Jean Harlow, la donna di platino

by Orio Caldiron

Senza la follia di Howard Hughes, l’eccentrico milionario ossessionato dagli aerei, dal cinema, dalle donne, Jean Harlow non avrebbe inaugurato i talkie americani con la clamorosa esplosione della “platinum blonde”, una delle parabole divistiche più brevi e scandalose del firmamento hollywoodiano.

Semisconosciuta, viene scritturata per interpretare l’unica donna di Gli angeli dell’inferno (1930), il costosissimo kolossal sull’aviazione della prima guerra mondiale. Il pubblico è sedotto dalla grandiosità delle sequenze aeree, ma anche dalla spregiudicata disinvoltura di Jean che, indossando uno scollatissimo abito da sera, dice: “Ti dispiace se vado a infilarmi qualcosa di più comodo?”.

La “moda Harlow” rimbalza dall’abbigliamento alle acconciature, incrementando le vendite dell’acqua ossigenata, l’oggetto-simbolo dell’intero decennio pieno di teste platinate. La procace ereditiera di La donna di platino (1931), a suo perfetto disagio tra scale e saloni dell’alta società, la consacra definitivamente come icona sexy e attrice brillante dal singolare temperamento comico. Nessuno è quello che sembra in Pranzo alle otto (1933), l’inquietante cena d’onore imbandita da George Cukor con caustica crudeltà. Neppure Jean Harlow che, con le sue smanie di finta malata, le leziosaggini di parvenue, gli scatti di mantenuta, non sbaglia un colpo. Quando si preoccupa perché una macchina sta per sostituire gli esseri umani in tutte le professioni, Marie Dressler la squadra da capo a piedi e la rassicura: “Non tema, signorina, per la sua professione non c’è alcun pericolo”. Splendida la battuta, ma perfetta anche la reazione di Jean che se ne va sorridendo.

La donna di platino

Il suo personaggio aggressivo, plebeo, sensuale matura accanto a Clark Gable, inossidabile superdivo dalle orecchie a sventola e dal fascino sbrigativo, in film memorabili come Lo schiaffo (1932), Sui mari della Cina (1935), Gelosia (1936). La sfrenata vitalità di Jean Harlow, la sua mercuriale irrequietezza risalta ancor di più in La donna del giorno (1936), scoppiettante commedia degli equivoci con William Powell, l’”uomo ombra” dall’aplomb inconfondibile che è stato il suo ultimo amore. L’intelligenza della commediante, l’autoironia, la sua fragilità si manifestano già in modo allarmante in Argento vivo (1933), che mette in scena i meccanismi dello Star System su cui si fonda la fabbrica dei sogni. Sembra impossibile, ma la “bombshell”, la regina del sesso idolatrata da milioni di fans, è sopraffatta da parenti sanguisughe, dipendenti oziosi, segretarie ladre, fidanzati imbroglioni, senza contare il pierre che rema contro e il padre ubriacone sempre tra i piedi. I riferimenti alla grande tribù hollywoodiana e al turbolento privato dell’attrice non sono affatto casuali.

Sul set di Saratoga – simpatica commedia sul mondo delle corse di cavalli che sarà portata a termine dalla sua controfigura – si sente male e entra in coma. Il 7 giugno 1937 muore di nefrite acuta al Good Samaritan Hospital di Los Angeles, a soli ventisei anni. Era nata a Kansas City il 3 marzo 1911. Ai suoi funerali la piangono i grandi di Hollywood e una folla traboccante di comparse, commesse, fattorini, che la consideravano una di loro.

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