Il Museo Civico di Foggia: quando un’istituzione culturale rappresenta l’anima di una città e del suo territorio

by Carmine de Leo

Il Museo rappresenta l’anima di una città e del suo territorio e mai come il Museo Civico di Foggia questa particolare definizione calza in pieno; questo Museo, infatti, lo è sicuramente anche per la sua particolare localizzazione nel cuore della parte più antica della città di Foggia e nell’edificio, l’antico palazzo Arpi,  che raccoglie la storia foggiana, essendo stato per secoli, fino agli ultimi anni dell’Ottocento, la sede del Municipio della città.

Proprio qui, nel Museo Civico, ogni reperto conservato è intrinseco di un ventaglio di significati che animano la nostra storia, quella di una comunità antica che pian piano, attraversando le sale espositive della struttura, ci viene svelata!

Divinità arcaiche ci salutano serene del loro destino, perdute nel tempo, sostituite da Santi e Madonne che dominano gli ambienti in uno scenario che di sala in sala muta seguendo le tracce dei secoli passati, uno scenario che ci appassiona ad ogni vetrina, ad ogni antico reperto, un felice sbalordimento che ci affascina di continuo.

Varia documentazione attesta che, almeno a partire dal quattrocento e, forse, anche prima, proprio l’edificio che oggi ospita le sale del Museo Civico, come già accennato,  era occupato dall’Università del cittadini, come allora era chiamato il Municipio di Foggia.

Il palazzo fu utilizzato come sede degli uffici comunali fino alla fine dell’Ottocento, quando nel corso di una rivolta popolare scoppiata a causa dell’aumento dl prezzo del pane il 28 aprile del 1898, una turba di popolane infuriate assaltò il gabbiotto del dazio posto in un locale al pian terreno dell’allora palazzo municipale, in piazza Piano della Croce.

Da questo locale, attraverso il condotto di un vecchio camino, il fuoco salì velocemente verso le sale superiori occupate dall’antico municipio, distruggendo il mobilio e quasi tutti i preziosi documenti conservati nell’archivio storico del comune.

L’edificio che oggi ospita il Museo, chiamato anche palazzo Arpi, perché ingloba tra le sue mura anche l’omonima porta Grande o Arpana, dopo alcuni anni dall’incendio, fu utilizzato per molto tempo come sede della Pretura di Foggia e solo  nel dopoguerra vi furono trasferite definitivamente tutte le collezioni museali.

Queste erano prima conservate nella vecchia sede museale, di fronte al palazzo Arpi, presso i locali dell’antico chiostro del convento di San Gaetano dei padri Teatini, distrutto dai bombardamenti aerei dell’ultimo conflitto mondiale, che preservarono solo l’antica chiesa e parte del convento, oggi sede del conservatorio musicale Umberto Giordano.

Negli anni successivi, salvo poche interruzioni,  per restauri ed adeguamenti, il Museo Civico è rimasto sempre presso le vecchie sale del municipio della città di Foggia e ne rappresenta ancora oggi la sua storia, svolgendo attraverso la visione  delle sue collezioni gli anni e le vicende della città e del suo territorio, come in una fantastica macchina del tempo, percorrendo i vari locali occupati dagli antichi manufatti che qui si conservano.

Già l’esterno del Museo Civico ci ricorda la storia della città di Foggia con l’arco ed un’iscrizione provenienti dell’antica reggia fatta costruire da Federico II di Svevia a Foggia nel Trecento, murati su una parete di palazzo Arpi dopo gli ultimi eventi bellici. Ma entriamo nel Museo, possibilmente nelle prime ore del mattino, nel silenzio della solitudine, quando rari sono i visitatori, per gustarci ancora di più questo immaginario viaggio nel tempo e nella storia della città di Foggia e del suo territorio!

