Perché “L’ultima risata” è un film imprescindibile

by Tommaso Campagna

Ha detto Proust, elogiandola, che la cattiva musica è più vicina alla realtà della Missa Solemnsis op.123 di Beethoven. Ma allora perché abbiamo bisogno di ascoltare la musica d’arte? Perché non ci rassegniamo ad ascoltare la musica pop che, infatti, è la più seguita? Semplicemente perché abbiamo bisogno di credere che un altro mondo, più ispirato, sia possibile. A questo serve il patto finzionale che ogni narratore stringe con i propri lettori, il legame che ogni artista crea con i fruitori della propria immaginazione.

Perché leggere una storia che è solo frutto della creatività immaginativa dello scrittore, immedesimandosi nei personaggi, accettando l’idea che quel che leggiamo non solo è verosimile, ma può anche essere successo nella realtà o, magari, succederà in futuro? Perché leggere romanzi, perché vedere film, perché visitare una mostra, un museo, un sito archeologico?

Per sognare, ma anche per guardare ciò che è stato e prefigurare ciò che sarà o che avrebbe dovuto essere. Il ruolo dello spettatore al cinema, del lettore, del visitatore non è dissimile da quello del bambino nell’attività ludica. Apprende come interpretare il mondo e come interagire con esso. La persona che non legge, non frequenta cinema, mostre d’arte, sale da concerto è meno capace di relazionarsi con gli altri e nei contesti in cui opera. E’ questa anche la ragione per la quale, nell’Università di Foggia, ci sforziamo di dare ai nostri studenti anche queste competenze trasversali, aiutandoli a coltivare tutte le loro passioni.

Questa premessa era indispensabile per aiutarvi a comprendere perché un immenso capolavoro dell’arte cinematografica è ancora così poco conosciuto, soprattutto dalle nuove generazioni. Perché anche il meno cinefilo degli spettatori conosce “Casablanca” di Michael Curtiz e potrebbe invece non conoscere il capolavoro di Murnau? Curtiz volle far fuggire Ilsa Lund con Victor Laszlo e non con Rick Blaine proprio per la ragione per cui, noi spettatori, avremmo voluto esattamente il contrario. Ma Curtiz ci dice che la vita non è un film e che il suo film è il più possibile vicino alla vita, anche con il rischio di lasciare lo spettatore con l’amaro in bocca. Voleva che il suo film fosse il meno finzionale possibile traendo un tranello agli spettatori, così come lo aveva fatto alla splendida Ingrid Bergman che non seppe mai, fino all’ultimo, chi dei due uomini avrebbe scelto il suo personaggio.

Tutto questo per dire che, forse, il film di Murnau ha pagato questo scotto, e che lo spettatore si è sentito tradito da quel finale catartico e posticcio impostogli dalla produzione. Probabilmente il finale del film ha nociuto moltissimo alla sua conoscenza, più di quanto possa aver immaginato lo stesso autore.

Friedrich Wilhelm Plumpe, in arte Murnau, nacque in Westfalia il 28.12.1888. Appartenente ad un’agiata famiglia dell’alta borghesia e di formazione universitaria, si innamorò presto del teatro e del cinema. Fu tra i massimi esponenti dell’Espressionismo e del Kammerspiel (cinema da camera), che si svilupparono in Germania negli anni venti. Dei suoi 21 film, un terzo si è perduto (soprattutto i suoi primi film). Morì troppo giovane in California a causa della cattiva guida del suo innamorato del tempo e proprio prima di partecipare, nel 1931, alla prima del film Tabù, ultimo suo capolavoro, girato senza sonoro in un tempo in cui ormai tutti giravano in sonoro (la grande innovazione nella settima arte) insieme ad un altro gigante del cinema, Robert J. Flaherty. A tal proposito, Murnau scriverà “Il film sonoro è un grande progresso, non c’è dubbio. Peccato che arrivi troppo presto: stavamo appena cominciando a capire tutte le possibilità della macchina da presa e ora ci dobbiamo lambiccare il cervello per capire come usare i microfoni..”. E aveva ragione di scrivere così visto che è stato in grado di fare un film in cui il sonoro sarebbe stato superfluo vista la grande forza espressiva di ogni sua sequenza.

Stiamo parlando infatti de “L’ultima risata” (“Der letzte mann”, che letteralmente vuol dire “L’ultimo uomo”), primo film a noi arrivato di Murnau prodotto dall’UFA, la celebre casa di produzione cinematografica tedesca, la Universum-Film Aktien Gesellschaft).  Fu proprio l’UFA ad imporre un altro finale a Murnau e a Mayer.

Perché l’Ultima risata è tra i più importanti della storia del cinema?

Innanzitutto perché fu il parto non solo del genio di Murnau ma anche di altri due grandi intellettuali del tempo, lo sceneggiatore Carl Mayer e il direttore della fotografia e del montaggio, Karl Freund.

In secondo luogo, perché Murnau riesce a far parlare le immagini come mai era stato fatto prima nel cinema muto. Non ci sarà bisogno praticamente di didascalie. L’immenso Jannings (cui rimproveriamo solo l’eccessivo ricorso all’operazione di lisciatura dei suoi baffi alla Guglielmo II per significare la piena soddisfazione di sé del personaggio), i movimenti di macchina, l’uso delle dissolvenze, delle distorsioni ottiche (già dalla prima ripresa all’interno del lift dell’hotel Atlantic di Berlino lo spettatore resta sbalordito per l’innovatività delle scelte registiche e per l’uso della macchina mobile ‘volante’ che sorprendono ancor oggi, se solo si pensa che questo film ha quasi cento anni, essendo del 1924), l’illuminazione e la fotografia. Come ha scritto Miriam Hansen: “Le didascalie sono rifiutate come inessenziali, esterne e irrilevanti per la nuova lingua del film […] La lingua ideale che il film promette di restaurare è la lingua dell’espressione immediata, che proietta un’integrità visibile di corpo e anima. […] L’origine di tale lingua primordiale [risiede] nel movimento espressivo spontaneo (Ausdrucksbewegung) di tutto il corpo, inclusi i movimenti delle labbra e della lingua. Non si afferma la supremazia della parola. Il suono è semplicemente un sottoprodotto di questa primordiale lingua dell’espressione“.

Come fare a godere allora e subito di questo immenso capolavoro se non lo abbiamo mai visto? In attesa che nasca il Cineclub universitario nella nostra città e che si faccia una bellissima retrospettiva sul grande cinema del tedesco o, perché no, su tutto il cinema espressionista tedesco (come tralasciare infatti anche Fritz Lang?) non ci resta che approfittare della programmazione di MUBI, la piattaforma di cinema in streaming per tutti coloro che amano il Grande Cinema (https://mubi.com/it/films/the-last-laugh). Ma, ricordiamolo sempre, il film in sala è un’altra cosa.

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