Johnny Depp vs Amber Heard, il processo più seguito di sempre arriva anche su Netflix

by Claudio Botta

E’ stato non solo il processo del secolo, ma l’evento mediatico più seguito nella storia, per la decisione (voluta dal protagonista principale e accolta dal tribunale) di accogliere le telecamere in aula e di permettere di rilanciare le immagini in diretta streaming anche attraverso piattaforme globali come Youtube e Tik Tok (20 miliardi di visualizzazioni registrate). Il secondo e ultimo atto della saga Johnny Depp vs la ex moglie Amber Heard (dopo il primo, durato tre settimane nel luglio 2020 – nelle quali erano già emersi i retroscena oscuri e raccapriccianti di un matrimonio tormentato -, celebrato davanti all’Alta Corte di Londra e terminato con la sconfitta del divo americano che aveva querelato il Sun di Rupert Murdoch per averlo definito, due anni prima, un “picchiatore della moglie”, 2,2 milioni di spese legali e la possibilità negata di ricorrere in appello per la veridicità delle accuse mosse nei suoi confronti) si è tenuto a Fairfax, in Virginia, dall’11 aprile al 1 giugno 2022. Non semplicemente un processo per diffamazione dopo un articolo pubblicato dal Washington Post nel 2018 in cui lei si definiva un “simbolo della violenza domestica”.

La docuserie Netflix in tre puntate, ovviamente destinata a diventare la più vista di sempre, non offre dettagli inediti, sarebbe impossibile, ma offre numerosi spunti di riflessione sulla nostra epoca.

L’importanza della reputazione, in primis. Depp prima della bufera coniugale era – con Tom Cruise, Brad Pitt, George Clooney – l’attore in cima all’Olimpo di Hollywood, il più pagato, il più versatile, capace di passare dai cult movies di Tim Burton ai blockbuster Disney (Pirati dei Caraibi) e Warner (Animali fantastici), e l’aura di bello e dannato, di maudit, non era mai stata un ostacolo anzi era una componente essenziale della sua natura e del suo personaggio. Le relazioni burrascose con Winona Ryder e Kate Moss, le frequentazioni con alcol e droga, i riflettori puntati anche sul privato ne hanno amplificato fama e cachet, comunque meritato in rapporto agli incassi dei suoi film e del naturale talento. Ma era uscito devastato dalla fine del matrimonio con Heard, e quando sono stati gettati in pasto all’opinione pubblica i dettagli di una relazione tossica e autodistruttiva per entrambi, nel pieno del ciclone MeToo che ha aumentato la sensibilità per le violenze di genere, sembrava fosse arrivato il capolinea non solo della carriera: contratti unilateralmente strappati e messa al bando non solo dell’attore ma anche e soprattutto della persona apparentemente alla deriva, imbolsita, prigioniera delle sue dipendenze, dei suoi eccessi, delle sue derive. Il nuovo processo era quindi l’estremo tentativo di salvarsi e non affondare. Un all in come a poker, giocandosi tutto: quel pochissimo che restava della vita privata (l’infanzia difficile, la dipendenza da oppiacei dall’età di 11 anni, poi da cocaina e alcol) ridotta a soap opera, le pause studiate ad arte, l’intonazione memorabile (apprezzabile in lingua originale), i vestiti eleganti e le cravatte e i capelli raccolti in un codino, gli orecchini spaiati – pendente e cerchio -, il saluto e il sorriso ammiccante alla folla in delirio e in fila all’ingresso e all’uscita, lo sguardo tenebroso specialità della casa ad uso e consumo di infiniti reel sui social. Perché non può bastare avere giustizia, occorre riavere la reputazione persa.

Ancora, internet. Per la prima volta, è stato possibile seguire un processo da ogni angolo del mondo, e l’impatto sull’opinione pubblica è stato enorme. Facevano così tenerezza le continue indicazioni del presidente della corte ai giurati di staccare i contatti e la connessione internet, e non farsi condizionare dai social e dai media in generale: come se fossero davvero possibile, anche inconsciamente. Ma al di là della vicenda specifica, è un aspetto che è destinato a caratterizzare il nostro tempo e quello che verrà, i margini della privacy sempre più labili nel Truman Show delle nostre esistenze a favore di smartphone.

Le violenze di genere. Sono un altro tema sensibile, passato in sordina per secoli, finalmente messo a fuoco ma con rischi di derive controproducenti. Amber Heard era diventata una paladina proprio perché aderente a un’immagine che appariva in linea con denunce e rivendicazioni: la giovane attrice conquistata dal divo e oscurata e schiacciata dalla sua personalità, fino a diventarne succube e vittima. Un’immagine che la sterminata platea di fans di Depp non ha mai accettato, e che nel processo è stata demolita giorno dopo giorno, quando sono emerse contraddizioni e ambiguità e tutte le spie di un rapporto malato, ma da entrambe le parti. Con derive violente, ma da parte di entrambi (il dito tagliato di lui, poi ricomposto chirurgicamente). Non una sconfitta del MeToo su tutta la linea, ma la consapevolezza che i pregiudizi non devono precedere e scavalcare i giudizi, le accuse e denunce devono essere suffragate da elementi concreti, e prima dei generi sono le persone responsabili dei propri comportamenti, delle proprie azioni e dei propri pensieri.

Il peso della celebrità. Il confronto tra la filmografia dei due attori, al di là della differenza d’età, e della conseguente popolarità, è impietoso. Amber Heard nelle immagini sovrapposte a quelle del suo ex non ha alcuna chance di reggere un confronto che in aula, sui social e in tv è avvenuto a distanza di giorni, nella serie avviene invece dopo pochi secondi per una precisa scelta nel montaggio. Anche la considerazione dell’opinione pubblica presenta una differenza siderale, che le dichiarazioni balbettanti o vaghe o elusive davanti alla corte e ai giurati hanno amplificato. Il passaggio da eroina a bugiarda è stato così altrettanto repentino, e adesso tocca a lei la discesa agli inferi toccata a Depp, l’espulsione dallo star system e i copioni ridotti ai minimi termini. Anche se le zone d’ombra nella relazione permangono al di là del verdetto finale, della condanna al risarcimento danni che passerà in secondo piano perché non erano i soldi al centro dello scontro.

Il ruolo della stampa e dei media tradizionali. Il processo ha sancito, forse in maniera irreversibile, la incapacità della stampa e dei media di veicolare l’informazione verso l’opinione pubblica e di svolgere una funzione critica. Il flusso ininterrotto di immagini, parole, percezioni è stato gestito principalmente da influencer e tiktokers che hanno aumentato a livelli vertiginosi visualizzazioni e introiti. Un’accelerazione che alimenta ulteriori, inquietanti interrogativi.

E infine, la nostra morbosità. In Italia, il video più visto e commentato dell’estate 2023 è quello in cui Massimo Segre, finanziere ed esponente dell’alta borghesia torinese, legge un discorso in cui lascia la promessa sposa Cristina Seymandi dopo averla accusata di averlo tradito. Un filmato amatoriale di una circostanza privata, che non avrebbe dovuto nemmeno essere pubblicato e ha alimentato una valanga di fango che travolge non solo i diretti interessati e i familiari più stretti, ma anche diritti e codici deontologici sacrificati all’altare dei click e dei numeri. Ma proprio click e numeri confermano che esiste un pubblico, un’utenza su scala planetaria. E in quell’utenza ci siamo anche noi con la nostra curiosità/morbosità, difficile chiamarsi fuori.

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