“Fuori dagli schemi: la vita delle donne in Etruria”, dal sacerdozio femminile ai corredi funerari. L’eterno banchetto della civiltà etrusca

by Valeria Nanni

Forse quel che sappiano della donna nelle antiche civiltà non è poi così scontato, perciò in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ci offre sguardi femminili inconsueti, su donne portatrici di potere, profumate, con un nome proprio, donne che compivano sacrifici rituali e interpretavano il volere degli dei. Una storia che può offrirci spunti importanti per affrontare oggi una drammatica situazione di ingiustizia e sopraffazione del femminile. Barbara Arbeid ci ha aiutato a guardare “Fuori dagli schemi: la vita delle donne in Etruria”, guidandoci alla scoperta di protagoniste femminili più libere delle greche e romane, che banchettavano insieme ai mariti, sdraiate sotto la stessa coperta. Un’abitudine scandalosa, che ad Atene sarebbe stata ammessa solo per le prostitute.

I misteri che aleggiano sulla civiltà etrusca sono in gran parte dovuti alla mancanza di abbondati fonti scritte. Se tutto quel che vogliamo approfondire ci viene da fonti archeologiche, meglio guardarle con attenzione meno banale, e ricavare il ruolo che la donna aveva nell’Etruria. Non possiamo perciò prescindere dai corredi funerari e decorazioni parietali presenti nelle tombe. Qui la donna mangia, dorme, balla, tesse. Ma c’è dell’altro.

È vero che la società era polarizzata nei ruoli di genere. “Nel periodo villanoviano – X e VIII secolo a.C. – gli Etruschi seppellivano i defunti in urne cinerarie senza particolari differenze sociali. Ma questo riguarda solo una piccola fetta della popolazione dell’epoca, quella che poteva permettersi una sepoltura rituale. Le uniche differenze che tra le urne cinerarie etrusche sono di genere. Gli uomini erano corredati di armi, come elmi, scudi, lance, mentre le donne erano corredate da strumenti di lavoro tessile, simbolo del lavoro casalingo. Perciò notiamo le fusaiole, con pesi di argilla per fusi e per telai”. Ma forse questa differenza era solo identificativa del defunto, perché le donne non hanno un ruolo del tutto subalterno tra gli Etruschi.

Da rivedere è il concetto di civiltà etrusca. Non esiste un’Etruria omogenea nell’artigianato, riti funerari, culti, magistrature. Anche se i popoli etruschi parlavano la stessa lingua, esistevano dialetti tra una città e un’altra. “Perciò parlare della donna etrusca è molto complesso se si considera la variabilità delle leggi e tradizioni di questo popolo”. Scopriamo che a Vulci esistevano delle figure femminili rituali molto importanti e tutt’ora misteriose. “Nella Tomba delle Iscrizioni, sono state ritrovate decorazioni che rappresentano molte figure femminili, definite Hatrencu. Si ipotizza un sacerdozio femminile o un’associazione civica di donne”.

Non erano solo le donne amanti della cura personale, l’uso dei profumi per esempio si ritrova anche negli uomini ed era massiccio. Sono dati ricavati da corredi funerari relativi al periodo di maggior splendore della civiltà etrusca, ovvero dal VIII al VI secolo. “Questo periodo è definito ‘orientalizzante’ a causa della presenza di molti oggetti orientali ritrovati nei corredi funerari. Sono manufatti in alabastro, oro, e vasetti in terracotta di Corinto”. Sono questi ultimi in particolare a fungere da boccette di profumo. La forma più allungata ad alabastron era per le donne, mentre quella più schiacciata e grossa per gli uomini si chiamava aryballos. “Corinto era una città greca grandissima produttrice di profumi. In questo periodo storico la base è ad olio, non alcolica”. Il grande commercio di olio perciò soddisfaceva usi culinari, funerari e di cura della persona.

Grandissimi orefici sono stati gli etruschi, capaci di decorazioni oggi irriproducibili a mano dalla nostra moderna gioielleria. Uomini e donne usavano adornarsi, con le tradizionali varianti di genere che hanno solo a che fare con il gusto. Per esempio “le fibule – simili nella forma delle spille da balia – servivano a fermare i vestiti, dal momento che non usavano bottoni. Ad arco semplice erano usate dalle donne, ad arco spezzato dagli uomini”. Le donne usavano fermare i capelli con spilloni. Comuni anche le trecce fermate con anelli gioiello.

