Terra facendole schiudere dal ventre di enormi baccelli: similmente Totò, che qui interpreta Pasquale, e Tognazzi, che invece è Achille, subiscono la clonazione da parte di una forza misteriosa che invia sul pianeta un “fagiolone germinatore” e che li trasforma nei temibili Cosone 1 e Cosone 2. Si scoprono del tutto privi di poteri extra-ordinari, semmai provvisti di una accentuata rigidità nella camminata il primo e di una lallazione regressiva il secondo.

Dal 1947 al 1958 i film con Totò hanno incassato 27 miliardi di lire e contato oltre 250 milioni di spettatori. Definito il divo dei “poveri” ha incarnato le aspirazioni e i sogni di tutta la provincia d’Italia, culturalmente e socialmente depressa. La stragrande maggioranza dei suoi film è stata confezionata per il consumo esclusivo delle classi meno abbienti. Le sue doti sono state profuse in pellicole spesso scadenti ma lo scarso ingegno di registi e sceneggiatori non ha fatto che mettere in luce maggiormente il genio dell’attore. La serie di pellicole di successo alle quali il comico napoletano ha rifatto il verso è lunghissima: da Totò le Moko a Totò Tarzan a Totò e Marcellino, Totò e Cleopatra, Totò e Maciste e altri titoli più o meno desunti da aspetti e fenomeni del mondo dello spettacolo. Altre volte il pretesto narrativo era fornito dall’attualità o dal costume come Totò cerca casa, I tartassati  fino a film in cui il fulcro era rappresentato ancora più magicamente dalla presenza dell’attore, rincorrendo i trucchi del repertorio comico d’ogni tempo: primo tra tutti, lo sdoppiamento del personaggio. Due identiche metà che si alternano e fronteggiano per tutta la vicenda. Come Totò nella luna.

Siamo nel 1958, dunque, anno del lancio del Pioneer il quale, esploso rovinosamente prima di entrare nell’orbita lunare, aveva comunque spianato la strada all’epoca della conquista spaziale, nonché ad un diffuso sentimento d’onnipotenza per le possibilità derivate dal progresso scientifico.

In questo clima di concitata ammirazione dell’Italia e del mondo, per i prodigi dell’America, fra immagini di repertorio di Cape Canaveral (o come direbbe Totò, Capo Cadavere) e scienziati che lavorano al lancio del missile, la forza aliena del film di Steno capovolge i calcoli degli ingegneri per scongiurare l’arrivo degli umani a turbare la quiete dello spazio.

“Ma che se ne fanno dello spazio dico io?”, afferma caustico Totò. E il suo è davvero un pensiero divergente perché a quel tempo i giornali pullulano di resoconti spaziali, e il mondo è con la testa rivolta all’America; ma il suo cinismo nei confronti della scienza e della fantascienza, sintetizza un po’ lo stigma che da sempre fa compagnia al genere.

Totò veste i panni di Pasquale, editore di una rivistucola per soli uomini di nome Soubrette, che vive secondo la filosofia del “meno mostri, più donne bone”, aiutato da Achille (Ugo Tognazzi), fattorino e maltrattatissimo collaboratore, grande divoratore di romanzi fantascientifici con il sogno di pubblicare un suo romanzo e sposare la figlia di Pasquale, la bellissima Sylva Koscina. Ma Achille è anche l’unico ad avere qualcosa di davvero straordinario, bramato da importanti scienziati che hanno scoperto il “glumonio” nel suo sangue, proteina prodigiosa che lo rende l’unico possibile candidato al pericolosissimo lancio sulla Luna. Ma i piani vengono sabotati dal controspionaggio e da alieni reali che mandano sulla terra due cloni di Achille e Pasquale (Cosone 1 e Cosone 2) per scongiurare l’invasione umana.

Fra equivoci linguistici, scambi di persona (perché con Cosone 1 e Cosone 2 la situazione si complica) , intrighi internazionali, e la bellissima spia russa di nome Tatiana si arriva allo sbarco su una luna in puro stile Méliès che sembra il palcoscenico d’un varietà.

Dopo Buster Keaton, tocca, dunque, anche a Totó andare sul satellite, come se oltre agli scienziati fosse un permesso sempre accordato a quelli che fanno cinema; ma questa volta la magia dei film d’inizio secolo sui mondi altri non centra più, l’intento riuscito è quello di riaffermare un genere (e cioè il film-parodia o, meglio, il film-rivista) che possa convivere col Neorealismo. E chissà che un giorno non ce lo si ritrovi ancora lì, Totò, in quello strano posto che è la Luna, dove non c’è… “la forza di gravidanza”.

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