Attraversato il portone d’ingresso eccoci in un grande ambiente ove alcuni reperti archeologici  attirano subito la nostra attenzione, eccoci rapiti da un raccoglimento mistico e silenzioso, un fascino che ci conquista, che rapisce il visitatore, lontano dal frastuono della pur vicina piazza del Piano della Croce, un tempo animata dalle grida degli sfossatori ed oggi immersa nel frastuono del traffico automobilistico.

E’ tra le sale silenziose, fra mille reperti , che rivive in pieno il passato del nostro territorio, mentre al visitatore pare quasi di vedere innanzi a se le severe figure di antichi guerrieri dauni, con armi ed elmi,  cui si accompagnano più in la, in altre sale, le sinuose forme delle donne romane, eleganti nei loro abiti flessuosi e nelle ricercate acconciature, adorne dei ricchi monili esposti nelle sale del Museo.

Nel grande atrio del Museo il nostro viaggio immaginario si perde nella meraviglia di un pavimento antico che ci ricorda il mare, con la raffigurazione di alcuni delfini, mentre altri reperti, come statue decapitate e sarcofaghi ci rammentano il ciclo della vita e ci fanno viaggiare in epoche antiche. Sono i fasti della nostra storia, che muti ci raccontano le loro vicende per non dimenticare le origini del nostro territorio.

In fondo al grande ambiente dell’atrio del Museo Civico, ecco un piccolo accesso, quasi nascosto, che ci incuriosisce non poco! Anche per le sue ridotte dimensioni, quasi nascosto, appare come un vecchio passaggio segreto che si apre a noi per portarci verso altre epoche.

Imboccato lo stretto corridoio del passaggio, le dimensioni dei locali si riducono e quasi ci intimoriscono,  cresce intanto la voglia di conoscere il mondo che si apre più avanti.

In un vano poco illuminato, condizione che ne aumenta la suggestione, ecco all’improvviso davanti a noi l’ingresso dell’antica tomba della Medusa, un sepolcro che ci affascina, che ci trasporta nel regno dell’oltretomba. La suggestione continua nella visita di un’altra antica tomba, quella dei cavalieri, che quasi fuggono nel tempo con i loro destrieri.

Ma niente paura, è un aldilà carico di colori, che nella poca luce di questi ambienti quasi splendono per attirare la nostra attenzione e raccontarci la storia dell’antica città dauna di Arpi, da cui provengono questi preziosi manufatti, ricchi di decori ed antiche pitture.

Si vive in un incanto, in un sogno che tutto pervade come leggera rugiada in cui ogni goccia, quasi piccole sfere magiche, si legge una storia diversa fatta di lavoro, d’amore, di gioia, di religiosità e d’avventura, che, come tessere di un grande mosaico si uniscono tra loro per delinearci l’umana storia nascosta dietro tutte queste testimonianze conservate nelle sale del Museo.

Usciti dalla penombra, cerchiamo la luce in un altro piccolo vano, nello splendore di un’antica moneta d’oro, un augustale di epoca federiciana, preziosa testimonianza dell’epoca in cui Foggia fu sede privilegiata dell’imperatore Federico II di Svevia e che preannuncia altri antichi fasti della nostra città, che puntualmente ritroviamo nelle altre sale, cuore del Lapidarium del Museo Civico di Foggia.

Qui, vetusti e ricercati portali, antiche armi gentilizie, statue di santi e madonne, regnanti e cavalieri, quasi si animano al nostro passaggio per raccontarci le vicende di un passato glorioso, che rivive nel nostro immaginario con i suoi decorosi palazzi gentilizi, le belle chiese scomparse, ricercati archi, sontuosi portali e altri antichi manufatti che abbondano in queste sale e provengono da una Foggia ormai scomparsa!

A guardia di tutto, al centro di una sala vi è un antico sarcofago, detto del Crociato, che stanco riposa dopo aver deposto la sua spada.

