“Letizia Battaglia: Shooting the mafia”: tra le immagini meravigliosamente cruente di una terra devastata, la vita della fotografa palermitana

by Giuseppe Procino

Letizia Battaglia è un monumento umano, un personaggio in grado di essere simbolo inconsapevole di importanti passaggi per la storia della fotografia e non solo. La vita della fotografa palermitana è a tutti gli effetti la storia di una lotta contro gli stereotipi sia di genere, sia quelli legati alla propria terra di origine. La sua fotografia dopotutto è un riassunto di queste due anime. Impossibile dividere le immagini della fotografa dal suo essere donna in un mondo di uomini, in cui era necessario alzare la voce per essere prese sul serio. Così viene alla luce il talento naturale della Battaglia, quasi per caso.

A raccontarci l’importanza di questa artista ci pensa Kim Longinotto, regista inglese di origini italiane che del racconto di un universo ingiustamente spesso al maschile ha fatto la sua cifra identitaria.

“Letizia Battaglia: Shooting the mafia” un titolo che mette subito in risalto l’importanza storica della fotografa palermitana ma che in realtà riesce anche a superare i confini di un determinato frammento temporale. La regista insiste sulle tematiche a lei care, questa volta evitando il documentario di denuncia e prediligendo il racconto, un racconto fatto quasi di un’unica voce ma che è sicuramente una voce veritiera perché Letizia Battaglia sa essere sempre spregiudicatamente sincera. Quello che la Longinotto riesce a mostrare, attraverso filmati di repertorio e le immagini della fotografa è un ritratto assolutamente sconvolgente di una donna che ha combattuto per la propria libertà contro stereotipi e imposizioni di una società machista e successivamente per la libertà di un popolo cercando attraverso la fotografia di mostrare il lato oscuro della mafia.

Tra le immagini meravigliosamente cruente, pregne di una violenza lancinante, in chiaroscuri che nascondono il dramma di una terra devastata si muove la vita di Letizia Battaglia, fotoreporter dallo sguardo sublime, in grado di mettere a nudo le contraddizioni di un periodo storico che ha segnato il nostro paese in maniera determinante. Questo bellissimo documentario non vuole essere nient’altro che un viaggio tra immagini e ricordi, riuscendo ad approfondire la donna dietro l’obiettivo svelando la personalità rivoluzionaria di un modello assoluto di testarda libertà. È un’opera che non celebra ma, al contrario, distrugge l’immagine di totale sicurezza dell’artista e ne fa emergere la natura fragile ma non arrendevole. Non si fa menzione dei prestigiosi traguardi conquistati, nessun accenno agli importanti riconoscimenti semplicemente perché la fotografia stessa di Letizia Battaglia non nasce da una finalità meramente estetica ma contiene un’anima luminosissima, un senso del dovere specifico. Attraverso i suoi scatti la Battaglia ha raccontato e, per fortuna, continua a raccontare il mondo ma anche sé stessa, rivedendosi nei volti delle donne silenti e costrette dal peso di una società in cui vince il più forte, ma anche di bambini innocenti. Sono volti bellissimi che non hanno bisogno della parola per esprimere il peso della storia. Letizia Battaglia è stata volutamente la testimone di un periodo pesante, di uno stereotipo degradante. La fotografia per la fotoreporter è un atto d’amore, la necessità di scardinare attraverso una Pentax K1000 dall’obiettivo amaccato quello che sembra essere già scritto. La Sicilia deve molto alla fotografa, al suo impegno non solo attraverso la fotografia, ma anche nel suo ostinato credere in un cambiamento che portasse i ragazzi a guadagnarsi il rispetto attraverso altre strade che non fossero le vie della violenza. “Letizia Battaglia: shooting the mafia” è questo, la storia sofferta di un talento che esplode perché incapace di essere ingabbiato, il ritratto di una donna forte, coraggiosa e con un enorme talento.

Il profilo che la regista decide di disegnare è un profilo intimo, inedito, in grado di far emergere la sofferenza dietro lo scatto e il senso che ha la fotografia per l’artista. Così partendo dall’infanzia, reclusa in casa in seguito a uno spiacevole episodio a cui la fotografa ha assistito da bambina, passando per un matrimonio infelice e asfissiante da giovanissima, Letizia Battaglia scopre la fotografia abbastanza tardi, a quarant’anni, ma ne rimane folgorata. Una storia d’amore duratura che le permette di esprimere sé stessa e quel mondo fatto di regole sbilanciate, ferite laceranti e tantissimo dolore. La fotografia che non è solo talentuosa narrazione ma anche impegno civile, rischio. Attraverso quest’opera Kim Longinotto riesce a far emergere la desolante vitalità degli scatti della fotografa siciliana rendendo di fatto il racconto una spirale di emozioni a volte davvero potentissime. Quella della Battaglia è una fotografia che vive di una forte contraddizione: tra la bellezza evocativa dello scatto e il soggetto rappresentato, significante e significato in contrapposizione per creare un movimento, una scossa decisa alla coscienza a cui nessuno può rimanere indifferente.

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