Agorà di Sadi, la nuova installazione permanente per l’ex carcere duro Le murate di Firenze. «Un suono che si muove nello spazio»

by Valeria Nanni

Il suono diventa elemento vivo che abita un luogo, e poi lo capisce, lo comunica e diventa forma artistica fuori dall’osservatore e dentro di esso. Tutto questo è successo a Firenze nel complesso dell’ex carcere duro conosciuto con il nome “Le murate” che oggi comunica una memoria scomoda e disturbate grazie ad Agorà, installazione sonora site specific permanente, realizzata dall’artista Sadi e curata da Veronica Caciolli e Valentina Gensini. Il nome è ossimoro rispetto al luogo. Vediamo come.

Agorà come piazza in greco, luogo di incontri e scontri, luogo di mercato, di vita che viene, produce e torna, è oggi a connotare un carcere, dove tutto è fermato o vorrebbe essere stato fermato. E magari si fosse trattato di limitare crimini, qui invece i detenuti erano rei di antifascismo, afro discendenza, ebraismo e omosessualità. Rinchiusi in celle di dimensioni inadatte ad un essere umano, condizioni igieniche precarie con un piccolo lavabo per tutti e un unico asciugamano. Rinchiudeva quelli che oggi hanno lottato per farci vivere in un mondo più libero e democratico.

L’installazione sonora di Sadi riempie questi spazi che furono murati negli anni ’70, quando finalmente furono giudicati inadatti a prigione. Entrando oggi, attraverso l’installazione chiamata Agorà, si ha l’impressione che suono edifichi, esso sottolinea una presenza. Sadi ha compiuto numerose ricerche per conoscere ad assorbire la memoria di questo luogo prima di trasformarlo in suono, rumore, canto. Lontano dalle angeliche armonie barocche, figlio della musica decadente ottocentesca, lavora sui suoni puri, ricerca il rumore della presenza umana e sapendo che essa fu rinchiusa qui, luogo inadatto alla vita, canta la frustrazione, la rabbia, la paura, l’ingiustizia.

Dice Savi che “l’argomento era delicatissimo con storie ancora da indagare. Ho voluto studiare un suono che si muovesse nello spazio da un minore a un maggiore. Ho cercato di dare drammaturgia precisa in un ambiente nudo e crudo che poi portasse ad un senso di libertà, intesa non come leggerezza, l’Eldorado da raggiungere”. Si tratta piuttosto di una libertà che ha attraversato qualcosa, prima di librarsi sui suoni di soprano e contralto. Il dramma è compreso da chi ascolta. Savi lavora alla costruzione di immagini sonore da creare nell’ascoltatore. Perciò ha ricercato suoni, rumori di passi, segni di presenza. Il visitatore inizia a transitare nell’ingresso per poi entrare nelle celle. La guida è il suono, chiedersi da dove proviene e da chi è prodotto, dunque curiosità.

Sadi si è anche soffermato ad osservare i muri delle celle sulle quali i segni di presenza sono graffiti, scritte e disegni, lasciate dai detenuti e ha notato come si possa risalire al tempo cronologico in cui sono stati lasciati. Perciò la sua ricerca sonora e memoriale spazia dagli anni Venti agli anni Settanta del Novecento. “Le suggestive trascrizioni calligrafiche furono fatte con qualsiasi mezzo. Lasciano intendere la data in cui furono prodotte. Uno spazio da lasciare nudo per quello che è realmente stato” riempito dalla sola presenza del suono e le conseguenti emozioni che appaiono. “Il suono è memoria in ognuno di noi”.

I suoni scelti per l’inizio di Agorà partono da registrazioni di suoni ambientali, perché quelli elettronici avrebbero sminuito il contesto, come ha spiegato l’artista. “Ho dato valore alla semplicità del suono. Ho impiegato l’uso di campane di 60 cm di diametro per le quali mi sono rivolto alla Fondazione Luigi Tronci di Pistoia, impegnata nella trasmissione di una cultura musicale a tutte le tipologie di persone”. Con Lo studio sulle tonalità, da un minimo ad un massimo Savi ha voluto realizzare uno spostamento, attraverso l’alterazione, da tristezza a armonia frutto, questa, di conquista o speranza.