Testimonianze dominate tutte da un vecchio stemma comunale della città di Foggia, con più fiammelle sull’acqua, che ricordano la sua origine: tante fiamme, tanto calore, sull’acqua che scorre sotto la terra, così come riportato nell’antica pianta cinquecentesca di Foggia conservata presso la biblioteca Angelica di Roma: l’arma è acqua et foco, che si cova sottoterra, si trova acqua et supra è caldo fa da mille fuochi.

Questo antico stemma di Foggia ci stimola a conoscere meglio la storia della nostra città e così, ormai sazi del Lapidarium, saliamo le scale per raggiungere il primo piano del Museo Civico.

L’emozione sale ad ogni scalino che ci porta verso il piano superiore, vecchia sede del nostro Municipio, a pensare che questa scale per molti secoli sono state  percorse dai mastrogiurati della città, dai decurioni e poi sindaci e consiglieri comunali della città di Foggia, oltre a semplici cittadini, signori, feudatari, militari e regnanti di turno di passaggio per Foggia. Davvero ci pare di vedere tutta questa gente che sale insieme a noi nei loro antichi costumi e sentire ancora il brusio delle loro conversazioni!

Poggiando i nostri piedi su queste scale ricche di storia e ci pare sentire delle leggere vibrazioni, sono quelle del tempo che fugge sotto di noi per affacciarsi verso nuove epoche e nuove emozioni!

Ed eccoci accontentati in alcuni ambienti che raccolgono vari abiti d’epoca, eleganti e ricchi di svolazzi e merletti, sontuosi o meno, sono tutti pervasi da un indescrivibile fascino.

La visita di queste sale, dedicate all’abbigliamento femminile d’epoca, ci ricorda la descrizione che fece nella prima metà del secolo scorso delle donne foggiane una nota giornalista napoletana, Amalia Bordiga.

Il suo articolo fu pubblicato con il titolo: Vagabondaggi meridionali da Napoli a Foggia, su un noto periodico locale Il Popolo Nuovo – Il Foglietto, negli anni trenta del secolo scorso: Monumenti, statue, cinema, donne sole in vesti succinte, il piccolo basco calato sull’orecchio, sulle chiome brevi e ondulate, la sciapa di pelliccia legata con negligenza sotto la gola, grandi occhi neri, meridionali, segnati nella chiara luce, dall’ombra lieve di un lapis discreto, le labbra vivide di un sapiente bastoncello rosso: profili eleganti, vivaci, intravisti dietro il cristallo di una vettura, nel pronao di una chiesa romanica o settecentesca.

Eccola la Bordiga, che si materializza nel nostro immaginario per guidarci in questa suggestione di abiti ed in altra vicina sala detta degli Ori ove risplendono magnifici gioielli: anelli, collane ed orecchini d’oro, impreziositi da pietre di valore. Monili che quasi ci pare di vedere addosso alle donne che sfilano per noi con i ricercati vestiti d’epoca appena visti nell’altra sala.

Continuiamo il nostro viaggio nel tempo in un’attigua sala ricca di manufatti della religiosità popolare, ecco Madonne, Santi realizzati con vari materiali e un  Bambinello di cera, che ci guardano prigionieri nelle loro campane di vetro, testimoni di una solida religiosità che vedeva, come gli antichi dei mani di latina memoria, in queste piccole riproduzioni religiose i protettori delle abitazioni; soprattutto San Michele che, posto in piccole nicchie sulle pareti delle abitazioni, le proteggeva dai terremoti. Proprio una di queste vecchie abitazioni contadine è stata ricostruita in un’attigua sala, ricchissima di testimonianze della vita rurale, un ambiente contadino dove non  è difficile immedesimarsi nello scandire giornaliero: ecco il letto, il baule del corredo, i quaderni dei ragazzi, il camino, i bracieri, falci, pale, lampade, ecc.  e l’immancabile telaio, ve n’era uno in ogni casa, esso serviva a produrre il corredo e le coperte e gli abiti per l’uso della famiglia.

