A scuola di mestieri al Museo Galileo. Viaggio nelle botteghe artigiane di Firenze, una storia antica secoli, ricca di primati e personaggi chiave

by Valeria Nanni

La tradizione è l’arte dei nostri padri e l’artigianato nasce dalla loro combinazione. Perciò lavorare come artigiano è preservare un’arte antica, fatta di segreti di bottega, odori pungenti di solventi, precisione manuale e creatività personale. L’artigiano si sente un po’ alchimista, un po’ artista, e un po’ maestro, se ha allievi che affollano la sua bottega. Esiste ora una città d’Italia, Firenze, dove questa antica tradizione e arte hanno fatto scuola, sorpreso tutto il mondo per la bellezza dei suoi prodotti. Nel Medioevo i mestieri artigiani si specializzano e diventano la base del potere cittadino, il motore della ricchezza dello stato. Persino la nobiltà ha dovuto arrivare a patti con i lavoratori fiorentini che andarono a costituire la nuova aristocrazia, quella del bancone.

I mestieri artigiani erano tra i più vari e ancora oggi affascinano, turisti, compratori, stagisti. Compiere un viaggio nelle loro botteghe significa assaporare il vero sapore di Firenze, variegato e succulento. Il mastro vasaio accarezza l’argilla per creare oggetti di uso comune, il fotografo cattura la realtà in uno scatto tanto più bello quanto lui è stato un bravo alchimista nel preparare le soluzioni liquide di fissaggio, l’ottico forgia il vetro per conoscere realtà microscopica come le cellule e macroscopica come i pianeti. E poi c’è l’arte della decorazione di lusso come la doratura a foglia d’oro e la creazione di carta marmorizzata per foderare oggetti e scatole. Che dire poi del disegno tradotto in pietra da maestri di commesso di pietre dure e maestri di scagliola. Per non dimenticare l’arte teatrale che si avvale di parruccai e sarti costumisti.

Significativo il fatto che a promuovere l’insegnamento di questi mestieri artigiani a Firenze nelle domeniche da gennaio a marzo, c’è il museo Galileo, lo storico museo della scienza che conserva due unici originali cannocchiali realizzati da Galileo Galilei, quelli con i quali lo scienziato toscano dimostrò al mondo un universo diverso, aggiudicandosi il titolo onorifico di padre della scienza moderna. Così il mestiere artigiano è strettamente associato alle conoscenze scientifiche. Con esse migliora, si evolve nel rispetto della tradizione. Ciascuno a Firenze racconta di una storia antica secoli, ricca di primati e personaggi chiave. Vediamone alcuni.

Raramente si pensa al fotografo come ad un artigiano, ma all’inizio della tecnica era proprio così. Bonculture lo ha chiesto all’Associazione Fotonomia e a Marco Berni, responsabile dei progetti europei e speciali del Museo Galileo, con l’hobby della fotografia, il quale ci svela che il museo Galileo possiede nei depositi un antico e funzionante apparecchio dagherrotipo. Così mentre sul loro bancone erano esposti antichi prodotti fotografici dell’800, come la cianotipia e la stampa a collodio umido, abbiamo appreso che il fotografo era sia scienziato che disegnatore, con il fine di riprodurre la realtà. Una vittoria che l’uomo raggiunge alla fine di un processo di ricerca iniziato nel ‘400. La camera oscura era infatti uno strumento dei pittori figli della prospettiva brunelleschiana. Dal ‘700 ad essa si aggiunge la chimica, e si arriva nell’800 al primo prodotto fotografico.

“Il primissimo prototipo era il dagherrotipo, nato a Parigi ed annunciato al mondo il 9 gennaio 1839. Firenze sarà una delle città dove sarà vivo il dibattito scientifico sulla nuova tecnica di fissaggio dell’immagine. Tanto che a settembre dello stesso anno Tito Puliti riprodurrà il primo dagherrotipo in città”. Il lavoro artigiano del fotografo stava nella preparazione di soluzioni fotosensibili e dei supporti in vetro, metallo, carta. La differenza la faceva l’esperienza. Se oggi con un click da smartphone abbiamo la riproduzione fotografica, un tempo dal click allo sviluppo dell’immagine occorrevano 30 minuti. E il click aveva un tempo variabile da pochi secondi a un’ora.

Di altissimo rilievo è poi la pittura di pietra, ovvero si compone un disegno con pasta di gesso colorata, tecnica conosciuta come scagliola. Il Maestro Bianco Bianchi del laboratorio di Pontassieve in provincia di Firenze ci informa come questo lavoro artigiano sia documentato a Firenze dal ‘700 “grazie ad un monaco vallombrosano Enrico Hugford, italo inglese, che trasformò la scagliola in pasta che riusciva ad imitare il marmo e la pittura, dunque si riuscivano a creare quadri in scagliola che sembravano frutto di pittura, un vero inganno ad arte”. Oggi il laboratorio artigiano Bianchi collabora anche con la moda, aziende come Versace, Cavalli e Dolce & Gabbana. “Manufatti artistici in scagliola hanno un costo tra i 15mila e i 100mila euro e i tempi di lavoro vanno da 3 a 6 mesi”.

Vediamo ora alle decorazioni di lusso. Vero souvenir a Firenze è un oggetto rivestito o realizzato da carta marmorizzata o fiorentina, la cui storia si perde nel tempo e nei luoghi. Francesca Vannini, Maestra d’Arte dello Studio Artistico in via dell’Agnolo a Firenze, ci spiega che “la carta marmorizzata è orientale, tipica di Cina e Giappone. Arriva a Firenze attraverso i mercanti e gli scambi di prodotti con queste terre d’Oriente. Non si conosce la data esatta del contatto fiorentino con quest’arte ma di certo si produceva a Firenze già nel Rinascimento. Ai Fiorentini piaceva rivestire scatole per contenere oggetti, alcune segrete con doppio fondo, oppure per decorare manufatti preziosi, per rivestire libri, penne e matite, e infine come carta regalo. Il cannocchiale che nel ‘600 Galileo regala al Granduca Cosimo II de’ Medici è rivestito da carta marmorizzata”.

“Un’arte preziosa da tramandare senza paura poiché è solo così che si preserva la sua esistenza di generazioni in generazioni. Il nostro laboratorio è aperto a studenti italiani e stranieri di ogni età”. Osservare la creazione della carta fiorentina è affascinate. In una soluzione di acqua e sapone si immergono i colori distribuiti con creatività attraverso l’utilizzo di strumenti appuntiti o pettini. Dunque si immerge il foglio in modo da farlo galleggiare mentre si fissano i colori su di esso. Qualche secondo e lo si rimuove per farlo sciugare. La carta regalo è pronta, pur essendo essa stessa un regalo.

Il percorso artigiano passa dal tornio del vasaio per mettere in pratica la forza centrifuga creatrice, esplora la scienza dell’ottica attraverso la creazione di lenti di vetro e scopre che i primi occhiali non sono fiorentini ma preistorici, realizzati al Polo Nord in legno per proteggersi dalla luce. Si prosegue tra gli orefici e si scopre la figura del battiloro, creatore della foglia d’oro veduta ai pittori per dipinti d’altare e doratura di cornici lignee. Si avventura nei teatri e nella preparazione dei costumi di scena dove a Firenze fa scuola la ditta Filistrucchi dal lontano 1720 e tutt’oggi operante.

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