I modelli in gesso rivelatori di Lorenzo Bartolini alla Galleria dell’Accademia di Firenze

by Valeria Nanni

È oggi impossibile respirare l’aria pregna di gesso di un atelier di scultura dell’800. Tuttavia è possibile imbattersi nella gipsoteca più interessante d’Europa custodita a Firenze alla Galleria dell’Accademia. Qui più di 400 modelli per sculture riproducono l’atmosfera dello studio di uno scultore prolifero come Lorenzo Bartolini. I gessi sono oggi oggetto di indagine tecnico-scientifica per far luce sulla tecnica scultorea usata dall’artista, e sui particolari mai rivelati prima dai libri, perché ancora racchiusi nei suoi modelli in gesso, opere per loro natura realizzate per non esistere, la cui conservazione è una rarità preziosa. Un progetto iniziato a dicembre 2023 e che sarà concluso a maggio 2024. Vediamo come si procede e perché.

Come si realizza una scultura è una curiosità di non immediata risposta. Dipende dall’epoca in cui lavora uno scultore e dipende dal materiale scelto per il prodotto finito. Nel caso delle sculture in marmo l’artista ricava prima dei disegni e poi realizza un bozzetto in argilla. Solo successivamente realizza l’opera, dando forma alla pietra. E questo è vero sin dall’Antichità. Ma nell’800 il lavoro di creazione dello scultore prevedeva anche l’esecuzione di un modello in gesso, meno deteriorabile rispetto al bozzetto in argilla e suggerito in scala 1:1 dal grande maestro neoclassico Antonio Canova. Così nel periodo neoclassico e poi romantico gli atelier degli scultori si presentavano pieni di modelli in gesso, che poi venivano distrutti quando l’opera era stata realizzata.

Dunque la Galleria dell’Accademia di Firenze conserva opere che raramente vengono conservate nel tempo, e dalle quali essa vuole conoscere i perché mai risolti dell’atto creativo di Lorenzo Bartolini. Perciò sono a lavoro la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le provincie Pistoia e Prato, e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana di Mendrisio. “I modelli in gesso conservati alla Galleria dell’Accademia sono stati studiati dal punto di vista storico artistico, ma non dal punto di vista tecnico – spiega alla stampa Alberto Felici, funzionario restauratore della Soprintendenza e curatore del progetto di ricerca – Il modello è uno strumento con il quale l’artista passa dal modello in argilla all’opera in marmo. Sul gesso l’artista interviene direttamente senza aiuti, mentre sull’opera finale si avvale anche della mano dei collaboratori. Perciò studiare i modelli in gesso è estremamente importante. Lo studio dei modelli in gesso mette in luce i processi creativi e realizzativi dell’artista. Il modello in gesso possiede un patrimonio di informazioni che non trova traccia in pubblicazioni scientifiche. Potrebbe fare luce per esempio anche sul rapporto che aveva l’artista con i committenti, aiuta a conoscere il contesto storico artistico di creazione”.

Un lavoro dove si interviene con storici dell’arte, restauratori e esperti scientifici. I processi realizzativi dell’opera scultorea in marmo sono diversi da scultore a scultore, e talvolta anche da opera ad opera realizzata dallo stesso scultore. L’artista realizzava modelli in gesso anche per un’altra ragione, mostrare il suo catalogo di idee creative ad un probabile committente. Così nell’800 gli artisti presentavano le loro opere nei saloni internazionali. Se il modello di presentazione incontrava un committente, l’opera veniva tradotta in marmo. Generalmente vuoti all’interno, i modelli in gesso possiedono intelaiature realizzate con più materiali, come ferro, legno, stoffa. Per questo sono molto fragili e la loro conservazione è una scommessa. Conoscere la loro struttura interna oltre a soddisfare una certa curiosità permette una più precisa datazione.

Se gli oltre 400 modelli in gesso di Lorenzo Bartolini ci sembrano tantissimi vero è che essi costituiscono solo una parte della sua intera produzione ovvero quella post napoleonica realizzata nell’atelier fiorentino perché quello che lo scultore aveva a Carrara fu distrutto. Dunque il maestro Bartolini era attrezzato per un procedimento scultoreo quasi industriale che potrà forse essere svelato solo dai suoi gessi.

Le indagini fotografiche sui modelli in gesso rilevano sostanze organiche utilizzate nell’800 nell’esecuzione. Riprese radiografiche rilevano invece la struttura interna del modello. Si procede dunque al confronto delle scansioni 3D tra modello e scultura finita. Un lavoro che procede in notturna per un’indagine ottimale.

Tra le opere originali in marmo interessate dal raffronto con il modello in gesso ci sono i celebri gruppi scultorei dell’apoteosi di Leon Battista Alberti, cenotafio iniziato nel 1838 ed esposto nel 1851 nella Basilica di Santa Croce, e la Carità Educatrice, scultura esposta dal 1836 in Palazzo Pitti.

Le opere scultoree in marmo vengono fuori come traduzione del modello in gesso. Ciò che sarà stato tradito in questa trasposizione, esaltato oppure omesso, verrà svelato a fine progetto, insieme ad altri particolari altrimenti inconoscibili.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.