Helmut Newton, la mostra al Palazzo Reale di Milano un’opportunità per rileggere il secolo scorso attraverso le sue fotografie

by Claudio Botta

Era stata immaginata e organizzata per celebrare il centenario dalla sua nascita (avvenuta a Berlino nel 1920), ma la pandemia ha determinato lo slittamento al marzo scorso. Anche per l’attesa così ulteriormente alimentata, sta riscuotendo un grandissimo successo la mostra Helmut Newton. Legacy al Palazzo Reale di Milano, a cura dello storico della fotografia Denis Curti e di Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino, che hanno accuratamente scelto 250 scatti, riviste, documenti e video per ripercorrere in maniera esaustiva la vita e la straordinaria carriera di uno dei fotografi più amati, iconici, discussi, provocatori, innovatori e divisivi di sempre, che ha elevato il suo talento ad arte.

Il criterio seguito è quello cronologico, con la produzione ordinata per decenni, dagli esordi fino alle ultime produzioni. E ai decenni corrispondono tematiche e fasi ben definite, suddivise in tre ‘verticalità’ rivoluzionate dal suo stile e dalla sua tecnica: la fotografia di modail nudo e il ritratto. Idealmente legate dal “desiderio di scoprire, dalla voglia di emozionare, dal gusto di catturare”, l’essenza della fotografia per lui. Le sue fantasie ispirate da Red Erna, una celebre prostituta berlinese che lavorava abbigliata in stile sadomaso, stivali alti al ginocchio e frustino, incontrata a 0tto anni appena accompagnando il fratello maggiore in un quartiere a luci rosse. La tecnica affinata nei due anni trascorsi come assistente della fotografa di moda Elsie Neulander Simon, nome d’arte Yva (dal 1936 al 1938, poi le leggi razziali lo spinsero a lasciare la Germania).

Le prime importanti collaborazioni con le riviste Vogue Australia e Vogue Inghilterra arrivate negli anni Cinquanta, la fama cresciuta esponenzialmente nel decennio successivo grazie in particolare ai servizi realizzati a Parigi (dove si trasferì nel 1961), Londra, Montecarlo, Venezia, Los Angeles, per la britanica Queen (memorabile una serie dedicata alle produzioni dello stilista André Courrèges) e le edizioni francesi di Vogue ed Elle, e brand affermati come Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld, anticipando la rivoluzione sessuale in embrione e allargando la prospettiva della rappresentazione dell’abbigliamento come semplice accessorio. Protagoniste modelle alte, formose, slanciate, sensuali e glaciali, in tacchi a spillo e corsetti di pelle o interamente nude, lo sguardo di sfida rivolto all’obiettivo, le ambientazioni altrettanto eleganti ma fredde. Immagini forti che hanno scatenato i suoi detrattori e mosso periodicamente accuse di razzismo, sessismo, misoginia (il corpo femminile così sfacciatamente ostentato: promozione dell’empowerment o mera mercificazione e riduzione ad oggetto sessuale?) respinte al mittente con la manifesta volontà di rappresentare invece donne dominatrici e non sottomesse. I committenti (tra gli altri Versace, Dolce & Gabbana, Chanel, Blumarine) che pagano cifre astronomiche per campagne che vanno ben oltre la semplice presentazione di nuove collezioni, ma forniscono una rappresentazione intrigante di una filosofia e un’estetica dal grande impatto visivo, nonostante il confine tra realtà e messa in scena impossibile da distinguere.

Ancora più fragoroso lo scandalo sollevato dai suoi nudi, l’emancipazione spinta senza freni e limiti, il voyerismo, il sadomasochismo e l’omosessualità sdoganati e ostentati in modo sfacciato, in una cornice patinata. Nudi duplicati in formato standard e stampati, per la prima volta, a grandezza naturale. Celebre quello di Charlotte Rampling, che non aveva mai posato senza veli, e che accettò di comparire su Playboy solo dopo aver saputo che sarebbe stato lui l’autore del servizio fotografico: ritratta in una stanza d’hotel (ambientazione ricorrente per un cosmopolita sempre in viaggio: i nudi a figura intera realizzati in studio, invece, erano ispirati dai manifesti diffusi dalla polizia tedesca per ricercare i terroristi della Rote Armee Fraktion), vestita solo di un paio di stiletti, seduta sul bordo di un tavolo con le gambe poggiate a una sedia.  Bianco e nero suggestivo, modelle famose (Veruschka, Monica Bellucci, Carla Bruni, Linda Evangelista, Carré Otis, Nadja Auermann, Claudia Schiffer) e attrici e donne di successo (Catherine Deneuve, Sigourney Weaver, Nastassia Kinski, Anita Ekberg, Ornella Muti), ma anche semisconosciute pronte a dare vita e anima a giochi di bellezza, seduzione, potere.

Il potere che Newton ha esaltato anche con ritratti e scatti a personaggi che hanno segnato lo scorso secolo, da Andy Warhol a Gianni Agnelli, da David Bowie a Margaret Thatcherè stata il massimo: che cosa c’è di più sexy del potere?», le sue parole. Il ritratto venne fatto nel 1991 in California, pochi mesi dopo le dimissioni forzate della ‘lady di ferro’).

Nella mostra non manca nessuna, delle opere più conosciute e che hanno attraversato epoche mutandole se non addirittura plasmandole. In aggiunta, di notevole interesse è anche una serie di scatti inediti – presentati per la prima volta nel nostro paese -, comprese preziose Polaroid e contact sheet che offrono un ulteriore spaccato del mondo visionario di Newton, del suo modo di lavorare e di raggiungere gli obiettivi prefissati, incurante delle polemiche e delle accuse, anzi alzando sempre più in alto l’asticella della provocazione.

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