Prima di lasciare queste sale e salire al secondo piano del Museo Civico, una veloce visita alla biblioteca del museo è d’obbligo, qui si conservano preziosi e vecchi e nuovi testi sulla nostra storia locale

Ma questo è anche un luogo che ci parla di alcuni momenti per noi molto importanti che si sono concretizzati in questi ultimi decenni, in primis la fondazione dell’Associazione Amici del Museo Civico di Foggia nel 1990 e poi oltre trent’anni di attività, riunioni, proposte, programmi, ecc.

Ecco i presidenti che mi hanno preceduto: Tavano, Spagnoli e Di Conza e i componenti dei vari direttivi che si sono susseguiti negli anni per realizzare centinaia e centinaia di manifestazioni, convegni, congressi, mostre e visite guidate.

Una sala ove non sono mancati anche importanti visite e incontri istituzionali, come nel 2018 quella del Console Generale degli Stati Uniti d’America Mary Ellen Countryman con lo scrivente ed il direttivo in carica. Ricordi che vivono ancora oggi nell’attività di volontariato culturale di tanti soci, sinceri appassionati della nostra storia e del nostro Museo Civico.

Ma, bando ai ricordi, a volte le forti emozioni ci fanno dimenticare di proseguire il nostro viaggio nel tempo, riprendiamoci quindi la nostra storia e saliamo verso le ampie sale del secondo piano del Museo. 

Mentre saliamo una fitta nebbia ci avvolge, ci sentiamo quasi perduti ed ecco che all’improvviso ci appare la figura di Giuseppe Rosati, scienziato foggiano il cui quadro fa bella mostra di se con due carte geografiche ottocentesche, da lui realizzate e murate sul ballatoio del secondo piano.

E’ proprio questo illustre personaggio che ci invita a proseguire il nostro viaggio nel tempo verso epoche ancora più antiche, verso le sale dedicate alla preistoria, ricca di reperti che ci ricordano come la pianura Daunia, che si estende intorno a Foggia, è uno dei territori più ricchi a livello europeo di insediamenti preistorici. Punte di selce, pietre focaie, vasi, ciotole di diversa misura, scheletri umani, fibule e davvero tantissimi altri antichi reperti sono conservati a centinaia nelle bacheche di queste sale, insieme ad interessanti ricostruzioni di antichi insediamenti, per darci un’idea della più grande concentrazione d’Europa di villaggi preistorici, ovvero la nostra terra Dauna!

Proseguendo di sala in sala, eccoci circondati ben presto da tanti reperti di epoca dauna e poi romana.

Qui le meraviglie non mancano di certo e gli occhi si caricano di una vita scomparsa aiutati da molti oggetti di uso giornaliero, che ci ricordano la cadenza delle giornate in quelle lontane epoche.

Crateri a volute policrome con guerrieri e teste femminili e rappresentazioni di vari miti, come quelli di Efesto che scaraventato dalla madre Era in fondo al mare giù dalla dimora degli dei sull’Olimpo, si vendicò incatenandola in una sedia dorata e di Niobe, la cui superbia fu punita con l’uccisione dei suoi quattordici figli da parte di Ercole e di Artemide, drammaticità mitologiche che si attenuano non poco nella bellezza delle loro raffigurazioni.

E mentre alcune stele daune ci narrano come fumetti del passato la storia del nostro territorio, ecco ancora altri tanti oggetti di uso domestico:  anfore, coppe, olle, brocche, piatti, lucerne di terracotta e altri materiali come cucchiai, lanterne e fibbie di bronzo e fra tutti bellissime patere con ricercate figure rosse femminili.

Ma il Museo…  in fondo…  è donna!  Infatti, ecco spilloni, pendenti e anelli d’oro, gemme incise, armille in lega d’argento, unguentari, e conocchie d’osso. Non basta, fanno da corollario a questi oggetti diverse figure femminili che usavano un tempo questi oggetti:  teste e busti in marmo di bellissime e giovani donne dell’epoca, dai tratti del volto delicati e dalle acconciature eleganti e ricercate.