Per dire che anche le donne compivano rituali alla divinità dobbiamo rifarci agli attrezzi usati per la cottura delle carni, trovati nelle sepolture di ambo i sessi ma per riti diversi. “Gli utensili da cucina erano usati anche per i sacrifici rituali di animali. Questa parte rappresentava il rito centrale della religione antica. Significava regale al dio qualcosa di pregiato. Tra gli animali più scelti vi era il bue. Se è vero che questi sacrifici spettavano agli uomini, c’erano dei riti a cui per esempio potevano prendere parte solo le donne. Inoltre la cottura delle carni avveniva per bollitura o per arrosto. Ed anche qui c’era una ritualità sia maschile che femminile”.

Ed ora rintracciamo i protagonisti del potere attraverso oggetti simbolici come i flabelli, ovvero grandi ventagli e i carri. Erano sempre usati a scopo rituale, e sono stati ritrovati sia in corredi maschili che femminili. Lo storico romano Tito Livio ci parla di Tanaquilla, moglie del re di Roma etrusco Tarquinio Prisco. Di essa dice che come tutti gli Etruschi era esperta nella divinazione, ovvero nel saper cogliere i segni della divinità dagli eventi anche naturali, e che era adatta a trasmettere il potere. Sarà infatti lei ad investire re Servio Tullio. Dunque la donna era veicolo di potere, pur non prendendolo mai in prima persona.

Se c’era un ambito da cui davvero la donna era esclusa, esso rappresentava la vita civile. Un magistrato donna era impensabile. Ma anche qui il Museo Archeologico di Firenze ci mostra una “irregolarità”, la Tomba del littore. “Troviamo nel corredo un’ascia e fascio littorio. Le fonti romane ci dicono che questi simboli di potere consolare Roma gli ha presi dagli Etruschi. In questa tomba tipicamente maschile abbiamo trovato anche dei gioielli tipicamente femminili, probabilmente conservati in una scatola di piombo che poi si è disintegrata. Sono forse un dono della moglie per il marito”.

Parlando di donne ci piace ancora parlare di vanità, e osservando la collezione archeologica di specchi etruschi, possiamo annotare i loro nomi, particolarissimi per le nostre orecchie, come Tanacvil, Ramptha, Tita, Larthia. “Questi specchi hanno un lato liscio per riflettersi e un lato decorato a incisione o più raramente a rilievo. Ci sono molti nomi di donne e documentano che le etrusche avevano tutte un nome proprio, al contrario delle romane che invece avevano il nome del padre al femminile. Ad esempio Julia, Livia”. Motivi ricorrenti nella decorazione degli specchi riguardano la toilette dalla sposa, scene di divinità, e scene di divinazione. Dunque anche le donne interpretavano il volere divino.

Non da ultimo l’elemento distintivo del sarcofago etrusco, la coppia di sposi che banchetta insieme. Nel periodo ellenistico gli Etruschi in alcune zone sviluppano il sistema di sepoltura dell’inumazione. “I coperchi dei sarcofagi mostravano i defunti semidistesi nell’atto di mangiare, con tanto di ghirlande, e patera in mano. Spesso marito e moglie sono abbracciati”. Abitudine etrusca molto criticata dai Greci per i quali era scandalosa. Se consideriamo poi la forma della tomba e il numero degli inumati, ricaviamo un dato molto particolare sulle aspettative ultraterrene degli Etruschi. “Abbiamo tombe familiari molto grandi. Alla coppia che l’aveva costruita spettava il posto d’onore con i sarcofagi in fondo. Da lì davano il benvenuto a tutti gli altri membri, che si susseguivano a volte per sei generazioni di fila, dunque per 200 anni. L’idea era quella di un eterno banchetto”.

Possediamo sempre solo un’idea del passato, a volte colorata di luoghi comuni del tutto errati. Forse quel patriarcato schiacciava meno il femminile, forse quella polarizzazione dei sessi non usava la femminilità a vantaggio del maschile. Se le donne compivano rituali, studiavano, si curavano, trasmettevano il potere, magari le differenze sarebbero da comprendere meglio per la restituzione di un passato più prossima al vero e la realizzazione di un futuro degno di una civiltà che migliora il senso umano del vivere.

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