“Per iniziare a ragionare in un mondo di pace ci vuole un mondo di cultura” ha spiegato Marco Benvenuti, presidente del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Firenze, una collaborazione che ha costituito un tassello importante nella ricerca storica propedeutica ad Agorà. “Museo di Etnoantropologia di Firenze è il museo del viaggio dell’umanità. Creato 150 anni fa per raccontare l’umanità e la sua diversità. La quale non è impedimento perché dà valore. Abbiamo una sezione dedicata proprio all’esperienza di segregazione raziale, colonialismo, che fornisce una accurata ricerca di documenti, per divulgare e diffondere un modello diverso di umanità senza muri e barriere”. Il progetto interesserà gli spazi del museo con azione performativa in programma il 27 marzo alle 18.

Quanto è importante l’arte contemporanea ce lo dice invece Valentina Gensini, direttrice artistica di MAD. “L’arte contemporanea si nutre della ricerca che fa l’umanità – capace di – rivisitare l’ambiente con un percorso di ricerca artistica. Ogni opera d’arte regala una ricerca scientifica”. Perciò gli artisti contemporanei possono “agire in modo permanente su uno spazio complesso, antico, come Le Murate, oggi non più idoneo a rinchiudere persone. Emerge la qualità del lavoro, accurato e profondo, un lavoro di comunità che oggi le murate possono fornire al territorio” da tempo ormai divenuto da Carcere duro a Murate Art District, centro di ricerca, di produzione artistica e di scambi internazionali.

Pensare allo spazio in modo anomalo, più profondo, ecco i risultati di un lavoro di ricerca complesso e compresso in soli 4 mesi, che ha ragionato sul luogo delle murate, come perimetro definito da volumi e riempito da concetti come le memorie. La curatrice Veronica Caciolli racconta questa sfida. “Lo spazio è stato sentito e interpretato sia storicamente che simbolicamente, divenendo sonoro. Volevamo non un intervento astratto ma che parlasse delle murate. Abbiamo trovato documenti tra L’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, l’Archivio di Stato di Firenze, il Museo Etnoantropologico, Fondazione Giovanni Michelucci, e l’archivio raccolto da MAD negli ultimi dieci anni. Era ambizioso trovare notizie nuove di questo luogo dopo già 10 anni di lavoro”. Dall’analisi di questo periodo emergono i nomi di una corposa serie di antifascisti noti come Gaetano Salvemini, storico e politico, Hans Purrmann pittore tedesco a Firenze, Aldo Capitini, filosofo e politico, Carlo Levi, scrittore e pittore, ed Alessandro Sinigaglia, partigiano. Tutti loro coprono un arco temporale che va dalla fine dell’800 a metà ‘900.  

Alessandro Senigallia, era partigiano, morto a 42 anni, schedato in polizia come personaggio da tenere d’occhio, perché ebreo e “figlio di madre negra”, perciò ricercatissimo dalla Polizia e Questura, da imprigionare e portare a Firenze. Era infatti originario di Fiesole poi trasferito a Firenze in via Ghibellina. Figura eroica. Qui detenuto. Vissuto in un mondo dove non c’era la possibilità di esprimere idee diverse politicamente.

Altra figura che emerge dalla ricerca è quella del pittore Hans Purrmann a cui fu affidato l’incarico di dipingere Villa Romana a Firenze. Nel ’37 fu etichettato da Hitler come pittore degradato. Nel ’38 in occasione della visita di Mussolini a Firenze viene imprigionato, dunque nel ’39 licenziato dall’incarico artistico, perché calunniato come militante della Resistenza.

Se oggi possiamo esprimere concetti di politica e di costume diversi dalla maggioranza lo dobbiamo anche a queste figure che hanno pagato con la propria libertà il prezzo della nostra. Perciò Agorà, realizzata in collaborazione con BHMF Black History Month Florence, riempire la memoria sottoforma di suono, se è vero che la vita produce musica personalissima in ciascuno di noi, lasciamoci andare da un minimo ad un massimo ricercando e costruendo l’armonia.

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