Il restyling del Bargello di Firenze, primo Museo Nazionale del Regno d’Italia

by Michela Conoscitore

Nel 1865 è stato il primo Museo Nazionale del Regno d’Italia ad essere fondato, e in questi giorni una delle istituzioni più prestigiose non solo a Firenze ma nel mondo, il Bargello, ha finalmente riaperto ai visitatori dopo la chiusura dovuta alla pandemia.

Nell’imponente edificio medievale, antica sede del Capitano del Popolo in epoca comunale, sono celebri le sculture conservate, tra tutti quelle di Donatello, Michelangelo, Cellini, Ammannati a cui si aggiungono le celebri ceramiche invetriate rinascimentali di Luca della Robbia e la splendida collezione di avori. Proprio quest’ultima, proveniente per la maggior parte della sua entità dal lascito che l’antiquario lionese Louis Carrand indirizzò espressamente al museo fiorentino, è la protagonista della riapertura del museo. Definita come “il biglietto da visita” del Museo del Bargello dalla direttrice Paola D’Agostino, la collezione degli avori conta ben 250 pezzi e necessitava di un ammodernamento. L’ultimo allestimento, risalente agli anni Ottanta del Novecento, risultava desueto e non assicurava ai manufatti la corretta conservazione.

Grazie ai fondi derivanti dall’autonomia dei musei, il Bargello ha deciso di investire 490 mila euro per il restauro non solo della Sala degli Avori, ma anche la Cappella e la Sagrestia dell’edificio. Dalle vetrine, ora antiriflesso e antisfondamento, alla nuova illuminazione fino all’apparato didattico e alla versione bilingue delle descrizioni, in italiano e inglese, la collezione è pronta ad accogliere visitatori da tutto il mondo. Artefici di questo accurato restyling Ilaria Ciseri, Responsabile delle collezioni del Museo del Bargello, Maria Cristina Valenti, Responsabile dell’ufficio tecnico del Museo e l’architetto Marco Magni.

I manufatti della Sala degli Avori coprono un arco temporale di quindici secoli, partendo dai delicati oggetti etruschi e romani per arrivare poi al XIX secolo. Torna in esposizione un prezioso Crocifisso barocco, finora conservato nei depositi del museo, a cui si aggiungono il raro Flabellum carolingio dell’abbazia di Tournus, l’Olifante della Saint Chapelle e la Madonna dei Granduchi. Portavoce di epoche lontane, questi piccoli capolavori raccontano magistralmente usi e costumi di allora, immergendo il visitatore in un’atmosfera davvero senza tempo, un viaggio nel passato che spazia dalla religione all’amor cortese.

In questi mesi di chiusura, l’attività nel museo non si è fermata”, ha dichiarato la direttrice D’Agostino, “il nostro museo è famoso in tutto il mondo per le sculture. Da oggi spero sarà conosciuto anche per gli avori. Ora attendiamo i visitatori, i veri ospiti d’eccezione di questo luogo.

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