Il mito precolombiano e femminista di Frida Kahlo si moltiplica di mostra in mostra

by Antonella Soccio
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Alzi la mano chi non ha almeno un piccolo gadget ispirato a Frida Kahlo- uno specchietto, un cuore votivo, una imago dei suoi autoritratti, dei tessuti messicani- o non abbia acquistato dei monili etnici dell’America Centrale, immaginando di essere per una sera la paloma negra del proprio amante o della propria amante.

Il “pensiero della ferita” dei suoi quadri, divenuti body art, è una creazione che si rinnova. Nelle mostre, al cinema, negli spettacoli teatrali, nel merchandising infinito.  

“Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà”, ha più volte ripetuto Frida Kahlo. Lo spettacolo indipendente del Teatro dell’Osso ad esempio ha scelto un ritratto privato. Non la Frida icona dell’arte e della moda, ma la Frida messicana della prima metà del secolo, interpretata dall’intensa Titti Nuzzolese, affiancata da Peppe Romano nella parte di Diego Rivera.

Lo scorso anno il Messico di Frida invece è stato raccontato magnificamente con la “voce” del MUDEC di Milano e con le musiche di Brunori Sas, in una esposizione che ha rapito i visitatori di tutto il mondo, concepita in contemporanea con l’imperdibile Design Week.   

La figura dell’artista messicana, ormai mito moderno femminista, le letture dei diari e delle lettere scritte in prima persona da Frida e dal marito Diego Rivera, il contesto socioculturale in cui vivevano, gli incontri dedicati alla scoperta dell’Archivio Segreto, le tradizioni precolombiane hanno fatto conoscere al grande pubblico il suo substrato artistico.  E con questo la moda, il territorio, il cibo.

“Con gli anni ho imparato che la cosa più importante in un vestito è: la donna che lo indossa”, diceva Frida, una anticipatrice dei selfie odierni con i tanti suoi autoritratti che tutte ormai conosciamo. “Dipingo me stessa perché sono spesso sola e perché sono la persona che meglio conosco”.

Colomba nera, colomba nera, dove, dove andrai?
Non mettere più in gioco la mia onestà goduriosa
se le tue carezze devono essere mie, di nessun altro.
Chavela Vargas

Frida Khalo tra moda, arte e vita ora sarà di nuovo protagonista, stavolta a New York.

Le sue fantastiche collane, i suoi pendenti, i suoi anelli seduttivi arricchiscono il Brooklyn Museum, che punta i riflettori sul personalissimo modo di abbigliarsi e adornarsi dell’artista messicana. Solo dieci quadri e non gli innumerevoli del Mudec della scorsa primavera saranno in mostra fino al 12 maggio per la rassegna “Le apparenze ingannano”.

Gli iconici abiti Tehuana, i gioielli mesoamericani, i corsetti e le protesi dipinte a mano, persino gli smalti per le unghie Revlon e gli iconici occhiali da sole. Le appassionate di Frida troveranno 350 cimeli arrivati dalla casa di Mexico City dove furono riscoperti e inventariati nel 2004 dopo esser stati messi sotto chiave nel 1954, alla morte della sua creatrice.

La storia di Frida e della leggendaria Casa Azul vive negli “effetti personali” dell’artista, che ormai accompagnano il gusto e il design in oggetti che si moltiplicano di anno in anno.

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