La nostra fantasia vola stimolata da tanta bellezze e davvero ci sembra di  assistere ad una sfilata di attraenti modelle del tempo che fu! la bellezza e la seducente attrazione dei manufatti conservati presso il Museo Civico di Foggia non finisce di stupirci.

Ecco piccole figure di argilla e altri materiali che aumentano il fascino delle sale: torna la mitologia con Ganimede, Eros e Psiche, Poseidone, amorini, delfini, melagrane, matrone e quant’altro conquista e meraviglia gli occhi dei visitatori!

Mentre una piccola e misteriosa testa di fanciullo ci osserva silenziosa e ci incuriosisce. Ma chi è questo pargolo, che più di altri ci attrae con una irresistibile dolcezza espressiva?

Eppure è solo una testolina di marmo, neppure tanto grande, una muta statua che tuttavia ci parla col suo sguardo! E’ Arpocrate, il giovanissimo dio del silenzio, custode dei sacri misteri nella mitologia greco-romana ed ancor prima, nell’antico Egitto,  il giovane Horus, che con il dito sulla bocca rappresentava, oltre al ciclo vitale, l’accettazione del silenzio per accedere alle verità superiori.

Mutilo del dito sulle labbra, Artemide ci invita a visitare in silenzio, le altre sale del Museo per percepire ancor meglio l’antico che tutto le pervade e cogliere l’anima  intima delle ricche e copiose testimonianze. 

Nel silenzio di queste magnifiche sale noi chiudiamo gli occhi per qualche secondo e ci proiettiamo con la fantasia, stimolata da tanti reperti, nelle epoche passate.

Il nostro viaggio nel tempo che prosegue senza fermarsi ed eccoci in una sala ove ci pare davvero di essere in una casa dell’antica città di Arpi e immaginare di calpestare i magnifici mosaici quadrangolari, qui esposti, dei pavimenti impreziositi da splendidi motivi geometrici realizzati con ciotoli bicromi.

Ecco grifi o leoni e pantere e incantevoli cornici di delfini che pare si rincorrano nel nostro non lontano mare Adriatico e ancora apparati decorativi di questa ricca domus arpana: parti d’intonaco colorato e delicati disegni di palmette e fiori di loto e vari altri manufatti che testimoniano lo splendore di quest’antica dimora.

Lasciamo questa magnifica sala quasi storditi da tanti tesori artistici della nostra terra per tornare in epoche a noi meno lontane.

Non possiamo visitare, per ora, la ricca pinacoteca del nostro Museo perché in fase di restauro, essa sarà oggetto di future emozioni! Ma prima di lasciare definitivamente le sale del nostro Museo, ci aspetta un vetusto portone in legno intagliato del Quattrocento proveniente dalla cattedrale di Foggia.

Quest’artistico manufatto rappresenta un’importante testimonianza religiosa, la porta è divisa in quattro riquadri in cui sono rappresentati in rilievo: Gesù Crocifisso con ai lati la Madonna e San Giovanni, una Madonna con il Bambinello, un calice eucaristico contornato da motivi floreali e una figura maschile non meglio identificata con lampada e piccone, che si ispira ai fossores paleocristiani, ovvero agli scavatori di fosse cimiteriali, che fa supporre che quest’ antica porta si aprisse verso un ambiente dedicato alle sepolture.

Dopo quest’ultima porta del tempo, diciamo arrivederci alle preziose testimonianze del nostro Museo Civico e alla gioia che ci ha donato nel soddisfare la nostra curiosità di storia e arte! Resta nel nostro cuore una piccola luce, è la nostalgia per lo spirito di questo Museo, che pian piano, a volte, quasi ci pervade, quasi un’essenza magica, che ci accompagnerà anche quando saremo lontani dalle sue sale, mentre sui nostri volti si stampano sorrisi carichi di nostalgia!

Arrivederci Museo Civico!

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