Patti in Florence, il documentario: Patti Smith da street artist ad icona vivente del punk e del rock impegnato americano

by Michela Conoscitore

Il teatro Niccolini di Firenze chiuso per lavori. Le spiegano che è il teatro più antico della città, datato 1293, allora si chiamava teatro del Cocomero. Colpita dalla storia, col chitarrista lì con lei decide di cantare una delle sue canzoni più celebri per onorare quel luogo: tutto questo accadeva nel 2009 e la protagonista del racconto è la cantautrice statunitense Patti Smith. La scena è uno dei momenti più emozionanti del documentario Patti in Florence del regista Edoardo Zucchetti che ha presentato, in anteprima mondiale alla stampa, il suo primo lavoro come evento d’apertura del 61° Festival dei Popoli al cinema La Compagnia.

Il documentario nasce dalla passione di Zucchetti per la musica e la regia che trova la sua ispirazione in occasione del ritorno di Patti Smith a Firenze nel trentennale del suo concerto, avvenuto nel 1979 allo stadio “Artemio Franchi”. Zucchetti ha seguito la cantautrice nel suo girovagare per la città perché Smith non ha solamente celebrato quel concerto memorabile, che fu un po’ la Woodstock italiana, ma ha voluto rinsaldare il suo legame con Firenze che l’ha sempre accolta con calore, esplorandola e cantando per le sue vie. Piazza Santa Croce, Santo Spirito, l’Oltrarno, il contatto con la gente e i fan che, incontrandola, le hanno continuamente ripetuto: “I was in Florence”, per testimoniarle che avevano assistito al concerto trent’anni prima.

Attraverso un racconto corale, il regista non ha celebrato solo la straordinarietà di Patti Smith, vera icona vivente del punk e del rock impegnato americano, ma ha raccontato un’epoca e un’Italia molto diversa rispetto ad oggi: la Firenze di radio 100 Fiori, del Partito Comunista con l’approvazione di Enrico Berlinguer al concerto di Smith, delle sessantamila persone che riempirono il Franchi sorprendendo la cantante che non si aspettava una così vasta partecipazione. Quelli non erano anni semplici, i concerti potevano trasformarsi in eventi rischiosi tanto da essere vietati, e dopo Bologna, il concerto a Firenze di Patti Smith fu il ritorno del rock e delle grandi manifestazioni in Italia.

Dopo alcuni anni come artista di strada, l’avventura della cantautrice cominciò nel 1971, lo racconta il chitarrista della sua band, Lanny Kaye: provenivano da una realtà molto diversa, figlia di esperimenti sociali che coniugavano il rock con la politica, dove i gruppi che nacquero nel CBGB di Manhattan si aiutavano a vicenda, consigliandosi e confrontandosi. I Ramones, i Talking Heads e poi la band di Patti Smith che si era formata per caso, accompagnando la musicista nel suo successo improvviso e rivoluzionario. Da Because the night, scritta con Bruce Springsteen, a People have the power, in Patti in Florence scorre tutta la carriera della cantante che proprio dopo il concerto fiorentino del 1979 scelse di abbandonare momentaneamente le scene.

Proprio quel suo passato da street artist che torna nel documentario perché emerge la passione della Smith per gli altri, conoscere le loro storie, le vite di chi l’ha sempre seguita in questi anni, ricercando il contatto fisico con la gente che è stata, da sempre, la sua maggior fonte di ispirazione.

Una delle ultime scene del documentario ritrae Patti Smith cantare Because the night davanti al David di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia, seicento anni di arte che si confrontano con la forza della controcultura del XX secolo di cui Smith è portatrice. Una narrazione avvincente e vincente quella di Edoardo Zucchetti che appassiona e fa storia, un intenso ritratto di Patti Smith che racchiude un universo di ideali vivi e vitali ancora oggi. Per chi volesse vederlo, in anteprima mondiale il 15 novembre, potrà seguire l’evento in streaming su PiùCompagnia, la sala cinematografica virtuale del cinema La Compagnia di Firenze.

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