Un bambino chiamato Natale: il piccolo Nikolas è parte viva della natura e la illumina, mettendone in risalto la potenza

by Paola Manno

La narrazione del Natale ci regala, da sempre, magiche emozioni. Tante sono le storie che a dicembre ritornano a scaldarci il cuore, numerosi i film che rivediamo con piacere ogni anno, molti dei quali ripropongono una propria versione della leggenda di Babbo Natale. Quest’anno Gil Kenan, regista di Monster House (2006), Ember – Il mistero della città di luce (2008) e Poltergeist (2015), propone un’interessante rielaborazione del mito di San Nicola nel film “Un bambino chiamato Natale”, uscito su Netflix il 24 novembre.

La pellicola, basata sull’omonimo romanzo di Matt Haig, racconta la storia del piccolo Nikolas, orfano di madre, che vive in una casetta di legno sperduta tra le montagne. Per tentare di migliorare le precarie condizioni di vita, il padre decide un giorno di mettersi in viaggio alla ricerca del regno degli elfi, sperando di ottenere la ricompensa che il re ha promesso a chi avrebbe riportato la speranza nel paese. Rimasto solo con la perfida zia, Nikolas scopre di avere in mano un tesoro prezioso, la mappa di Elfhelm che sua madre, prima di morire, aveva cucito nel cappello lasciatogli in dono. La donna, infatti, molti anni prima aveva visitato il regno degli elfi, esperienza che ogni sera, sotto forma di splendide fiabe, riportava al suo bambino. Le narrazioni della madre ribadiscono la necessità che da sempre accompagna l’uomo, e cioè quella di ascoltare delle storie, bisogno che il regista mette in primo piano perché anche la stessa storia di Nikolas viene raccontata da un’anziana zia – che vediamo nelle prime immagini del film- a tre ragazzini la vigilia di Natale. Il film è dunque “una storia nella storia” attraverso la ricostruzione di una leggenda antica che appassiona e commuove l’uomo contemporaneo che la ascolta. Inizia proprio grazie a un racconto il viaggio del bambino chiamato “Natale”, nome che all’inizio è solo un suono senza significato, coniato dagli elfi. Insieme a due preziosi amici, il topino Miika e la renna Blizzard, Nikolas attraverserà la steppa ghiacciata e scoprirà il segreto degli abitanti di Elfhelm. Di più, diventerà a sua volta il protagonista di un nuova storia e regalerà al mondo ciò di cui il mondo ha più bisogno: il dono della Speranza.


Il film è una bellissima favola raccontata con estrema cura dei dettagli. Nonostante la prevedibilità degli esiti dell’avventura, la sceneggiatura è infatti in grado di regalare numerose sorprese e di far commuovere e ridere con gusto. Riuscitissimi il personaggio della terribile zia Carlotta (Kristen Wiig) che esterna il suo disprezzo per i bambini attraverso numerosi dispetti, o quello del divertente, bislacco re dalla finta chioma boccolosa (Jim Broadbent), non dimenticando il topino parlante che, nato in mezzo alla neve, sogna un pezzetto di formaggio.

Il personaggio di Babbo Natale bambino stupisce per le molte sfaccettature dell’animo: in lui risiedono la paura e il coraggio, l’amore e il dolore, la fede nella magia e la forza della concretezza. Henry Lawfull è perfetto in questo ruolo: nel suo corpo esile i suoi occhi vivissimi mostrano che la Speranza è più forte di tutto. Perduto tra innevati paesaggi della Lapponia, in meravigliosi lunghissimi campi che mostrano l’eccellente lavoro di fotografia di Zac Nicholson, il piccolo Nikolas non scompare nella natura, ma ne è parte viva poiché la illumina, mettendone in risalto la potenza.

Il film regala un’esperienza visiva preziosa: impossibile non innamorarsi dei meravigliosi paesaggi che più di ogni cosa raccontano la magia del Natale. I buoni sentimenti e la morale del racconto fanno il resto. Ancora una volta un autore torna a metterci tra le mani, con gli elementi di sempre e con grande abilità, l’intima ed eterna magia del Natale.

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